2023-08-23
Al summit dei Brics la Cina frena sulla sfida al dominio del dollaro
Luiz Inacio Lula da Silva, Xi Jinping, Cyril Ramaphosa, Narendra Modi e Sergei Lavrov (Ansa)
In Sudafrica i russi rilanciano la proposta del Brasile di commerciare senza usare la valuta americana. Pechino però non vuole forzare la mano, soprattutto per timore dell’ascesa di concorrenti come l’India.I capi di Stato e di governo dei Paesi Brics - Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica - sono arrivati a Johannesburg per dare il via a un vertice che punta a rafforzare il gruppo delle economie emergenti per fare da contrappeso all’Occidente. Ieri è sbarcato in Sudafrica anche il leader cinese Xi Jinping mentre la Russia è rappresentata dal ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, in assenza di Vladimir Putin (collegato comunque in video) dopo il mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale. Il summit di tre giorni riunisce le economie emergenti che valgono circa un quarto del prodotto interno lordo mondiale e che puntano a fare da contrappeso alle potenze occidentali del G7 anche discutendo alternative all’utilizzo del dollaro nelle transazioni internazionali. Il tema è stato subito rilanciato dal presidente brasiliano, Luiz Inácio Lula da Silva, che propone l’uso di una moneta comune per consentire «maggiori scambi tra Paesi come il Brasile e il Sudafrica senza dipendere dalla valuta di un Paese terzo». Lula vorrebbe incorporare nei Brics, anche l’Arabia Saudita e l’Argentina (con un assist non casuale, perché proprio ieri e oggi il ministro dell’Economia argentino Sergio Massa è a Washington per cercare di ottenere dal Fmi la massima assistenza possibile per coprire il rimborso delle rate del debito del 2023). Lula ha precisato che «una nuova unità di riferimento non rimpiazzerebbe le nostre valute nazionali» e dichiarato che i Brics vogliono creare una banca «più grande del Fondo monetario internazionale che abbia altri criteri per prestare denaro ai Paesi». All’adozione di una nuova valuta da parte blocco delle economie emergenti per gli scambi commerciali tra i Paesi che ne fanno parte si è mostrata favorevole anche la presidente della Nuova banca di sviluppo (Nbs) dei Brics, l’ex presidente brasiliana nonché ex delfina di Lula, Dilma Rousseff. «Cosa succede quando stabiliamo una relazione tra i Paesi della nostra regione? Dobbiamo avere dollari, il dollaro diventa un riferimento obbligatorio» ha detto Rousseff nel corso del programma Leaders Talk dell’emittente cinese Cgtn. La Nuova Banca di Sviluppo, con sede a Shanghai, istituita nel 2015, starebbe per lanciare prestiti denominati in rand sudafricano e real brasiliano, una mossa strategica volta appunto a ridurre la dipendenza dal dollaro e a mitigare i l’impatto delle fluttuazioni dei tassi di interesse statunitensi. «Ci aspettiamo di erogare prestiti tra gli 8 e i 10 miliardi di dollari quest’anno», ha dichiarato la Rousseff al Financial Times. «Il nostro obiettivo è raggiungere circa il 30% di tutti i prestiti che eroghiamo in valuta locale».All’entusiasmo dei brasiliani è arrivata la prima risposta di Mosca. «Ora l’enfasi principale nello sviluppo delle relazioni commerciali è posta sugli accordi sulle valute nazionali. Vediamo la possibilità di discutere la creazione di un singolo sistema. Questo può essere un’unità di conto per i Paesi membri del Brics. Non una valuta unica come nell’Ue ma un’alternativa al dollaro, in cui si può esprimere il costo della consegna delle materie prime», ha sottolineato il ministro delle Finanze russo Anton Siluanov al canale televisivo Cgtn. In videocollegamento, ieri, è poi intervenuto Putin definendo «oggettivo e irreversibile il processo di de-dollarizzazione dei nostri legami economici» perché «si stanno compiendo sforzi per sviluppare meccanismi efficaci per accordi reciproci e per il controllo monetario e finanziario». Secondo il presidente russo, la quota della valuta americana nelle operazioni di esportazione-importazione tra i membri Brics è in costante calo e l’anno scorso ammontava solo al 28,7% del totale.Anche la Cina punta ad allargare il «modello Brics» per competere con gli Stati Uniti (il segretario al Commercio Usa, Gina Raimondo, si recherà a Pechino dal 27 al 30 agosto) ma al tempo stesso deve fare i conti con il possibile scoppio della bolla immobiliare e con gli effetti di una conseguente crisi valutaria. In un discorso letto dal ministro del Commercio cinese Wang Wentao al summit di Johannesburg, il presidente Xi Jinping ha assicurato che l’economia cinese ha «una forte capacità di recupero, un grande potenziale ed è piena di vigore». Dopo gli spostamenti della catena di approvvigionamento in dozzine di settori, però, i flussi di capitali globali si stanno allontanando dalla Cina, a favore di altri mercati asiatici emergenti come India e Vietnam, poiché gli investitori cercano alternative. Da questo «reshoring» c’è anche chi ci guadagna, come diverse nazioni del sud-est asiatico, l’India o il Messico. La Borsa messicana negli ultimi tre anni è raddoppiata di valore mentre quella indiana ha visto nelle scorse settimane l’indice Sensex toccare i massimi storici. Al vertice di Johannesburg partecipa anche il premier indiano Narendra Modi. «I Paesi Brics sono diventati una piattaforma per il Sud globale», ha detto in un comunicato diffuso poco prima delle sua partenza per il Sudafrica. Mettendo in chiaro ancora una volta l’intenzione dell’India di rappresentare tutti i Paesi in via di sviluppo, sia all’interno di questo blocco, sia nel prossimo vertice del G20 che si terrà proprio a Nuova Dehli all’inizio di settembre. Dove il presidente Usa, Joe Biden, sosterrà il rafforzamento della capacità di finanziamento del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale.
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)