2022-04-11
Bruno Vespa: «Sull’agricoltura l’Ue fa sciocchezze»
Il giornalista viticoltore: «Non c’è dualismo con l’ambiente, per dare un futuro ai nostri figli dobbiamo coltivare ogni centimetro quadrato. Con il virus Bruxelles ha latitato, ora si muove. Ma temo che la guerra sarà lunga».Da «Porta a porta» a «botte a botte» il cambio di scena è sorprendente; Bruno Vespa viticoltore però è più gioviale e degagé del gestore della «terza Camera» - così Giulio Andreotti battezzò il programma - che va in onda da 26 anni e ha scandito l’evoluzione e le contorsioni della politica italiana. Bruno condivide con il divo Giulio la battuta cortesemente tagliente. «Parliamo di vino all’infinito, ma non di politica». Viene da pensare che in effetti è inutile chiedere all’oste se il vino e buono.E perché?«Perché c’è differenza tra lavoro e passione anche se la fatica nel coltivare è doppia. Con un’altra differenza: da 40 anni mi occupo di politica, ma non ho mai pensato di fare politica. Anche di vino scrivo da 40 anni e non pensavo che avrei avuto una cantina; invece eccomi qua».Cominciamo con il Vinitaly. È partito ieri: è la fiera delle velleità o della speranza?«Purtroppo, mi viene da dire così, sono un ottimista e per me questo Vinitaly è la fiera della ripartenza. Dopo due anni di lockdown le aziende, pur con tutte le preoccupazioni che ci sono, non hanno perso la spinta a fare, a migliorare. È anche la prima volta che si fa prima del Prowine (fiera tedesca che fa il mercato dell’export, ndr) e anche questo è un segno. Bisogna affidarsi alla speranza che la guerra finisca, che la crisi energetica rientri, che la pandemia sia alle spalle e si possa ricominciare a vivere. Perché il vino ha bisogno della gioia di vivere».Perché una cantina in Puglia?«Prima per caso, poi per fascinazione: è una terra unica e ha dei vitigni autoctoni che danno vini di assoluta forza espressiva. Con altri tre soci ci fu fatta vedere a Manduria una bellissima masseria dell’Ottocento che era stata la culla del Primitivo. L’intesa non andò avanti e cedemmo tutto a una dei soci. Con mia moglie però abbiamo cominciato a comprare un po’ di terra alla volta fino ad arrivare alla nostra masseria Li Reni, tra Manduria e Avetrana, che oggi è anche un resort di lusso, ha il ristorante che abbiamo riaperto proprio adesso con la collaborazione di una nuova brigata, ha 30 ettari di vigna ed è immersa negli ulivi».Fino al Donna Augusta: il miglior bianco d’Italia in terra di rossi…«Mia moglie non ama i bianchi e con Riccardo Cotarella le abbiamo dedicato questo vino che è sorprendente».Riccardo Cotarella, grandissimo enologo. Ma è anche quello di D’Alema!«Mi verrebbe da rispondere che nessuno è perfetto…».Bruno Vespa imprenditore è preoccupato per l’inflazione? «Luca Goldoni a proposito di libri, e io ne ho fatti, diceva: il problema non è scriverli, è venderli. Debbo dire che sui libri c’è una ripresa ed è un buon segno. Sul vino ci sono sì problemi legati ai prezzi. I costi sono fuori controllo e noi dobbiamo essere bravi a non scaricarli tutti sul consumatore finale. Per un’azienda piccola come la mia, comunque, i margini di crescita ci sono. Noi vendiamo in 26 Paesi. Aziende molto più grandi per stare sul mercato con questa inflazione e questi costi fanno più fatica e devono fare molta attenzione».Siamo tornati al piccolo è bello?«No, penso che si debba lavorare per integrare, le aziende devono crescere; il mondo del vino però è il trionfo dell’egoismo mentre io sono un sostenitore della squadra. I francesi in questo ci battono: loro magari si odiano, ma sono un sistema coeso. Credo che tutta l’economia italiana abbia bisogno di più coesione. Grazie a Cotarella ho incontrato un vero gentiluomo come Sandro Boscaini e abbiamo prodotto un vino insieme: Veneto e Puglia. Si può, anzi si deve fare». Torniamo all’inflazione. Fa la spesa? Crede che la gente possa resistere?«Sì, qualche volta faccio la spesa: sono affascinato dalle botteghe, ma anche dalla grande distribuzione. Sono stato il primo a presentare un libro in un supermercato. E mi accorgo delle difficoltà crescenti. La prima cosa da fare è raffreddare le bollette: se hanno troppi costi fissi le persone, soprattutto coloro che hanno bassi redditi, non ce la fanno. Comprano meno e di minor qualità. Ed è un danno per tutti, lì bisogna intervenire».Ma qui si parla addirittura di crisi alimentare. Ci crede?«Ci sono molti Paesi africani che dipendono dal grano dell’Ucraina e della Russia. La crisi alimentare deve esser scongiurata in tutti i modi, dobbiamo produrre di più. Ma deve essere un impegno di tutti. Lo dico a mo’ d’esempio: ho un ettaro a grano e ho deciso di raddoppiarlo, è necessario. Abbiamo delegato troppe produzioni, dobbiamo tornare a produrre».Errori dell’Italia o dell’Europa?«Dell’Italia e dell’Europa. Ho scoperto che il 75% dei principi attivi dei nostri farmaci si fanno in Cina o in India. Così vale per il grano, per l’energia, per la tecnologia. Se ci tagliano il tubo noi non siamo più in grado di reagire o di resistere. Si è detto che questa guerra sancisce la fine della globalizzazione, di sicuro deve essere ripensata ed evitata la delocalizzazione. Non deve valere il principio che bisogna per forza produrre là dove costa meno. Anche perché, come si vede, poi questi costi ritornano moltiplicati e in forma di danno. Sul gas ha ragione Mario Draghi: già dal 2014 la Russia stava in guerra nel Donbass e noi comunque abbiamo deciso di aumentare la nostra dipendenza da Mosca dal 30 al 40% del fabbisogno energetico. È irresponsabile dipendere dagli altri in maniera così massiccia nei settori strategici».L’agricoltura è strategica?«È decisiva. Noi siamo usciti più tardi di altri Paesi dall’economia agricola, ma lo abbiamo fatto convinti che avere una parte consistente di Pil dipendente dall’agricoltura fosse segno di arretratezza. Oggi invece sarebbe segno di ricchezza. Bisogna fare coltivazioni sempre migliori e più sane. Per dare un futuro ai nostri figli è necessario mettere a coltivazione ogni centimetro quadrato disponibile».L’Europa dice il contrario: meno agricoltura più verde…«È una sciocchezza assoluta. Ambiente e agricoltura non sono alternativi e non si può assolutamente rinunciare a produrre di più dalla terra. Penso anch’io di convertire la mia azienda in biologico, ma questo non vuol dire produrre meno. Sento le battaglie contro gli Ogm, ma il mondo va sfamato. Certe volte l’Europa si fa male da sola».A proposito, ma l’Europa c’è?«Durante la pandemia è salito, e giustamente, un sentimento anti-europeo: l’Europa sul Covid è stata latitante. Ora l’Europa è tornata. La Metsola e la von der Leyen che sono andate in Ucraina dimostrano che i valori dell’Europa ci sono e siamo pronti a difenderli».Però si parla tanto di armi, di sanzioni e poco di pace. Non trova?«Mettiamo le cose in chiaro: qui c’è un Paese che è stato aggredito e c’è un aggressore. Zelensky che altro può fare se non difendersi? E noi che altro possiamo fare in nome dei nostri valori se non aiutarlo a difendersi? Va stabilito questo principio. Zelensky a un certo momento ha provato a dire: fermiamoci, ma chi lo ha aggredito ha obbiettivi non raggiunti e non può dire che si è sbagliato. Perciò temo che la guerra non si fermerà presto. Vediamo violenze che non mi sarei mai immaginato. Peraltro i russi già avevano dato prova di queste atrocità con altri bombardamenti. Bisogna impedire a Putin di conquistare anche Odessa, di chiudere l’Ucraina in un’ enclave. Il rischio è altissimo».Qual è?«Creare in Ucraina altre due Coree. Se la Finlandia e la Svezia hanno chiesto con urgenza di entrare nella Nato significa che il pericolo è gravissimo, si stanno modificando addirittura gli equilibri del secondo dopoguerra. Bisogna trovare la via del negoziato facendo cessare i bombardamenti e facendo in modo che Zelensky ceda il meno possibile quando si affronteranno le questioni della Crimea e del Donbass. Ma a me pare che Putin non abbia nessuna volontà di mediazione».Una guerra lunga però finisce per logorare anche noi. Non crede?«Sì, ma certi principi, certi valori non sono negoziabili. Ho sentito dire che Zelensky si sarebbe dovuto arrendere. Inaccettabile. Si dovrà lavorare per una soluzione perché Putin farà durare la guerra finché non ha raggiunto il suo minimo sindacale. Ma non dobbiamo rinunciare a vivere. In questi giorni vedo Roma di nuovo piena di turisti. Non ci saranno i russi ricchi, ma qualcosa sta cambiando».Però per sostenere il turismo non si è fatto molto… «Il turismo è davvero il nostro petrolio. Per il Sud, che però non è esente da colpe, è la vera occasione. Se però non si sa spendere i fondi europei, e guardo anche al Pnrr, poi ci si lamenta un po’ a vuoto. È vero che il turismo ha sofferto più di tutti e pesantemente, ma ora abbiamo un bravo ministro, Massimo Garavaglia, finalmente dedicato al turismo che ha anche delle risorse e che si sta dando da fare. L’Italia forse ha capito - e lo dico anche da imprenditore del settore - che il turismo è un suo motore di sviluppo. C’è un terreno enorme da recuperare».Ma una domanda politica europea l’accetta? Macron o la Le Pen?«Non lo so e non dico se ho preferenze. La Le Pen ha fatto una conversione a “U”, Macron, anche se viene rimproverato per molte cose, ha dalla sua l’orgoglio e la voglia di leadership dei francesi. E comunque il vino che si vende di più è italiano».
Foto @Elena Oricelli
Dal 6 dicembre il viaggio della Fiamma Olimpica di Milano Cortina 2026 toccherà 60 città italiane tra concerti, sportivi e iniziative sociali, coinvolgendo le comunità in vista dei Giochi.
Coca-Cola, partner del viaggio della Fiamma Olimpica di Milano Cortina 2026, ha presentato le iniziative che accompagneranno il percorso della torcia attraverso l’Italia, un itinerario di 63 giorni che partirà il 6 dicembre e toccherà 60 città. L’obiettivo dichiarato è trasformare l’attesa dei Giochi in un momento di partecipazione diffusa, con eventi e attività pensati per coinvolgere le comunità locali.
Le celebrazioni si apriranno il 5 dicembre a Roma, allo Stadio dei Marmi, con un concerto gratuito intitolato The Coca-Cola Music Fest – Il viaggio della Fiamma Olimpica. Sul palco si alterneranno Mahmood, Noemi, The Kolors, Tananai e Carl Brave. L’evento, secondo l’azienda, vuole rappresentare un omaggio collettivo all’avvio del percorso che porterà la Fiamma Olimpica in tutta Italia. «Il viaggio della Fiamma unisce storie, territori e persone, trasformando l’attesa dei Giochi in un’esperienza che appartiene a tutti», ha dichiarato Luca Santandrea, general manager olympic and paralympic Winter Games Milano Cortina 2026 di Coca-Cola.
Come in altre edizioni, Coca-Cola affiancherà il percorso selezionando alcuni tedofori. Tra i nomi annunciati compaiono artisti come Noemi, Mahmood e Stash dei The Kolors, volti dell’intrattenimento come Benedetta Parodi e The Jackal, e diversi atleti: Simone Barlaam, Myriam Sylla, Deborah Compagnoni, Ivan Zaytsev, Mara Navarria e Ciro Ferrara. La lista include anche associazioni attive nel sociale – dalla Croce Rossa al Banco Alimentare, passando per l’Unione italiana dei ciechi e ipovedenti – a cui viene attribuito il compito di rappresentare l’impegno civile legato allo spirito olimpico.
Elemento ricorrente di ogni tappa sarà il truck Coca-Cola, un mezzo ispirato alle auto italiane vintage e dotato di schermi led e installazioni luminose. Il convoglio, accompagnato da dj e animatori, aprirà l’arrivo della torcia nelle varie città. Accanto al truck verrà allestito il Coca-Cola Village, spazio dedicato a musica, cibo e attività sportive, compresi percorsi interattivi realizzati sotto il marchio Powerade. L’azienda sottolinea anche l’attenzione alla sostenibilità: durante il tour saranno distribuite mini-lattine in alluminio e, grazie alla collaborazione con CiAl, sarà organizzata la raccolta dei contenitori nelle aree di festa. Nelle City Celebration sarà inoltre possibile sostenere il Banco Alimentare attraverso donazioni.
Secondo un sondaggio SWG citato dall’azienda, due italiani su tre percepiscono il Viaggio della Fiamma Olimpica come un’occasione per rafforzare i legami tra le comunità locali. Coca-Cola richiama inoltre la propria lunga presenza nel Paese, risalente al 1927, quando la prima bottiglia fu imbottigliata a Roma. «Sarà un viaggio che attraverserà territori e tradizioni, un ponte tra sport e comunità», ha affermato Maria Laura Iascone, Ceremonies Director di Milano Cortina 2026.
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Nicola Fratoianni, Elly Schlein e Angelo Bonelli (Ansa)