2022-05-24
Bruxelles evoca la crisi delle banche «Stop ai sostegni: insolvenze al via»
Nonostante i progressi nella riduzione dei crediti deteriorati, la Commissione resta rigida e inchioda gli istituti ai mancati pagamenti del post pandemia. Una scusa per chiedere di aprire a investitori stranieri.Nella sua ultima letterina di indicazioni all’Italia, la Commissione europea non si raccomanda solo di intervenire su debito, Pnrr e fisco. Ma evoca anche una nuova stagione di sofferenze. Bancarie.Il settore del credito, scrive infatti Bruxelles, «potrebbe trovarsi di fronte a sfide per l’impatto della graduale eliminazione delle misure di sostegno temporaneo in risposta alla crisi pandemica». Certo, sono stati compiuti, «progressi significativi nella riduzione dei crediti deteriorati pregressi», ma «permangono rischi legati al potenziale impatto ritardato della pandemia e alle tensioni geopolitiche», viene evidenziato nelle raccomandazioni del pacchetto di primavera del semestre europeo. Dove si nota come l’esposizione sovrana del settore bancario italiano rimanga elevata e sia aumentata dopo la pandemia. Il rapporto crediti deteriorati lordi è sceso dall’8,1% nel secondo trimestre del 2019 al 4% nel terzo trimestre del 2021. Nonostante un leggero calo nel 2021 dovuto all’eliminazione graduale degli accordi prudenziali transitori, le banche italiane sono altamente capitalizzate con un coefficiente Cet1 (l’indice di tenuta patrimoniale) del 15,1% nel terzo trimestre 2021. La redditività delle banche italiane è aumentata considerevolmente al 5,8% nel terzo trimestre del 2021, sebbene ciò sia dovuto principalmente al calo degli accantonamenti per perdite su crediti. In ogni caso, «nonostante i notevoli miglioramenti dei crediti deteriorati, l’impatto completo della pandemia non si è ancora concretizzato e permangono i rischi in vista di un possibile deterioramento delle prospettive economiche e della graduale eliminazione delle misure di sostegno». Per la Commissione, una ripresa più debole del previsto grava sulla capacità dei mutuatari di rimborsare i prestiti, che potrebbe influire negativamente sulla qualità degli attivi e sulla redditività delle banche italiane. Il prolungamento delle misure di sostegno per la pandemia consente alle banche di convertire le attività fiscali differite in crediti d’imposta a fronte delle vendite di Npl. Le banche hanno beneficiato delle misure governative a sostegno dell’erogazione di liquidità alle imprese, dello sgravio normativo delle modifiche al regolamento sui requisiti patrimoniali e della flessibilità consentita per la classificazione dei prestiti. Viene poi ricordato che la riforma sull’insolvenza dovrebbe entrare in vigore nel luglio 2022 e che l’anno scorso è stata adottata una nuova transazione extragiudiziale per facilitare una ristrutturazione anticipata delle società in difficoltà. I tecnici di Ursula von der Leyen notano però che, nonostante gli sforzi per migliorare l’intermediazione non bancaria, il settore finanziario italiano «rimane prevalentemente basato sulle banche». Le attività del settore bancario si attestavano al 224% del Pil alla fine del terzo trimestre del 2021, con le cinque big che detenevano una quota del 49% del totale alla fine del 2020, leggermente superiore rispetto al 2019. Si fa inoltre notare che la proprietà straniera è bassa e che il comparto bancario italiano è principalmente di proprietà nazionale (92% delle attività totali nel terzo trimestre del 2021). Il rapporto di finanziamento del mercato è rimasto piuttosto basso, al 35,4% nel 2020, «perché i prestiti bancari rimangono la principale forma di finanziamento esterno per la maggior parte aziende». Quanto agli effetti delle misure di sostegno pubblico concesse dall’inizio della pandemia, queste hanno consentito che il coefficiente di solvibilità si attestasse al 18,7% nel terzo trimestre del 2021, leggermente inferiore rispetto al 2020. Beneficiando del sostegno delle garanzie statali e delle moratorie sui prestiti, la qualità degli attivi è ulteriormente migliorata, con la percentuale di crediti deteriorati in calo al 4% nel terzo trimestre 2021. Bruxelles rileva che «è proseguita anche la riduzione delle sofferenze, comprese le inadempienze probabili», ma «il pieno impatto della pandemia sulla qualità degli asset potrebbe subire un ritardo, dopo la graduale eliminazione delle misure di sostegno». Nel frattempo, le inadempienze probabili, che rappresentano la metà dello stock di sofferenze, richiedono «un attento monitoraggio e una gestione adeguata». I prestiti alle famiglie sono rimasti solidi, alimentati principalmente dai prestiti per l’acquisto di abitazioni, che hanno acquisito slancio dal 2020. «Tuttavia», dice la Commissione, «i prezzi degli immobili sono aumentati più lentamente che in altri Stati membri» e «dopo diversi anni di graduale diminuzione, il debito del settore privato è aumentato notevolmente nel 2020, raggiungendo il 119% del Pil, il livello più alto dal 2015». Attenzione, insomma, a un nuovo allarme insolvenze dovuto alla fine dei sostegni. Secondo Kpmg, lo scongelamento dell’ultima coda di finanziamenti avvenuto alla fine dello scorso anno potrebbe produrre 10 miliardi di nuovi crediti deteriorati nel sistema bancario italiano. Una cifra che non va sottovalutata, ma che è comunque molto lontana dalle previsioni catastrofiche circolate all’inizio della pandemia. Insomma, si è raccomandato per mesi alle banche di aiutare le imprese allentando i rubinetti del credito per sostenere l’economia durante i lockdown e ora, da Bruxelles si dice: state attente, che riesplode la mina delle sofferenze, perché scadono le moratorie, e nel frattempo consolidate il settore aprendo anche alla proprietà straniera. Con un copione europeo già visto prima del Covid, che ora, purtroppo, si ripete.