2022-05-10
Boom di scambi commerciali. Xi vuole divorare Mosca ma la Cina ora è più fragile
Nei primi quattro mesi del 2022 l’import-export tra i due Paesi è salito del 25,9%. Tuttavia il Dragone è stato indebolito dagli sconsiderati lockdown nelle metropoli.Sempre più tra le braccia del Dragone. Gli scambi commerciali tra Russia e Cina sono aumentati del 25,9% nei primi quattro mesi di questo 2022, segnato dall’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio. Le sanzioni dell’Occidente sembrano proprio favorire la Via della seta anche per Vladimir Putin, sancendo sempre più un nuovo asse, non solo politico, ma anche commerciale. Il tutto, però, in una fase non facile per entrambe le nazioni, visto che la Russia sembra abbastanza impantanata e si aspettava un conflitto più rapido e la Cina ha dichiarato una guerra totale al Covid proprio mentre in Europa si allentano tutte le misure anti pandemia. A fornire dati che non piaceranno molto alla Casa Bianca è stata l’Amministrazione delle dogane cinesi, per la quale le importazioni dalla Russia tra gennaio e aprile sono salite del 31% rispetto al medesimo periodo del 2021 e hanno raggiunto i 30,8 miliardi di dollari. Un numero che stacca nettamente la crescita delle importazioni da tutto il mondo, che si è fermata a un +7,1%. Bel balzo, anche se inferiore, per le esportazioni cinesi in Russia, aumentate dell’11,3% nei primi quattro mesi dell’anno, per raggiungere i 20,2 miliardi di dollari. Va però detto che nei primi tre mesi, l’incremento era stato del 25,9%. Insomma, Mosca ha perso un po’ di competitività. Ma il dato politicamente più interessante è quello aggregato, che vede l’interscambio tra gennaio e aprile toccare 51 miliardi, con un aumento del 25,9% che si potrebbe chiamare il dividendo della guerra, ma anche delle sanzioni occidentali. Solo nell’ultimo mese, Pechino ha comprato merci russe per 8,8 miliardi di dollari, con una crescita del 13% su marzo. Mentre tra marzo e aprile Mosca ha lasciato invariate le importazioni dai cinesi. I settori sui quali la Cina del presidente Xi Jinping punta di più per rafforzare i propri legami con la Russia sono le armi, l’energia e l’aerospazio, tre campi che possono far male ai Paesi della Nato. Ieri lo ha detto chiaramente all’agenzia Tass Zhang Hanhui, ambasciatore cinese a Mosca: «L’energia è stata finora l’area di cooperazione pragmatica più importante, fruttuosa ed estesa». Ma ha aggiunto che la Cina continuerà a stringere rapporti sempre più stretti con la Russia su tutte le tecnologie militari, dell’energia e dello spazio, e che farà di tutto per «risolvere insieme le difficoltà logistiche e finanziarie causate dalle sanzioni». Insomma, l’ambasciatore si è fermato giusto a un passo dall’annunciare anche che il suo Paese comprerà tutto il gas che l’Europa deciderà di non acquistare più da Putin. Del resto Xi Jinping si è ben guardato, finora, anche solo dal parlare di «invasione» dell’Ucraina. Che le sanzioni europee alla Russia di Putin avrebbero spinto le due nazioni più temute da Washington ad aiutarsi e a stringere i legami delle rispettive economie era stato previsto facilmente da chiunque non avesse l’elmetto calato sugli occhi, tuttavia va detto che almeno questo «asse del male» si salda non proprio in una situazione facile. Anzi, forse si salda nella peggior congiuntura degli ultimi anni. Perché se da un lato la Russia deve fare i conti con un crescente isolamento economico e finanziario, oltre che con un conflitto faticoso e lento, dall’altro la Cina è alle prese con una «tolleranza zero» dichiarata contro il Covid proprio mentre in Europa sono cadute quasi tutte le restrizioni adottate negli ultimi due anni. È di ieri la notizia che a Shanghai, cuore finanziario della nazione, c’è stato un ulteriore giro di vite delle autorità, con milioni di cittadini chiusi in casa senza una minima prospettiva di uscirne in tempi rapidi. E le immagini di alcuni abitanti della megalopoli che si azzuffavano con i poliziotti e con gli altri funzionari pubblici in tuta anti contagio sono state rapidamente rimosse dal web. Anche se i dati sui contagi sono in calo, le misure della Zero Covid policy sono state rafforzate e persino chi ha in mano un test negativo può finire in un centro governativo per le quarantene. Quarantene che scattano anche se all’interno del medesimo pianerottolo c’è un solo positivo e che a Shanghai sono arrivate in molti casi a sei settimane consecutive. Del resto è stato lo stesso presidente Xi, mercoledì scorso, ad affermare in modo un po’ minaccioso che «non saranno tollerati atti che distorcono, dubitano o negano le politiche nazionali di prevenzione dell’epidemia». In ogni caso, i dati dell’interscambio commerciale sembrano mandare in soffitta le speculazioni che si sprecano da un paio di mesi su molti media italiani ed europei su una presunta ritrosia di Pechino ad appoggiare Mosca, o addirittura di una certa irritazione di Xi Jinping per le mosse di Mad Vlad. Eppure già lo scorso 14 marzo, l’amministrazione Usa aveva avvertito gli alleati europei di non farsi illusioni. Quel giorno Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza Usa, aveva incontrato a Roma il capo della diplomazia cinese, Yang Jiechi, con il quale aveva poi riferito di aver «sollevato direttamente e molto chiaramente» la preoccupazione americana che Pechino stesse aiutando Mosca sia finanziariamente sia con la vendita di armi.