2024-12-09
«Nel M5s c’è una lotta tra oligarchi»
Lorenzo Borrè (Imagoeconomica)
L’avvocato dei dissidenti interni, Lorenzo Borrè: «Chi non si allinea al nuovo corso è espulso e marchiato a vita. Le assemblee sono plebisciti, altro che democrazia. La creazione di Beppe e Casaleggio è entrata ormai nella fase zombie».«Il Movimento è da tempo nella “fase zombie”. E mi stupisco sia ancora in piedi». Lorenzo Borrè rappresenta, a suo modo, una figura storica nella galassia pentastellata. È da sempre considerato «l’avvocato dei dissidenti», vale a dire il punto di riferimento legale degli espulsi dal Movimento: un battaglione di «esiliati» che negli anni è diventato quasi un partito a sé stante. Ex attivista 5 stelle, Borrè ha abbandonato il vascello grillino quando ha cominciato a scarrocciare vistosamente verso sinistra: «La democrazia 5 stelle? È sempre stata un bluff, una lotta tra oligarchi. Lo vediamo anche in questi giorni. Comunque vada a finire, non è da escludersi che sulla titolarità del simbolo e del nome si scatenerà una guerra giudiziaria». Seppur attraverso le carte bollate, lei avrà visto cose che noi umani possiamo solo immaginare. Come possiamo definire questa creatura politica? «Il “Pentamondo”, cioè il mondo 5 stelle, è una dimensione parallela. Dove il fratello di ieri diventa l’arcinemico di oggi, e il nemico di oggi l’alleato di domani. Dove la regola è l’eccezione, e l’eccezione è la regola. Dove democrazia significa potere di pochi, mentre tutti gli altri non contano nulla. Insomma, anziché il motto “uno vale uno”, sarebbe più appropriato ripiegare su “uno vale zero”». Quest’ultima assemblea costituente, che tra le altre cose ha certificato la scomparsa della figura del garante, è lo scontro finale tra Conte e Grillo?«Sì, effettivamente siamo di fronte all’ordalia finale. Ma ricordiamoci che queste non sono vere assemblee, sono delle mere consultazioni ratificatorie». Perché?«Non c’è possibilità di discutere, di cambiare gli equilibri in campo. La potenza del logos, elemento centrale della democrazia, non può esplicarsi, non è contemplata». Dopo l’assemblea costituente, dobbiamo comunque aspettarci una pioggia di ricorsi? «Non necessariamente. I ricorsi erano paradossalmente un segnale di vitalità politica, una specie di antibiotico alle storture del partito: adesso la situazione è stata normalizzata. I contiani dominano il campo. Più che sulle leve di comando, i dissidi potranno polarizzarsi sulla questione della proprietà del simbolo e del nome del Movimento». Appunto, a chi appartiene il simbolo dei 5 stelle? Entrambe le fazioni, filoconte e filogrillo, ne rivendicano il possesso...«Oggi Conte rivendica la proprietà del simbolo con grande perentorietà e disinvoltura. È emerso che esiste una scrittura privata stipulata tra l’Elevato e il Movimento 5 stelle, in cui Grillo il comico genovese si impegna “a non contestare” l'utilizzo del simbolo da parte del M5s. Ma c’è anche una sentenza della Corte d’appello di Genova del 2021 - mai citata da Conte - che sancisce invece che Beppe Grillo è unico titolare dei diritti di utilizzo del nome e del simbolo». Dunque si andrà in tribunale?«L’azione giudiziaria non mi pare un’ipotesi remota. Del resto non è esatto che Grillo rivoglia la palla perché sta perdendo, la rivuole perché quelli che ha invitato a giocare con la sua palla lo vogliono cacciare dalla squadra, trattenendosi il suo pallone». Lei critica Conte ma senza assolvere Grillo: li definisce «diversamente oligarchi». «Conte non ha fatto altro che conservare le leve del potere che gli attribuiscono la scelta ultima sulle candidature e sul potere di iniziativa. Nel mondo 5 stelle queste leve passano da una mano all’altra, ma sempre in un regime sostanzialmente oligarchico, cioè un contesto di totale irrilevanza degli iscritti, di cui però ogni volta viene evocato l’apporto fondamentale, come se decidessero effettivamente loro». Difendendo i fuoriusciti, quali sono i problemi ricorrenti cui si è trovato di fronte? «Storicamente, tutte le modifiche statutarie del Movimento sono avvenute a colpi di maggioranza. E la magistratura ha rilevato che molte di queste modifiche non erano legittime, o perché contrastanti con il codice civile, o perché viziate da inciampi procedurali. Tutto questo ha generato una platea di dissidenti». I quali hanno vinto i loro ricorsi contro il Movimento?«Il Movimento, negli anni, ha perso in giudizio il 90 per cento dei ricorsi. È stata riconosciuta l’illegittimità delle espulsioni, anche se poi i dissidenti non vengono reintegrati, ma restano marchiati a vita come reietti». Quindi la rivoluzione «digitale» delle origini, che fine ha fatto? È sfociata nel Terrore, come ai tempi di Robespierre? «La forma di democrazia digitale preconizzata da Casaleggio non si è mai concretizzata. Il corpaccione degli iscritti ha sempre votato in conformità dei desiderata dei vertici. E quelle che venivano presentate come assemblee democratiche si sono sempre rivelate dei semplici plebisciti». Insomma, un partito di stampo guatemalteco?«Peggio, perché in Guatemala un popolo c’è. Qui invece non esiste popolo: al massimo siamo di fronte a degli “avatar”, entità digitali che periodicamente si svegliano e poi tornano in sonno, e che peraltro non possiedono alcuna radice sul territorio. I “Meetup”, che io ho conosciuto quando ero un attivista del Movimento, di fatto non esistono più».Quando ha deciso di lasciare il Movimento?«Nel 2014, dopo la presentazione dei disegni di legge sulla filiazione omogenitoriale considerata legittima anche se attuata con maternità surrogata e sull’identità di genere. In quell’occasione iniziò una piccola fronda: non erano argomenti che facevano parte del programma del Movimento, e non sono mai stati discussi. I portavoce dell’epoca, di fatto, non rappresentavano la voce di nessuno». Dunque le regole che negli anni si è dato il Movimento sono sempre rimaste lettera morta? Piegate a vantaggio del leader di turno, a seconda delle circostanze? «A febbraio del 2021, all’esito dei cosiddetti “Stati generali” viene approvata una modifica statutaria che prevede una guida collegiale del Movimento: il famigerato “comitato direttivo”». Un barlume di democrazia? «Peccato che, solo cinque mesi dopo, Conte rivoluziona tutto e introduce l’uomo solo al comando, una sorta di regno assolutistico, fondato su un principio insindacabile: “Conte ha più ragione degli altri”. Basti pensare al suo potere insindacabile sulla candidatura degli iscritti, magari votati da centinaia di persone e che il presidentissimo può depennare dalla lista, “sentito il Garante”, ma ora probabilmente il garante non ci sarà più…». Peggio che negli altri partiti?«Sì, sono regole molto meno liberali di quelle di cui si dotano gli altri partiti. A cominciare dall’impossibilità di votare secondo coscienza. Lo Statuto di Fratelli d’Italia, per fare un esempio, prevede che i parlamentari votino secondo le indicazioni dei capigruppo, tranne i casi di coscienza. Nei 5 stelle invece c’è il vincolo di mandato: chi non si allinea viene espulso, come De Falco e Paragone che negò la fiducia a Draghi contravvenendo le direttive dall’alto. Le cacciate dal Movimento dapprima erano uno stillicidio, e poi sono diventate un’emorragia inarrestabile». Conte è riuscito a governare sia con Salvini che con Bersani. E oggi precisa: «Siamo progressisti ma non di sinistra». Riconoscerà che l’avvocato del popolo è riuscito a reinventarsi più volte. «Oggi mi sembrano più vicini al Partito radicale, almeno sul piano dei valori, con il riconoscimento ufficiale dell’identità di genere, che è stato inserito nello statuto. Se parliamo invece dello stile di Conte, lo definirei semplicemente populista, nell’accezione negativa del termine. Non a caso le sacche di resistenza elettorale del Movimento coincidono, a grandi linee, con i territori che più si sono avvalsi del reddito di cittadinanza e del superbonus». L’unica cosa certa è che i consensi si stanno prosciugando. La tribù a 5 stelle si disintegrerà? «Sinceramente, mi chiedo come abbiano fatto a sopravvivere sino a oggi. Già nel 2018 rimasi esterrefatto del successo dei 5 stelle. Oggi, tuttavia, siamo alle battute finali. Il Movimento si trova attualmente nella sua fase “zombie”, che precede la fase “zero”, cioè l’estinzione».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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