2023-10-27
Braccio di ferro sulle pensioni. La Lega si inchioda a quota 103
La manovra ritorna ai box. Ma per non alzare l’età servono soldi. E poi c’è Bruxelles...All’indomani dell’annuncio a sorpresa con il quale le forze di maggioranza garantivano che non avrebbero proposto emendamenti alla manovra, era partita la corsa a scommettere sul provvedimento che alla prova dei fatti avrebbe subito le prime modifiche. E a chi piace vincere facile venne d’istinto puntare sulle pensioni. Certo, ieri il Mef ha mandato una nota per evidenziare che sulla legge di Stabilita, le bozze pubblicate in questi giorni su temi di grande interesse (ad esempio pensioni, tasse, presunti prelievi da conti correnti e altro) «sono frutto di bozze non definitive, non diffuse dal Tesoro e dunque da ritenersi non attendibili». Insomma gli eventuali cambiamenti sulle norme previdenziali non possono essere ricompresi nel novero degli emendamenti, ma molto probabilmente una parte delle norme previdenziali per come le abbiamo viste e commentate in questi giorni cambieranno. E nel mirino c’è soprattutto «quota 104», che nei fatti limita la possibilità di uscita anticipata dei lavoratori. Secondo quanto raccolto dalla Verità, per tutta la giornata di ieri e nella notte ci sono stati lavori febbrili per correggerla perché ritenuta irricevibile dal leader della Lega Matteo Salvini che negli ultimi giorni è stato in contatto anche con realtà sindacali e ieri non ha usato mezzi termini: «Sono contento di questa manovra di cui stiamo leggendo di ogni sui giornali, dalle pensioni al pignoramento dei conti correnti al tema stipendi, cose prive di qualsiasi fondamento». L’obiettivo è quello di tornare a quota 103, anzi il vero risultato verso il quale sono indirizzati tutti gli sforzi del Carroccio è quello di migliorare attraverso «il gioco» delle finestre la normativa voluta da Draghi sulle pensioni. E vista come si era messa, per il ministro dei Trasporti e vicepremier sarebbe un oggettivo successo. Quanto serve e dove si trovano le risorse? Difficile dare cifre precise, anche perché tutto dipenderà dai dettagli, ma non ci discostiamo molto dal mezzo miliardo di euro. Molto dipende dal cosiddetto tiraggio, quante saranno le uscite. Secondo alcune stime con quota 103 ci sarebbero state almeno 40.000 uscite, mentre con il passaggio a 104 si sarebbero dimezzate. Giusto per dare un’idea: la relazione annuale dell’Inps stima che per passare da Quota 100 all’idea originaria della Lega, la cosiddetta Quota 41, cioè la possibilità di uscita anticipata al raggiungimento di 41 anni di contributi e senza vincoli anagrafici, ci sarebbero voluti 4,3 miliardi nel 2022 e fino a 9,2 miliardi entro il 2030. Qui stiamo parlando d’altro. Ma visti i tempi che corrono anche scovare qualche centinaia di milioni non sarà semplice. Dove si trovano le risorse? Fosse per il Carroccio chi più ha guadagnato in questi anni è giusto che faccia uno sforzo in più, e i discorsi tornano ovviamente sulle banche, mentre la Cisl, l’unico sindacato che sta mantenendo un dialogo costruttivo con il governo, ha proposto, anche in una recente intervista del segretario Luigi Sbarra alla Verità, un vero e proprio contributo di solidarietà da allargare anche a multinazionali, aziende della logistica, della farmaceutica e dell’energia. Più che le risorse, che visti i tempi non rappresentano una questione secondaria, il vero problema potrebbe essere politico. Inutile nascondersi che la questione previdenziale sta particolarmente a cuore a Bruxelles e che quota 104 rappresenta un importante «sacrificio» agli occhi vigili di chi guarda con sospetto il nostro debito pubblico. Un problema che spetterà soprattutto al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti risolvere. Intanto già si segnalano le prime modifiche ufficiose. Cambia per esempio il moltiplicatore per accedere alla pensione con 64 anni e 20 di contributi, possibilità che riguarda chi ha iniziato a lavorare dopo il ‘96 e si trova quindi in un regime completamente contributivo. Nella nuova versione l’importo minimo maturato per poter lasciare il lavoro si calcola moltiplicando il trattamento minimo per 3 volte, per 2,8 volte per le donne con un figlio e per 2,6 per le donne con due o più figli. In sostanza, per uscire occorre aver versato contributi che valgono un assegno mensile da circa 1.575 euro (525 x 3 e così via). Il moltiplicatore quindi scende dopo che nella precedente bozza era previsto al 3,3 per tutti rispetto al 2,8 in vigore. Fonti di governo evidenziano che il testo definitivo della manovra dovrebbe arrivare al Senato entro domani, ma c’è chi parla di uno slittamento a lunedì. Insomma, ci sarà ancora da divertirsi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/braccio-di-ferro-sulle-pensioni-la-lega-si-inchioda-a-quota-103-2666077748.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="evasione-e-conti-correnti-ecco-cosa-cambia" data-post-id="2666077748" data-published-at="1698346972" data-use-pagination="False"> Evasione e conti correnti, ecco cosa cambia La lotta all’evasione è uno dei capisaldi della delega fiscale e il governo Meloni all’interno della legge di Bilancio ha inserito una norma per accelerare la riscossione dei debiti da parte dell’Agenzia delle entrate. Non l’avesse mai fatto. Giornali come La Stampa e La Repubblica nei giorni scorsi hanno scritto articoli accusando il governo di voler mettere le mani nei conti correnti degli italiani, grazie all’introduzione di «prelievi automatici» e «pignoramenti sprint», quando in realtà quello che emerge dalla bozza del testo della Manovra non è altro che uno snellimento di una procedura che già esiste, che ha l’obiettivo di andare ad aggredire l’evasione fiscale, che causa un tax gap tra gli 80 e 100 miliardi di euro. Tra l’altro, sono gli stessi giornali che qualche mese fa accusano il governo di fare norme a favore degli evasori. Delle due l’una. Attualmente quello che accade in termini di pignoramento è che l’Agenzia delle entrate invia una cartella di pagamento al cittadino che ha contratto un debito; se entro 60 giorni non salda l’importo dovuto il fisco interroga i vari istituti bancari per capire se c’è un conto corrente con giacenze sufficienti per saldare il debito. La banca ha minimo 30 giorni di tempo per rispondere e altri 60 giorni per dare esecuzione della procedura. Questo significa, che al momento, un possibile evasore ha tutto il tempo necessario per svuotare i propri conti correnti, e non pagare il debito contratto nei confronti dello Stato. Nella bozza della legge di Bilancio la procedura rimane la medesima. L’unica cosa che cambia è che l’Agenzia delle entrate non deve più interrogare i vari istituti di credito per sapere se chi ha un debito fiscale ha disponibilità per saldarlo, ma potrà accedere mediante collegamento telematico diretto, alle informazioni relative alle disponibilità giacenti sui predetti conti correnti. Una volta appurato che il debitore ha la disponibilità economica per saldare l’Agenzia delle entrate procederà con l’invio dell’ordine di pagamento alla banca che dovrà versare le somme stabilite. La notifica dell’ordine di pagamento, «è effettuata, a pena di nullità, anche al debitore, con le modalità stabilite dall’articolo 26, non oltre trenta giorni dalla notifica al terzo», precisa la bozza della legge di Bilancio. Da sottolineare che l’Agenzia delle entrate non può pignorare indiscriminatamente le disponibilità sul conto corrente. Ci sono dei limiti ben precisi: fino a 2.500 euro la quota pignorabile è un decimo, tra i 2.500 e i 5.000 euro è un settimo e sopra i 5.000 euro è un quinto. Inoltre, il pignoramento può essere effettuato anche sulle somme depositate sul conto corrente, a esclusione dell’ultimo stipendio o salario che resta sempre disponibile per qualsiasi necessità del debitore (regole che non cambierebbero con l’entrate in vigore dell’attuale norma, prevista in legge di Bilancio). In pratica, se la novità fiscale dovesse essere confermata si andrebbe a velocizzare la procedura di riscossione dei debiti, in tutti quei casi dove il contribuente cerca di evitare il pagamento della cartella fiscale, nonostante abbia la capacità economica per farlo. Non si tratta dunque di voler mettere le mani in tasca ai contribuenti ma di voler cercare di porre rimedio a tutte quelle scappatoie fiscali, causate anche da lungaggini burocratiche, che permettono a chi vuole evadere il fisco di poterlo fare senza troppi problemi. Altro punto da precisare. Il come l’agente di riscossione avrà accesso alle informazioni in merito al conto corrente del debitore non è ancora stato deciso. Nel bozza della legge di Bilancio viene infatti precisato che «le soluzioni tecniche di cooperazioni applicativa per l’accesso alle informazioni» dovranno essere definite in un decreto ad hoc dopo che si saranno sentite le associazioni del settore e il «Garante per la protezione dei dati personali, anche ai fini dell’adozione, da parte dell’Agenzia delle entrate–Riscossione, di idonee misure di garanzia a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati, attraverso la previsione di apposite misure di sicurezza, anche di carattere organizzativo», in conformità con le disposizioni del regolamento generale sulla protezione dei dati dell’Ue. Aspetto quest’ultimo molto importante, visto che riguarda la tutela della privacy dei cittadini. Al momento però non avendo un testo definitivo e i relativi decreti attuativi, i soggetti interessati al confronto, non sono ancora stati contatti dal governo. Si tratta dunque di una misura ancora in cantiere che però sta causando tensioni all’interno della maggioranza. Lega e Forza Italia ieri hanno infatti precisato che vogliono approfondire la questione per evitare la deriva dell’oppressione fiscale. Per questo motivo, una volta letta la manovra nella sua versione definitiva, «occorrerà eventualmente intervenire se la misura sul pignoramento, al pari della cedolare secca, dovesse andare contro i principi che ispirano e guidano la nostra azione politica», dichiara Giorgio Mulè, vicepresidente Fi della Camera. E Matteo Salvini ha aggiunto: «Non ci saranno incursioni sui conti, diversamente da quanto si legge». Con l’intervento di Palazzo Chigi che in serata ha messo il punto sulle varie ricostruzioni: «Non ci sarà nessun prelievo forzoso, notizia priva di fondamento»