2022-10-22
Bollette record. Lo scostamento negato da Mario quasi inevitabile
Giancarlo Giorgetti (Imagoeconomica)
Il nuovo governo dovrà operare sin da subito in una situazione economica difficilissima, che ora, dopo l’addio di Draghi, tutti ammettono. La Meloni è poco propensa a fare altro deficit, ma in mancanza di adeguate misure europee resta l’unica strada.«Siamo pronti», è l’hashtag politico utilizzato da Giorgia Meloni alla vigilia dell’insediamento del suo governo. Pronti, via, dunque. Ma pronti a cosa? Senza ombrelli, senza fondi di solidarietà europei, con il fiato delle agenzie di rating sul collo e con una coperta sempre più corta per scaldare un’Italia alla canna del gas tra caro bollette e cartelle esattoriali, l’unica strada percorribile sta diventando lo scostamento di bilancio. Scostamento criticato dalla leader di Fdi e considerato solo come extrema ratio («perché siamo la nazione che si è indebitata di più con il Pnrr») che però adesso potrebbe diventare appunto il piano estremo per affrontare la tempesta perfetta dei prossimi mesi. Ora che Mario Draghi lascia Palazzo Chigi le finestre vengono spalancate e gli spifferi diventano raffiche di vento: ieri Bankitalia ha tagliato le stime di crescita per l’economia italiana. In particolare, segnala il Bollettino economico, «in uno scenario di base, il Pil aumenterebbe del 3,3% nel complesso dell’anno in corso, rallenterebbe allo 0,3 nel 2023 e crescerebbe dell’1,4 nel 2024». Le proiezioni, avverte Palazzo Koch, «restano tuttavia soggette a forti rischi al ribasso». La previsione per i prossimi due anni è peggiore rispetto a quella contenuta nella Nadef che, dopo il +3,3% per quest’anno, fissa rispettivamente a +0,6% e +1,8% la crescita tendenziale nel 2023 e nel 2024. Dal lato della domanda, la spesa delle famiglie è frenata dalla perdita di potere d’acquisto dovuta all’elevata inflazione.Al netto delle stime, riviste al ribasso, il caro bollette sta già creando un corto circuito: da una parte ci sono le famiglie e imprese che si stanno vedendo obbligate a modifiche unilaterali o rescissioni dei contratti di fornitura luce e gas. Dall’altro, le utility che continuano a registrare una forte erosione di cassa e capitale circolante. Tanto che, secondo alcuni calcoli effettuati da MF-Milano Finanza, a partire da gennaio (ovvero quando alle famiglie sarà consegnata la bolletta sui consumi relativi a novembre e dicembre) il mancato pagamento delle bollette energetiche potrebbe creare un ammanco fino a 5 miliardi. Facendo così diventare la bolletta il nuovo npl per i gruppi energetici. La prima urgenza per il nuovo governo, e in particolare per il Mef guidato da Giancarlo Giorgetti, sarà preparare un nuovo pacchetto di sostegni dopo il via libera del cdm all’estensione fino al 18 novembre dello sconto benzina. L’intervento dovrebbe limitarsi a prorogare fino a fine anno le misure (soprattutto credito di imposta per le imprese) in esaurimento a novembre del decreto Aiuti ter. Altro tema caldo è quello delle cartelle esattoriali, ripartite dopo lo stop dell’emergenza Covid (ci sarebbero 10 milioni di cartelle in partenza di qui a fine anno). E poi la legge di bilancio: la parte consistente del programma di centrodestra non sarà in questa manovra, aveva spiegato nei giorni scorsi il responsabile organizzazione di Fdi, Giovanni Donzelli. In assenza del quadro programmatico della Nadef, l’extradeficit per il 2023 è ancora un’incognita, su cui pesano peraltro le previsioni sempre più fosche sul Pil. L’eventuale dl Aiuti quater richiederà altri, pesanti, impieghi di risorse pubbliche, sempre nel quadro di debito pubblico da record. Il nuovo esecutivo avrebbe bisogno subito di almeno 50 miliardi, se ne è accorto alla fine anche il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che nella cifra ha persino superato i 30 miliardi di cui aveva parlato molti giorni prima (e per questo era stato contestato) Matteo Salvini. Dove si prendono questi soldi? O in Italia, facendo altro deficit, o in Europa. Se la prima strada è in salita (anche la tassa sugli extra profitti delle aziende energetiche ha dato risultati insignificanti), la strada dell’Europa sarebbe invece possibile, ma l’Europa non la vuole percorrere. Rimandando una decisione che va invece presa subito. Se quest’ anno l’Italia finirà con il pagare almeno 60 miliardi in più rispetto allo scorso anno di bollette energetiche (senza contare gli extra costi legati all’ulteriore impennata dell’inflazione dovuta ai nodi delle catene produttive sparse per il mondo), l’anno prossimo ci saranno migliaia di aziende in cassa integrazione e numerose utility obbligate a fare i conti con le insolvenze. Insomma, una nuova ondata di sofferenze del credito al cui confronto la batosta post Lehman Brothers sarà poca roba perché a questo giro siamo siamo immersi in una economia di guerra che ha imposto scelte totalmente al di fuori del mercato. Senza dimenticare che con la Bce prossima ad alleggerire gli acquisti, il nostro Paese avrà bisogno di garanzie finanziarie per portare a termine interventi di sostegno delle aziende. Nel frattempo, l’esposizione degli investitori esteri ai titoli pubblici italiani (Bot e Btp) si è ridotta di 99,8 miliardi nei 12 mesi tra settembre 2021 e agosto 2022 (dati Bankitalia). Il calo relativo ad agosto è stato di 6,9 miliardi, su 9,3 miliardi di disinvestimenti complessivi da titoli italiani. Sul nuovo governo pende, infine, la spada di Damocle delle agenzie di rating come Moody’s che da agosto ha lanciato una serie di avvertimenti sulla gestione dei fondi del Pnrr. Ieri sera, quando questo giornale è andato in stampa, si è pronunciata Standard&Poor’s che attualmente ha un giudizio BBB sul rating sovrano dell’Italia. A fine luglio S&P aveva portato l’outlook da positivo a «stabile» dopo le dimissioni di Draghi e per questo motivo, fino a ieri sera gli analisti ritenevano improbabili nuove sorprese. Almeno per ora.