Contagi, ospedalizzazioni e intensive sono più probabili tra chi ha tre dosi rispetto a chi ha completato il ciclo primario. I vantaggi della «terza dose» soltanto per gli over 60: eppure Roberto Speranza & C. insistono sulle iniezioni.
Contagi, ospedalizzazioni e intensive sono più probabili tra chi ha tre dosi rispetto a chi ha completato il ciclo primario. I vantaggi della «terza dose» soltanto per gli over 60: eppure Roberto Speranza & C. insistono sulle iniezioni.Ormai è un’evidenza granitica: sotto i 60 anni, chi ha la terza dose se la passa peggio di chi non ce l’ha. Lo dicono i numeri trasmessi dall’Istituto superiore di sanità: nel regno di Omicron, il bazooka del booster sta rapidamente perdendo la sua potenza di fuoco. Tutto ciò dovrebbe indurre esperti e ministero a ricalcolare il rapporto rischi/benefici dell’iniezione, soprattutto in vista dell’ulteriore campagna autunnale di richiami. E invece, al momento, il mantra delle punture a cadenza quadrimestrale, ringalluzzito dalla promessa di farmaci aggiornati, resta il pilastro della strategia italiana. Alla faccia delle decisioni scientifiche, basate sui dati, che invoca ogni volta Roberto Speranza.Veniamo alle ultime, clamorose rilevazioni, che riguardano gli under 60. Dal report dell’Iss, aggiornato al 18 maggio, vanno tratte tre conclusioni che dovrebbero far drizzare le antenne a chiunque fosse davvero interessato a calibrare le politiche in base agli scenari. 1 Chi ha ricevuto la terza dose si infetta molto di più di chi si è vaccinato solo con due dosi da oltre quattro mesi. Tra 40 e 59 anni, addirittura, gli italiani con il booster si contagiano di più anche dei non vaccinati. 2 Chi ha ricevuto la terza dose finisce in ospedale di più di chi si è vaccinato con due dosi da meno di quattro mesi - e questo vale sia tra 12 e 39 anni, sia tra 40 e 59.3 Chi ha ricevuto la terza dose finisce in terapia intensiva di più di chi si è vaccinato con due dosi, indipendentemente dal fatto che esse siano state somministrate da oltre o da meno di 120 giorni. Sorvoliamo sul terzo punto: per fortuna, gli ingressi in rianimazione, tra il primo aprile e il primo maggio, sono stati talmente pochi che sarebbe inutile costruirci sopra una tendenza statistica. Concentriamoci, semmai, sui primi due elementi di riflessione. Da 12 a 39 anni, l’incidenza dei casi di Covid, dal 15 aprile al 15 maggio, è stata di 2.912 infezioni ogni 100.000 persone tra i non vaccinati, 1.218 tra i vaccinati da oltre quattro mesi, 3.054,4 tra i vaccinati più recenti e 2.892,1 tra i vaccinati con la terza dose. Da 40 a 59 anni, l’incidenza è stata di 2.429,4 casi tra i non vaccinati, 1.493 tra i vaccinati da oltre 120 giorni, 2.712,9 tra i vaccinati da meno di 120 giorni e 2.683,6 tra chi si è sottoposto al richiamo. È un chiaro segnale che lo schermo offerto dal medicinale tarato sul virus di Wuhan, in presenza di Omicron e delle sue sottovarianti, si è enormemente indebolito. E che nemmeno la spintarella del terzo shot lo consolida in modo decisivo. I più attenti, allora, domanderanno: come mai, se lo scudo vaccinale è diventato una groviera, gli inoculati con due dosi da più tempo sembrano essere quelli più al sicuro? La protezione, a questo punto, non dovrebbe essere evaporata? Una possibile interpretazione è che quanti, tra gli under 60, pur avendo porto il braccio da oltre 120 giorni, non sono ancora corsi all’hub per il richiamo, siano per la maggior parte individui che si sono infettati con Omicron dopo la doppia puntura. Costoro, dunque, beneficiano oggi dell’immunità naturale, peraltro maturata in rapporto al ceppo virale prevalente. E, a ipotetica parità di stile di vita - i limiti imposti dal green pass sono decaduti e nessuno è in lockdown volontario per paura d’infettarsi - resistono meglio agli attacchi del Sars-Cov-2. Un discorso analogo - ed è un aspetto impressionante - vale per i conteggi dei ricoveri in area non critica. In questo caso, i non vaccinati si dimostrano senza dubbio più vulnerabili dei vaccinati a vario titolo. Tuttavia, gli under 60 che si sono lasciati inoculare oltre 120 giorni fa risultano meno a rischio sia dei vaccinati recenti, sia di quelli con il booster. Tra 12 e 39 anni, l’incidenza delle ospedalizzazioni, nei vaccinati meno recenti, è di 6,2 ogni 100.000 persone; in quelli più «freschi» è di 16,3; in quelli «tridosati» è di 10,1. Nella fascia anagrafica 40-59 anni, l’incidenza varia dai 10,4 ricoveri tra i vaccinati da più di quattro mesi, ai 15,7 tra i vaccinati da meno di quattro mesi, agli 11,8 tra i vaccinati con booster. Ancora una volta, chi si è vaccinato da poco, nel contesto Omicron, ha le armi spuntate. Soprattutto, la terza puntura non aggiunge nulla alle due eseguite prima di gennaio. Anzi, ha un impatto negativo.A dirla tutta, già a febbraio La Verità sottolineava come, dai documenti dell’Iss, risultasse che gli under 40 con tre dosi pativano più ospedalizzazioni dei vaccinati con due shot. L’Iss aveva spiegato il paradosso ricordando che, in quella classe d’età, ad aver ricevuto il booster erano stati i fragili. «Con il tempo», prometteva l’ente, «le stime di efficacia riferite a questa popolazione risentiranno meno di questo fattore di confondimento». Ebbene: la terza iniezione l’ha avuta anche chi scoppia di salute. Ed è successo il contrario di quel che prevedeva l’Iss. Non solo il «fattore di confondimento» non è scomparso, ma l’anomalia si è estesa alla categoria anagrafica immediatamente successiva, quella dei cittadini con età compresa tra 40 e 59 anni. Anche a voler ignorare la questione degli effetti collaterali e il giallo sull’eccesso di morti under 40, ce ne sarebbe abbastanza per ammettere che qualcosa non sta funzionando. Per smetterla di rincorrere i più giovani e sani con la siringa, concentrandosi sugli over 60 - sui quali il richiamo, invece, fa il suo dovere. Tanto, le inoculazioni delle terze dosi sono già di per sé al palo: da inizio mese non sono mai arrivate a 11.000 al giorno; venerdì si sono fermate a poco più di 5.000. Evidentemente, nascondere la polvere sotto al tappeto non basta: gli italiani, l’antifona, l’hanno capita da soli.
Bill Emmott (Ansa)
Giannini su «Rep» favoleggia di un mondo parallelo di complotti neri, mentre sulla «Stampa» Emmott minimizza il video manipolato di The Donald. Quando giova ai loro obiettivi, indulgono su bavagli e odio.
S’avanza la Cosa Nera. Un orrore primordiale simile all’It evocato da Stephen King, entità oscura che stringe la città di Derry nelle sue maligne grinfie. Allo stesso modo agiscono le «tenebre della destra mondiale» descritte ieri su Repubblica da Massimo Giannini, che si è preso una vacanza dal giornalismo per dedicarsi alla narrativa horror. E ci è riuscito molto bene, sceneggiando una nuova serie televisiva: dopo Stranger Things ecco Populist Things. Una narrazione ambientata in un mondo parallelo e totalmente immaginario in cui «populisti e estremisti deridono le istituzioni democratiche, avvelenano i nostri dibattiti, traggono profitto dalla paura». Un universo alternativo e contorto in cui «gli autocrati possono spacciare le loro verità alternative a community scientemente addestrate a un analfabetismo funzionale coerente con lo spirito del tempo».
Maurizio Landini (Ansa)
- Aumentano gli scontenti dopo il divorzio dalla Uil. Ma il leader insiste sulla linea movimentista e anti Meloni In vista di elezioni e referendum è pronto a imporre il fedelissimo Gesmundo come segretario organizzativo.
- Proteste contro l’emendamento che chiede di comunicare 7 giorni prima l’adesione.
Lo speciale contiene due articoli.
Da mesi, chi segue da vicino le vicende del sindacato e della politica economica del Paese si pone una domanda, se vogliamo banale: ma è possibile che di fronte alla trasformazione della Cgil in una sorta di movimento d’opposizione al governo, ai continui no rispetto a qualsiasi accordo o contratto di lavoro che possa coinvolgere la Meloni e a cospetto di un isolamento sempre più profondo, non ci sia nessuno che dall’interno critichi o comunque ponga qualche domanda a Maurizio Landini?
2025-11-16
Borghi: «Tassare le banche? Sostenibile e utile. Pur con i conti a posto l’Ue non ci premierà»
Claudio Borghi (Ansa)
Il senatore della Lega: «Legge di bilancio da modificare in Aula, servono più denari per la sicurezza. E bisogna uscire dal Mes».
«Due punti in più di Irap sulle banche? È un prelievo sostenibilissimo e utile a creare risorse da destinare alla sicurezza. Le pensioni? È passato inosservato un emendamento che diminuisce di un mese l’età pensionabile invece di aumentarla. La rottamazione? Alla fine, anche gli alleati si sono accodati». Claudio Borghi, capogruppo della Lega in commissione Bilancio del Senato e relatore alla legge di bilancio, sciorina a raffica gli emendamenti di «bandiera» del suo partito con una premessa: «Indicano una intenzione politica che va, poi, approfondita». E aggiunge: «Certo, la manovra avrebbe potuto essere più sfidante ma il premier Giorgia Meloni non ha fatto mistero di volerci presentare nella Ue come i primi della classe, come coloro che anticipano il traguardo di un deficit sotto il 3% del Pil. Io, però, temo che alla fine non ci daranno alcun premio, anche perché, ad esempio, la Bce ha già premiato la Francia che ha un deficit superiore al nostro. Quindi, attenti a non farsi illusioni».
Roberto Fico (Ansa)
Dopo il gozzo «scortato», l’ex presidente della Camera inciampa nel box divenuto casa.
Nella campagna elettorale campana c’è un personaggio che, senza volerlo, sembra vivere in una sorta di commedia politica degli equivoci. È Roberto Fico, l’ex presidente della Camera, candidato governatore. Storico volto «anticasta» che si muoveva in autobus mentre Montecitorio lo aspettava, dopo essere stato beccato con il gozzo ormeggiato a Nisida, oggi scaglia anatemi contro i condoni edilizi, accusando il centrodestra di voler «ingannare i cittadini». «Serve garantire il diritto alla casa, non fare condoni», ha scritto Fico sui social, accusando il centrodestra di «disperazione elettorale». Ma mentre tuona contro le sanatorie, il suo passato «amministrativo» ci racconta una storia molto meno lineare: una casa di famiglia (dove è comproprietario con la sorella Gabriella) è stata regolarizzata proprio grazie a una sanatoria chiusa nel 2017, un anno prima di diventare presidente della Camera.






