
A fine agosto, i leader «non allineati» si riuniranno con quelli del continente nero e i sudamericani, che hanno accolto l’analogo invito di Bruxelles, negando però sostegno all’Ucraina. E intanto gli Usa corteggiano Narendra Modi.Una eloquente mappa redatta da Carmignac, celebre gestore d’Oltralpe, diffusa tra gli addetti ai lavori, dimostra come siano enormemente cambiati i pesi commerciali dei due blocchi che governano il mondo. Quello americano e quello cinese. Nel 2000 l’intero Sudamerica, l’Europa, l’ex Urss, l’India, metà Africa e ovviamente l’Australia dipendevano direttamente dalla bilancia statunitense. Nel 2020, l’anno della pandemia, gli equilibri erano già drasticamente cambiati. Sudamerica e Africa hanno girato l’ago dei propri commerci verso Pechino. Stesso discorso per l’India, per l’ex Urss e la Germania. Insomma, la globalizzazione ha colorato di rosso Dragone più di metà mondo.Il grosso del rafforzamento asiatico si è avuto nel decennio 2005-2014, quando gli scambi commerciali delle nazioni dell’Asean (i dieci Stati del Sud Est asiatico) con la Cina sono più che triplicati, superando nel 2014 i 380 miliardi di dollari. Nel contempo, le esportazioni di merci dall’Asean verso la Cina sono triplicate, con un tasso medio di crescita annua pari al 12%, attestandosi a 163 miliardi di dollari nel 2014. Questa cifra corrisponde al 12,5% del totale dell’export Asean e rappresenta un aumento della quota cinese di 4,4 punti percentuali rispetto al 2005. L’export verso gli altri principali partner commerciali, Unione europea, Giappone e Stati Uniti, sebbene in crescita, ha perso peso rispetto alla destinazione cinese, contraendosi dal 38% nel 2005 al 29% nel 2014. E questa è stata la base della crescita della Cina e della relazione con i Paesi cosiddetti Brics, Brasile, Russia, India e Sudafrica. Il tutto mentre Barack Obama si concentrava sulle guerre con i droni e sul seguito dei crac finanziari alla Lehman Brothers. Tant’è che Stati Uniti ed Europa hanno preferito allungare all’infinito la catena produttiva del manifatturiero, delegare alle fabbriche in Asia e lasciare che la sovranità tecnologica scivolasse verso Est. Con un crescendo tale che il decennio compreso tra il 2010 e il 2020 ha visto una seconda tappa della crescita dei Paesi emergenti. Le ingenti quantità di riserve della Cina sono state investite in Europa per acquisire aziende e imparare i processi. Mentre in India sono state utilizzate per creare un mercato interno. L’Europa dal canto suo ha dormito. D’altronde, fino a poco tempo, fa rappresentanti di Bruxelles, come Josep Borrell, descrivevano l’Europa come il giardino ordinato dell’Eden e i Paesi emergenti come un inferno di violenza e povertà, omettendo che la ricchezza si sta spostando velocemente dall’Occidente verso Sud e verso Est. Non è un caso se la guerra in Ucraina corrisponde all’innalzamento di un nuovo muro di Berlino. Serve agli Stati Uniti a bloccare il percorso di globalizzazione e creare nuove economie regionali. Ma serve anche a far riarmare la Nato e a staccare le economie del Vecchio continente da Russia e Cina. Come sempre accade, però, gli interventi drastici e violenti sono difficili da accompagnare lungo il solco predefinito. La guerra in Ucraina ha consentito a Cina e agli altri Paesi, ormai emersi, di trasformare il possesso di materie prime in potenza economica alla pari di missili e bombe. Così già a partire dall’aprile del 2022 il dollaro ha subito contraccolpi. India, Egitto, Emirati Arabi hanno iniziato a utilizzare rubli o yuan per gli scambi commerciali. La Cina inoltre è stata capace di avvicinarsi ulteriormente alla Russia sotto embargo e l’effetto palese si mostrerà alla fine di agosto, tra il 22 e il 24, quando a Johannesburg si ritroveranno Xi Jinping, Vladimir Putin, Narendra Modi e Luiz Inacio Lula, ospiti di Cyril Ramaphosa. Innanzitutto Putin sarà presente nonostante il mandato di cattura internazionale, come dire: le scelte di Ue e Usa non hanno effetto in Sudafrica. Secondo aspetto, i Brics hanno deciso per la prima volta di invitare i capi di Stato africani e avviare nuovi scambi commerciali incrociati. Non è escluso che partecipino anche delegazioni sudamericane, le stesse che ieri hanno deciso di segnare un solco con l’Ue. I 33 leader latinoamericani e caraibici hanno accettato l’invito di Bruxelles per il prossimo 17 luglio a discutere di scambi multilaterali, ma hanno inviato una ventina di paginette per fissare dei pilastri e soprattutto prendere le distanze dalla guerra in Ucraina e dal supporto a Volodymyr Zelensky. Insomma, si ritorna al nuovo muro di Berlino e alla regionalizzazione dei commerci. È chiaro che le falde tettoniche sono ancora in movimento ed è presto per dire quale sarà l’equilibrio del prossimo ventennio. Ad esempio, al di là delle solite gaffe, Joe Biden ha accolto l’uomo di New Dheli a Washington giugno. La visita di Stato di Modi - la prima da quando è diventato premier nel 2014- ha visto stringere vari accordi tra i due Paesi. Micron technology, con il sostegno dell’India Semiconductor mission, ha annunciato un investimento di oltre 800 milioni di dollari. Tanto per citarne uno. È chiaro che l’obiettivo principale della visita di Modi è stato quello di rafforzare le relazioni tra India e Stati Uniti in funzione anticinese. Dai tempi dell’amministrazione Trump, Nuova Delhi rappresenta un vero e proprio pilastro della strategia americana nell’Indo-pacifico, volta al contenimento di Pechino. In particolare, l’India fa parte del Quad: un quartetto di Paesi - comprendente anche Usa, Australia e Giappone - che si occupa di contrastare l’influenza del Dragone in quell’area. Solo che Modi ha capito di essere ago della bilancia. E adesso deciderà lui il prezzo delle alleanze.
I tagli del governo degli ultimi anni hanno favorito soprattutto le fasce di reddito più basse. Ora viene attuato un riequilibrio.
Man mano che si chiariscono i dettagli della legge di bilancio, emerge che i provvedimenti vanno in direzione di una maggiore attenzione al ceto medio. Ma è una impostazione che si spiega guardandola in prospettiva, in quanto viene dopo due manovre che si erano concentrate sui percettori di redditi più bassi e, quindi, più sfavoriti. Anche le analisi di istituti autorevoli come la Banca d’Italia e l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) tengono conto dei provvedimenti varati negli anni passati.
Maurizio Landini (Ansa)
La Cgil proclama l’ennesima protesta di venerdì (per la manovra). Reazione ironica di Meloni e Salvini: quando cade il 12 dicembre? In realtà il sindacato ha stoppato gli incrementi alle paghe degli statali, mentre dal 2022 i rinnovi dei privati si sono velocizzati.
Sembra che al governo avessero aperto una sorta di riffa. Scavallato novembre, alcuni esponenti dell’esecutivo hanno messo in fila tutti i venerdì dell’ultimo mese dell’anno e aperto le scommesse: quando cadrà il «telefonatissimo» sciopero generale di Landini contro la manovra? Cinque, dodici e diciannove di dicembre le date segnate con un circoletto rosso. C’è chi aveva puntato sul primo fine settimana disponibile mettendo in conto che il segretario questa volta volesse fare le cose in grande: un super-ponte attaccato all’Immacolata. Pochi invece avevano messo le loro fiches sul 19, troppo vicino al Natale e all’approvazione della legge di Bilancio. La maggioranza dei partecipanti alla serratissima competizione si diceva sicura: vedrete che si organizzerà sul 12, gli manca pure la fantasia per sparigliare. Tant’è che all’annuncio di ieri, in molti anche nella maggioranza hanno stappato: evviva.
Nel riquadro in alto l'immagine dei postumi dell’aggressione subìta da Stephanie A. Nel riquadro in basso un frame del video postato su X del gambiano di 26 anni che l'ha aggredita (iStock)
L’aggressore è un gambiano con una lunga fila di precedenti, però si era visto accordare la protezione speciale per restare in Italia. I clandestini sono 50 volte più pericolosi, ma sinistra e magistrati legano le mani agli agenti.
Vittime sacrificali di criminali senza pietà o effetti collaterali della «inevitabile» migrazione di massa? In questo caso il grande abbraccio che tanto intenerisce la Cei si concretizza con un pugno, una bottigliata, un tentativo di strangolamento, qualche calcione mentre era a terra, sputi, insulti. «Mi diceva che mi avrebbe ammazzata», scrive sui social Stephanie A., modella di origini brasiliane, aggredita lunedì sera nello scompartimento di un treno regionale Trenord della linea Ponte San Pietro-Milano Garibaldi, nella zona di Arcore. La giovane ha postato gli scatti dei colpi subìti ma anche alcune foto che ritraggono l’aggressore, fondamentali per identificarlo. Il suo appello non è caduto nel vuoto.
Per la sinistra, il crimine aumenta a causa dei tagli alle forze dell’ordine. Il governo ha assunto uomini, però polizia e carabinieri hanno le mani legate. Mentre le toghe usano i guanti di velluto con facinorosi e stranieri.
Ogni giorno ha la sua rapina e la sua aggressione. La maggior parte delle quali fatte da clandestini. L’ultima è quella compiuta da uno straniero su un treno lombardo ai danni di una modella. Ma nonostante l’evidenza dei fatti c’è ancora chi si arrampica sugli specchi per negare la realtà. Non sono bastati gli ultimi dati del ministero dell’Interno, che mostrano un aumento dei reati commessi da immigrati quasi sempre senza permesso di soggiorno o addirittura con in tasca un foglio di espulsione dal Paese.




