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2020-04-06
Braccio di ferro Pd e 5 stelle sulle nomine. Raggi vuole Simioni (Atac) in Enav
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Paolo Simioni e Virginia Raggi (Ansa)
C'è un rompicapo di nome Simioni, nel senso di Paolo Simioni, presidente e amministratore delegato di Anac in quota 5 stelle, pupillo del sindaco di Roma, Virginia Raggi. Simioni è uno dei pochi manager grillini in questo momento spendibile per la prossima tornata di nomine pubbliche. Lo sanno bene nel partito di Beppe Grillo, come lo sa bene lo stesso Simioni che vorrebbe sfilarsi al più presto da un'azienda come l'Atac, sempre più in difficoltà economiche e con una possibile bancarotta alle porte. Del resto come anticipato anche dal Messaggero la settimana scorsa, per risanare l'azienda di trasporto pubblico della capitale servono almeno 200 milioni di euro. Su 11.000 dipendenti quasi 4.000 sono in solidarietà. L'emergenza coronavirus non farà che peggiorare le cose.
Il nome di Simioni circola da tempo negli ambienti delle partecipate. I grillini avevano persino provato a piazzarlo in Fincantieri, senza successo. Negli ultimi mesi si era parlato di lui per un possibile posto in Anas, al posto di Massimo Simonini oppure in Rfi, al posto di Maurizio Gentile. Ma anche questi due posti sono sbarrati. Il 31 marzo scorso il ministro dei Trasporti, Paola De Micheli, ha chiamato entrambi gli amministratori delegati e ha annunciato che per decreto diventeranno commissari per l'emergenza per altri tre anni. In sostanza niente da fare per Simioni, che però sta provando in tutti i modi a uscire da Atac.
Cresciuto nel gruppo Ferrovie dello Stato, come amministratore delegato di Centostazioni, poi è stato nel gruppo Save che si occupa della gestione aeroportuale sistema Venezia-Treviso che, con oltre 12,3 milioni di passeggeri nel 2016, si posiziona al terzo posto in Italia dopo i sistemi di Roma e Milano. Nel 2016 c'è stato il grande salto a Roma, prima come managing director del gruppo Acea, poi con un ruolo in Atac.
Nel frattempo Simioni è anche consigliere del gruppo Maltauro e consigliere di Sias del gruppo Gavio. A quale poltrona potrebbe aspirare delle circa 400 che andranno in scadenza tra maggio e luglio? Di sicuro quella di Enav con cui ha lavorato ai tempi di Save. La società di assistenza ai voli ha in calendario un'assemblea per 5 il maggio. L'amministratore delegato Roberta Neri e il presidente Nicola Maione potrebbero essere entrambi sostituiti.
Del resto Neri è al suo secondo mandato, fu nominata dal governo di Matteo Renzi. È quindi considerata una renziana, di sicuro vicina al Pd. Simioni potrebbe essere un profilo giusto, anche se avrebbe un'inchiesta in corso scoppiata alla fine del 2018, quando fu indagato dalla Procura di Roma per violazioni sulla normativa anti infortunistica. È stato l'effetto dell'incidente del 23 ottobre di quell'anno, quando una scala mobile della fermata Metro A di Repubblica crollò provocando diversi feriti. La procura all'epoca guidata da Giuseppe Pignatone aprì un'indagine per disastro colposo a cui si aggiunsero rilevazioni da parte dei Vigili del fuoco sulla mancanza di manutenzione nelle metropolitane di Roma.
Anche Fraccaro alla riunione con Gualtieri e Palermo
Non si è parlato solo delle misure per aiutare le imprese durante l'emergenza coronavirus durante l'incontro di sabato tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, il segretario generale del Mef Alessandro Rivera e l'amministratore delegato di Cassa depositi e prestiti Fabrizio Palermo. Si è parlato anche di nomine nelle aziende partecipate in scadenza. A quel tavolo, infatti, sedeva anche Riccardo Fraccaro, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e l'uomo che sta gestendo i dossier in vista dei rinnovi dei consiglio di amministrazione di aziende come Eni, Leonardo, Poste, Terna, Enav e molte altre.
Sotto l'emergenza che ha bloccato l'Italia, infatti, continuano a muoversi i protagonisti della stagione delle nomine 2020. Nelle prossime due settimane si svolgeranno i consigli di amministrazione di diverse partecipate, poi saranno fissate le assemblee. Ma queste giornate sono tra le più delicate perché bisogna formare le liste dei nomi da indicare per i consigli di amministrazione. Il problema è che le tensioni di questi ultimi giorni tra Partito democratico e 5 stelle sugli aiuti agli italiani stanno creando non pochi problemi anche sul fronte delle nomine. Da un lato si parla di un aiuto di Cdp, dall'altro di Sace, controllata di Cdp ma che finirebbe sotto il Mef.
Quest'ultima è l'idea portata avanti da Gualtieri e dal Pd. C'è poi chi propone che Sace venga coinvolta ma rimanendo comunque dentro l'ombrello di via Goito. Rafforzare il Mef in questo momento spaventa i grillini. Soprattutto in vista degli accordi che saranno presi a livello europeo. Lo aveva detto il leader politico dei 5 Stelle Vito Crimi a inizio emergenza che gli annunci di Gualtieri sui giornali non gli erano piaciuti. Di fondo il problema è proprio quello, il timore di uno strapotere del Pd sia in questa fase emergenziale sia dopo. A lato del tavolo tecnico istituito da Cdp per le nomine, infatti, ce n'è un altro, parallelo, sempre di impronta dem. E' quello composto da Antonio Rizzo, un ex testimone chiave dell'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena, attuale consigliere economico di Conte a palazzo Chigi.
Molto vicino a Fraccaro, è tra i più influenti in questa fase. Poi c'è ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini che rappresenta l'area storica della Margherita, quella più vicina al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. A questo si aggiunge un altro pezzo da novanta del Pd, ovvero Massimo D'Alema, l'ex ministro degli Esteri e presidente del Consiglio, molto attivo in questa fase. Si segnala poi l'attivismo di Ignazio Vacca, capo segreteria di Gualtieri. Nelle ultime settimane, però, i rapporti sono diventati sempre più difficili. La riunione di sabato, quella ufficiale, sarebbe stata la prima di una lunga serie sul fronte partecipate.
Quelle parallele vanno avanti da settimane. E i partiti politici stanno già mandando curriculum di possibili consiglieri di amministrazione. Ma poi chi prenderà la decisione finale? La battaglia sugli aiuti alle imprese e ai cittadini italiani dirà molto sui pesi e contrappesi all'interno della maggioranza. E chi ne uscirà vincente potrà di sicuro pesare di più anche nelle trattative per le aziende statali. Sui pronostici nessuno si sbilancia. Da tempo al Mef si sostiene che gli amministratori delegati non saranno cambiati. Che forse qualche modifica si avrà a livello di presidenza. Ma è ancora troppo presto per dirlo. E dal momento che ci sono troppe persone ai tavoli potrebbero esserci diverse sorprese.
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L'amministratore delegato della società dei trasporti di Roma cerca una via d'uscita. Anas e Rfi sono state commissariate dal ministro dei Trasporti, Paola De Micheli. L'unico spazio disponibile è l'azienda di assistenza di volo dove c'è Roberta Neri, renziana al secondo mandato. Nella riunione di sabato tra Roberto Gualtieri e Giuseppe Conte c'era anche il sottosegretario Lorenzo Fraccaro. Non si è parlato solo di misure per aiutare le aziende in emergenza coronavirus ma anche di nomine nelle partecipate. Si stanno formando le liste da presentare nelle assemblee di Eni, Leonardo, Poste e molte altre.Lo speciale contiene due articoliC'è un rompicapo di nome Simioni, nel senso di Paolo Simioni, presidente e amministratore delegato di Anac in quota 5 stelle, pupillo del sindaco di Roma, Virginia Raggi. Simioni è uno dei pochi manager grillini in questo momento spendibile per la prossima tornata di nomine pubbliche. Lo sanno bene nel partito di Beppe Grillo, come lo sa bene lo stesso Simioni che vorrebbe sfilarsi al più presto da un'azienda come l'Atac, sempre più in difficoltà economiche e con una possibile bancarotta alle porte. Del resto come anticipato anche dal Messaggero la settimana scorsa, per risanare l'azienda di trasporto pubblico della capitale servono almeno 200 milioni di euro. Su 11.000 dipendenti quasi 4.000 sono in solidarietà. L'emergenza coronavirus non farà che peggiorare le cose.Il nome di Simioni circola da tempo negli ambienti delle partecipate. I grillini avevano persino provato a piazzarlo in Fincantieri, senza successo. Negli ultimi mesi si era parlato di lui per un possibile posto in Anas, al posto di Massimo Simonini oppure in Rfi, al posto di Maurizio Gentile. Ma anche questi due posti sono sbarrati. Il 31 marzo scorso il ministro dei Trasporti, Paola De Micheli, ha chiamato entrambi gli amministratori delegati e ha annunciato che per decreto diventeranno commissari per l'emergenza per altri tre anni. In sostanza niente da fare per Simioni, che però sta provando in tutti i modi a uscire da Atac. Cresciuto nel gruppo Ferrovie dello Stato, come amministratore delegato di Centostazioni, poi è stato nel gruppo Save che si occupa della gestione aeroportuale sistema Venezia-Treviso che, con oltre 12,3 milioni di passeggeri nel 2016, si posiziona al terzo posto in Italia dopo i sistemi di Roma e Milano. Nel 2016 c'è stato il grande salto a Roma, prima come managing director del gruppo Acea, poi con un ruolo in Atac. Nel frattempo Simioni è anche consigliere del gruppo Maltauro e consigliere di Sias del gruppo Gavio. A quale poltrona potrebbe aspirare delle circa 400 che andranno in scadenza tra maggio e luglio? Di sicuro quella di Enav con cui ha lavorato ai tempi di Save. La società di assistenza ai voli ha in calendario un'assemblea per 5 il maggio. L'amministratore delegato Roberta Neri e il presidente Nicola Maione potrebbero essere entrambi sostituiti. Del resto Neri è al suo secondo mandato, fu nominata dal governo di Matteo Renzi. È quindi considerata una renziana, di sicuro vicina al Pd. Simioni potrebbe essere un profilo giusto, anche se avrebbe un'inchiesta in corso scoppiata alla fine del 2018, quando fu indagato dalla Procura di Roma per violazioni sulla normativa anti infortunistica. È stato l'effetto dell'incidente del 23 ottobre di quell'anno, quando una scala mobile della fermata Metro A di Repubblica crollò provocando diversi feriti. La procura all'epoca guidata da Giuseppe Pignatone aprì un'indagine per disastro colposo a cui si aggiunsero rilevazioni da parte dei Vigili del fuoco sulla mancanza di manutenzione nelle metropolitane di Roma. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/braccio-di-ferro-pd-e-5-stelle-sulle-nomine-raggi-vuole-simioni-atac-in-enav-2645647722.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="anche-fraccaro-alla-riunione-con-gualtieri-e-palermo" data-post-id="2645647722" data-published-at="1586180671" data-use-pagination="False"> Anche Fraccaro alla riunione con Gualtieri e Palermo Non si è parlato solo delle misure per aiutare le imprese durante l'emergenza coronavirus durante l'incontro di sabato tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, il segretario generale del Mef Alessandro Rivera e l'amministratore delegato di Cassa depositi e prestiti Fabrizio Palermo. Si è parlato anche di nomine nelle aziende partecipate in scadenza. A quel tavolo, infatti, sedeva anche Riccardo Fraccaro, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e l'uomo che sta gestendo i dossier in vista dei rinnovi dei consiglio di amministrazione di aziende come Eni, Leonardo, Poste, Terna, Enav e molte altre. Sotto l'emergenza che ha bloccato l'Italia, infatti, continuano a muoversi i protagonisti della stagione delle nomine 2020. Nelle prossime due settimane si svolgeranno i consigli di amministrazione di diverse partecipate, poi saranno fissate le assemblee. Ma queste giornate sono tra le più delicate perché bisogna formare le liste dei nomi da indicare per i consigli di amministrazione. Il problema è che le tensioni di questi ultimi giorni tra Partito democratico e 5 stelle sugli aiuti agli italiani stanno creando non pochi problemi anche sul fronte delle nomine. Da un lato si parla di un aiuto di Cdp, dall'altro di Sace, controllata di Cdp ma che finirebbe sotto il Mef. Quest'ultima è l'idea portata avanti da Gualtieri e dal Pd. C'è poi chi propone che Sace venga coinvolta ma rimanendo comunque dentro l'ombrello di via Goito. Rafforzare il Mef in questo momento spaventa i grillini. Soprattutto in vista degli accordi che saranno presi a livello europeo. Lo aveva detto il leader politico dei 5 Stelle Vito Crimi a inizio emergenza che gli annunci di Gualtieri sui giornali non gli erano piaciuti. Di fondo il problema è proprio quello, il timore di uno strapotere del Pd sia in questa fase emergenziale sia dopo. A lato del tavolo tecnico istituito da Cdp per le nomine, infatti, ce n'è un altro, parallelo, sempre di impronta dem. E' quello composto da Antonio Rizzo, un ex testimone chiave dell'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena, attuale consigliere economico di Conte a palazzo Chigi. Molto vicino a Fraccaro, è tra i più influenti in questa fase. Poi c'è ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini che rappresenta l'area storica della Margherita, quella più vicina al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. A questo si aggiunge un altro pezzo da novanta del Pd, ovvero Massimo D'Alema, l'ex ministro degli Esteri e presidente del Consiglio, molto attivo in questa fase. Si segnala poi l'attivismo di Ignazio Vacca, capo segreteria di Gualtieri. Nelle ultime settimane, però, i rapporti sono diventati sempre più difficili. La riunione di sabato, quella ufficiale, sarebbe stata la prima di una lunga serie sul fronte partecipate. Quelle parallele vanno avanti da settimane. E i partiti politici stanno già mandando curriculum di possibili consiglieri di amministrazione. Ma poi chi prenderà la decisione finale? La battaglia sugli aiuti alle imprese e ai cittadini italiani dirà molto sui pesi e contrappesi all'interno della maggioranza. E chi ne uscirà vincente potrà di sicuro pesare di più anche nelle trattative per le aziende statali. Sui pronostici nessuno si sbilancia. Da tempo al Mef si sostiene che gli amministratori delegati non saranno cambiati. Che forse qualche modifica si avrà a livello di presidenza. Ma è ancora troppo presto per dirlo. E dal momento che ci sono troppe persone ai tavoli potrebbero esserci diverse sorprese.
Il motore è un modello di ricavi sempre più orientato ai servizi: «La crescita facile basata sulla forbice degli interessi sta inevitabilmente assottigliandosi, con il margine di interesse aggregato in calo del 5,6% nei primi nove mesi del 2025», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert Scf. «Il settore ha saputo, però, compensare questa dinamica spingendo sul secondo pilastro dei ricavi, le commissioni nette, che sono cresciute del 5,9% nello stesso periodo, grazie soprattutto alla focalizzazione su gestione patrimoniale e bancassurance».
La crescita delle commissioni riflette un’evoluzione strutturale: le banche agiscono sempre più come collocatori di prodotti finanziari e assicurativi. «Questo modello, se da un lato genera profitti elevati e stabili per gli istituti con minori vincoli di capitale e minor rischio di credito rispetto ai prestiti, dall’altro espone una criticità strutturale per i risparmiatori», dice Gaziano. «L’Italia è, infatti, il mercato in Europa in cui il risparmio gestito è il più caro», ricorda. Ne deriva una redditività meno dipendente dal credito, ma con un tema di costo per i clienti. La «corsa turbo» agli utili ha riacceso il dibattito sugli extra-profitti. In Italia, la legge di bilancio chiede un contributo al settore con formule che evitano una nuova tassa esplicita.
«È un dato di fatto che il governo italiano stia cercando una soluzione morbida per incassare liquidità da un settore in forte attivo, mentre in altri Paesi europei si discute apertamente di tassare questi extra-profitti in modo più deciso», dice l’esperto. «Ad esempio, in Polonia il governo ha recentemente aumentato le tasse sulle banche per finanziare le spese per la Difesa. È curioso notare come, alla fine, i governi preferiscano accontentarsi di un contributo una tantum da parte delle banche, piuttosto che intervenire sulle dinamiche che generano questi profitti che ricadono direttamente sui risparmiatori».
Come spiega David Benamou, responsabile investimenti di Axiom alternative investments, «le banche italiane rimangono interessanti grazie ai solidi coefficienti patrimoniali (Cet1 medio superiore al 15%), alle generose distribuzioni agli azionisti (riacquisti di azioni proprie e dividendi che offrono rendimenti del 9-10%) e al consolidamento in corso che rafforza i gruppi leader, Unicredit e Intesa Sanpaolo. Il settore in Italia potrebbe sovraperformare il mercato azionario in generale se le valutazioni rimarranno basse. Non mancano, tuttavia, rischi come un moderato aumento dei crediti in sofferenza o gli choc geopolitici, che smorzano l’ottimismo».
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Il 29 luglio del 2024, infatti, Axel Rudakubana, cittadino britannico con genitori di origini senegalesi, entra in una scuola di danza a Southport con un coltello in mano. Inizia a colpire chiunque gli si pari davanti, principalmente bambine, che provano a difendersi come possono. Invano, però. Rudakubana vuole il sangue. Lo avrà. Sono 12 minuti che durano un’eternità e che provocheranno una carneficina. Rudakubana uccide tre bambine: Alice da Silva Aguiar, di nove anni; Bebe King, di sei ed Elsie Dot Stancombe, di sette. Altri dieci bimbi rimarranno feriti, alcuni in modo molto grave.
Nel Regno Unito cresce lo sdegno per questo ennesimo fatto di sangue che ha come protagonista un uomo di colore. Anche Michael dice la sua con un video di 12 minuti su Facebook. Viene accusato di incitamento all’odio razziale ma, quando va davanti al giudice, viene scagionato in una manciata di minuti. Non ha fatto nulla. Era frustrato, come gran parte dei britannici. Ha espresso la sua opinione. Tutto è bene quel che finisce bene, quindi. O forse no.
Due settimane dopo, infatti, il consiglio di tutela locale, che per legge è responsabile della protezione dei bambini vulnerabili, gli comunica che non è più idoneo a lavorare con i minori. Una decisione che lascia allibiti molti, visto che solitamente punizioni simili vengono riservate ai pedofili. Michael non lo è, ovviamente, ma non può comunque allenare la squadra della figlia. Di fronte a questa decisione, il veterano prova un senso di vergogna. Decide di parlare perché teme che la sua comunità lo consideri un pedofilo quando non lo è. In pochi lo ascoltano, però. Quasi nessuno. Il suo non è un caso isolato. Solamente l’anno scorso, infatti, oltre 12.000 britannici sono stati monitorati per i loro commenti in rete. A finire nel mirino sono soprattutto coloro che hanno idee di destra o che criticano l’immigrazione. Anche perché le istituzioni del Regno Unito cercano di tenere nascoste le notizie che riguardano le violenze dei richiedenti asilo. Qualche giorno fa, per esempio, una studentessa è stata violentata da due afghani, Jan Jahanzeb e Israr Niazal. I due le si avvicinano per portarla in un luogo appartato. La ragazza capisce cosa sta accadendo. Prova a fuggire ma non riesce. Accende la videocamera e registra tutto. La si sente pietosamente dire «mi stuprerai?» e gridare disperatamente aiuto. Che però non arriva. Il video è terribile, tanto che uno degli avvocati degli stupratori ha detto che, se dovesse essere pubblicato, il Regno Unito verrebbe attraversato da un’ondata di proteste. Che già ci sono. Perché l’immigrazione incontrollata sull’isola (e non solo) sta provocando enormi sofferenze alla popolazione locale. Nel Regno, certo. Ma anche da noi. Del resto è stato il questore di Milano a notare come gli stranieri compiano ormai l’80% dei reati predatori. Una vera e propria emergenza che, per motivi ideologici, si finge di non vedere.
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Una fotografia limpida e concreta di imprese, giustizia, legalità e creatività come parti di un’unica storia: quella di un Paese, il nostro, che ogni giorno prova a crescere, migliorarsi e ritrovare fiducia.
Un percorso approfondito in cui ci guida la visione del sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy Massimo Bitonci, che ricostruisce lo stato del nostro sistema produttivo e il valore strategico del made in Italy, mettendo in evidenza il ruolo della moda e dell’artigianato come forza identitaria ed economica. Un contributo arricchito dall’esperienza diretta di Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, e dal suo quadro autentico del rapporto tra imprese e consumatori.
Imprese in cui la creatività italiana emerge, anche attraverso parole diverse ma complementari: quelle di Sara Cavazza Facchini, creative director di Genny, che condivide con il lettore la sua filosofia del valore dell’eleganza italiana come linguaggio culturale e non solo estetico; quelle di Laura Manelli, Ceo di Pinko, che racconta la sua visione di una moda motore di innovazione, competenze e occupazione. A completare questo quadro, la giornalista Mariella Milani approfondisce il cambiamento profondo del fashion system, ponendo l’accento sul rapporto tra brand, qualità e responsabilità sociale. Il tema di responsabilità sociale viene poi ripreso e approfondito, attraverso la chiave della legalità e della trasparenza, dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia, che vede nella lotta alla corruzione la condizione imprescindibile per la competitività del Paese: norme più semplici, controlli più efficaci e un’amministrazione capace di meritarsi la fiducia di cittadini e aziende. Una prospettiva che si collega alla voce del presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli, che denuncia la crescente vulnerabilità digitale delle imprese italiane e l’urgenza di strumenti condivisi per contrastare truffe, attacchi informatici e forme sempre nuove di criminalità economica.
In questo contesto si introduce una puntuale analisi della riforma della giustizia ad opera del sottosegretario Andrea Ostellari, che illustra i contenuti e le ragioni del progetto di separazione delle carriere, con l’obiettivo di spiegare in modo chiaro ciò che spesso, nel dibattito pubblico, resta semplificato. Il suo intervento si intreccia con il punto di vista del presidente dell’Unione Camere Penali Italiane Francesco Petrelli, che sottolinea il valore delle garanzie e il ruolo dell’avvocatura in un sistema equilibrato; e con quello del penalista Gian Domenico Caiazza, presidente del Comitato «Sì Separa», che richiama l’esigenza di una magistratura indipendente da correnti e condizionamenti. Questa narrazione attenta si arricchisce con le riflessioni del penalista Raffaele Della Valle, che porta nel dibattito l’esperienza di una vita professionale segnata da casi simbolici, e con la voce dell’ex magistrato Antonio Di Pietro, che offre una prospettiva insolita e diretta sui rapporti interni alla magistratura e sul funzionamento del sistema giudiziario.
A chiudere l’approfondimento è il giornalista Fabio Amendolara, che indaga il caso Garlasco e il cosiddetto «sistema Pavia», mostrando come una vicenda giudiziaria complessa possa diventare uno specchio delle fragilità che la riforma tenta oggi di correggere. Una coralità sincera e documentata che invita a guardare l’Italia con più attenzione, con più consapevolezza, e con la certezza che il merito va riconosciuto e difeso, in quanto unica chiave concreta per rendere migliore il Paese. Comprenderlo oggi rappresenta un'opportunità in più per costruire il domani.
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