2025-04-12
All’agente segreto scappa la verità Il conflitto ci serve per il business
Ucraini in addestramento nell’area di Kharkiv (Ansa)
Il capo degli 007 tedeschi dice di tenere il nemico impegnato nel Donbass, così da scongiurare l’invasione di un Paese Nato. Che in sé è improbabile. Però è un’ottima scusa per comprare armi.Il clamore mediatico suscitato dai dazi introdotti dal presidente Usa, Donald Trump, ha probabilmente fatto sì che restasse in ombra una notizia che avrebbe altrimenti meritato ben maggiore attenzione, costituita dalle recenti dichiarazioni del generale Bruno Kahl, capo dei servizi segreti tedeschi, il quale, sulla premessa che la Russia potrebbe sferrare un attacco contro la Nato entro il 2030, ha poi aggiunto: «Questo lasso di tempo si basa su dati molto affidabili, ma dipende anche da sviluppi specifici. Quindi, se il conflitto militare in Ucraina si calma prima, allora, certo, tutte le risorse, sia materiali che tecniche, comprese le armi, e le risorse umane, la coscrizione, potranno rappresentare una minaccia per l’Europa molto presto». Viene così candidamente ammesso che, presa per buona la premessa di cui si è detto, l’Europa (intendendosi per tale quella rappresentata dalla Commissione europea e dai governi di quasi tutti i paesi aderenti alla Ue) ha tutto l’interesse a far sì che la guerra russo-ucraina duri il più a lungo possibile perché, fino a quando dura, è improbabile che la Russia possa impegnarsi su altri fronti. Ed ecco quindi svelata, proprio dai servizi segreti, la vera ragione per la quale quell’Europa si è messa e continua a mettersi di traverso rispetto alle iniziative di Donald Trump volte a far cessare le ostilità. Ma sia ben chiara una cosa: che quella indicata dal generale tedesco sia la vera ragione dell’avversione europea alla fine del conflitto non implica affatto che sia vera anche la premessa che ne costituisce il fondamento, da considerarsi, invece, come totalmente priva di ogni e qualsiasi credibilità. Essa, infatti, basandosi essenzialmente sul semplicistico assunto che la Russia, così come ha aggredito l’Ucraina, potrebbe poi aggredire altri Paesi d’Europa, dimentica che l’aggressione all’Ucraina fu motivata - non vogliamo dire «giustificata» - da una serie di fattori del tutto peculiari e ben difficilmente riproducibili, quali, in particolare: l’avvenuta defenestrazione, nel 2014, a seguito di rivolta di piazza orchestrata dall’Occidente, del legittimo presidente ucraino filorusso Victor Yanukovich; la totale inosservanza, da parte ucraina, degli accordi Minsk del 2015, che prevedevano il riconoscimento dell’autonomia alle regioni russofone del Lugansk e del Donesk, autoproclamatesi indipendenti, come condizione del loro rientro sotto la sovranità di Kiev; infine, e soprattutto, la proclamata intenzione del governo ucraino di aderire alla Nato, così completando quella che la Russia, non senza ragione, vedeva come una manovra di accerchiamento ai suoi danni, già portata avanti, in contrasto con gli impegni assunti dagli Usa all’atto della riunificazione tedesca, con la progressiva estensione della Nato prima a tutti i Paesi dell’Europa orientale già aderenti, in passato, al Patto di Varsavia e, da ultimo, anche alle repubbliche baltiche, che avevano addirittura fatto parte dell’Urss. Anzi, proprio il fatto che la Russia abbia assunto l’iniziativa militare nei confronti dell’Ucraina prima che l’adesione di quest’ultima alla Nato fosse realizzata costituisce più che valido indizio che quell’iniziativa non sarebbe stata assunta, in quanto considerata troppo pericolosa, se della Nato l’Ucraina fosse già entrata a far parte. E ciò che sarebbe valso per l’Ucraina non può non valere, all’evidenza, anche per qualsiasi altro Paese che sia già membro della Nato. Perché, allora, il potere politico e mediatico dominante in quasi tutti i Paesi dell’Unione europea insiste nell’ossessiva rappresentazione del preteso pericolo costituito dalle mire aggressive della Russia? Tutto lascia pensare che la ragione principale sia quella di giustificare l’enorme aumento delle spese militari, con particolare riguardo a quelle destinate all’industria bellica, deciso dalla Commissione e dal Consiglio europeo ed entusiasticamente sostenuto soprattutto da Francia e Germania. E quest’aumento trova, a sua volta, la sua ragion d’essere nell’avvertita esigenza di compensare, almeno in parte, i disastri già prodotti e ancora da prodursi, specialmente in danno dell’industria automobilistica, in conseguenza delle dissennate decisioni volte a imporre, in ossequio ai dogmi dell’ecologismo catastrofista, la famigerata transizione ecologica, da realizzarsi con la progressiva eliminazione, entro il 2035, di tutti i veicoli a combustione interna. Disastri, quelli anzidetti, cui si aggiungono gli altri, in danno dell’intero apparato produttivo europeo, derivanti dall’altrettanto dissennata decisione, a seguito dell’attacco russo all’ Ucraina, di rinunciare alla fornitura sicura e a buon mercato di gas dalla Russia per rivolgersi ad altri fornitori, più cari e, talvolta, anche meno sicuri. In questa situazione, se la guerra guerreggiata in Ucraina venisse a cessare, l’Europa targata Ue verrebbe automaticamente a trasformarsi in una sorta di enorme Fortezza Bastiani, come quella immaginata nel noto romanzo di Dino Buzzati, in attesa, però, dei russi invece che dei Tartari. Ma deve ritenersi assai probabile - per il rispetto dovuto almeno all’intelligenza, se non all’onestà, degli attuali annunciatori del pericolo dell’aggressione - che anche buona parte di costoro sia, in cuor suo, pienamente consapevole che l’attesa dei russi si rivelerebbe presto del tutto vana. Diventerebbe, allora, difficile, a lungo andare, continuare a far gravare sui cittadini il peso morto di un’enorme industria bellica i cui sovrabbondanti prodotti non troverebbero più alcuna utile destinazione, per cui si avrebbero ricadute sociali del tutto analoghe a quelle alle quali si era voluto porre rimedio con il suo incremento. Ed ecco, quindi, la genialità della soluzione non certo inventata ma soltanto (forse incautamente) rivelata dal generale tedesco: continuazione ad infinitum del conflitto in Ucraina. Infatti, finché esso dura la Russia certamente non attaccherà ma si potrà sempre sostenere, senza tema di smentita, che potrebbe farlo quando esso fosse cessato. E rimarrebbe così possibile proseguire nella massiccia produzione di armamenti che, in mancanza di meglio, potrebbero sempre essere utilmente collocati in Ucraina, a rimpiazzo di quelli perduti o divenuti obsoleti. Il tutto con il solo, trascurabile sacrificio costituito dalla ulteriore perdita di qualche centinaio di migliaia di vite umane, da parte tanto ucraina quanto russa. Ma, com’è noto fin dall’antichità, de minimis non curat praetor.
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