2021-10-24
Più aborti, ddl Zan e guerra ai proverbi. Per la Boldrini l’Italia si salva così
Il libro della deputata Pd attacca l'inno di Mameli e la Bibbia. Capitoli al limite del grottesco per imporre la parità di genere.Che cosa serve per risollevare davvero le sorti dell'Italia? Facile: l'approvazione del ddl Zan, qualche aborto in più, e la modifica del linguaggio. Questa è la fenomenale ricetta esposta da Laura Boldrini nel suo nuovo libro, intitolato Questo non è normale. Come porre fine al potere maschile sulle donne (Chiarelettere). In effetti, nel volume di normale c'è ben poco. Alcuni capitoli sono al limite del grottesco, a partire da quello iniziale in cui l'ex presidente della Camera dichiara guerra ai proverbi. Secondo la Boldrini, essi vanno eliminati poiché «sono il succo di pregiudizi millenari e di discriminazioni stratificate ai danni del genere femminile, specchio di superstizioni e di un pensiero che non guarda alle donne con occhio benevolo, frutto di una cultura patriarcale e maschilista dalla quale non abbiamo ancora preso le distanze». La Boldrini fornisce un lungo elenco delle odiose espressioni da purgare. Tra queste: «Donna pelosa, donna virtuosa»; «donna baffuta, sempre piaciuta»; «donne e buoi dei Paesi tuoi»; «donna nana, tutta tana», «donna rossa, coscia grossa» eccetera. Come la loro eliminazione possa giovare alla causa femminile non è chiarissimo, ma a quanto pare la deputata Pd proprio non sopporta i salaci detti popolari.Madama Laura è convinta che l'Italia sia rimasta «ferma a un modello patriarcale al quale sembra irrimediabilmente ancorata. Per liberarla serviva e serve ancora un lavoro culturale di medio e lungo termine, politiche mirate accompagnate da grossi investimenti in grado di incidere in profondità nel tessuto culturale delle giovani generazioni, così da formarle al rispetto reciproco e al rifiuto degli stereotipi e della violenza». In sostanza, la Boldrini propone un lavaggio del cervello massivo al fine di imporre le teorie sulla parità di genere. La informiamo sommessamente che tale operazione è già in corso, e l'intero sistema politico-mediatico è ormai uniformato alla linea ideologica boldriniana. Ma a quanto pare non è ancora sufficiente.Infatti la nostra eroina si vanta di aver firmato una proposta di legge, ideata dal deputato Alessandro Fusacchia «contro gli stereotipi di genere nei libri di testo». Già: «Ai bambini e alle bambine il mondo va mostrato nella sua complessità, con uomini e donne posti sullo stesso piano». Motivo per cui risulta intollerabile che «si continui a raccontare la fiaba della giovane che aspetta solo l'arrivo del principe azzurro da sposare». Molto meglio, dice Laura, leggere alle piccine libri tipo Storie della buonanotte per bambine ribelli, in modo che la rieducazione progressista cominci in tenera età. A tal proposito, risulta curioso che a un certo punto la Boldrini citi un monumento della cultura conservatrice: «Come diceva Chesterton, le fiabe non servono per dire ai bambini che esistono i draghi, ma per far capire loro che i draghi possono essere sconfitti». Beh, forse se avesse letto Chesterton in maniera appena più approfondita, o se avesse sfogliato i libri di Marie-Louise Von Franz, si sarebbe resa conto che nelle fiabe non c'è nulla di sessista, poiché il loro scopo non è educare le fanciulle a restare sottomesse, ma aiutarle a scoprire sé stesse attraverso la conoscenza del maschile (rappresentato, nello specifico, dal principe azzurro).Nel manifesto boldriniano, tuttavia, l'ossessione linguistica travolge ogni cosa, a partire dal buonsenso. Oltre alla lotta contro i proverbi sessisti c'è quella contro le pubblicità maschiliste e quella a favore della toponomastica «paritaria», come se parificare il numero di vie dedicate a donne e uomini potesse realmente migliorare la condizione femminile. Il punto è proprio questo: madama Laura sembra convinta che cambiare le parole consenta di cambiare la realtà. Ma che ciò non sia esattamente vero lo dimostra proprio il suo libro.A pagina 25 scrive indignata: «Tutte le volte che su Whatsapp digito “la mia collaboratrice", la funzione di completamento automatico delle frasi mi suggerisce di aggiungere “domestica"; mentre se digito “il mio collaboratore", il suggerimento è per proseguire con “di", “del" o “della". Insomma, la femmina te la completo in automatico come colf, il maschio come braccio destro». È nota a tutti la disavventura vissuta dalla Boldrini con la sua colf: mesi fa, uscì sui giornali sostenendo che l'ex presidente della Camera le dovesse dei soldi, e Laura dovette ammettere che, dopo l'interruzione del rapporto di lavoro, le aveva versato la liquidazione ma restavano «da saldare gli scatti di anzianità maturati». Insomma, possiamo modificare tutte le parole che vogliamo, ma alla fine il benessere delle persone dipende da fatti concreti: avere un lavoro, uno stipendio decente, una casa… Tutto il resto, specie se il denaro manca, risulta ridicolo, o addirittura offensivo.Eppure la nostra femminista non si placa. Se la prende con l'inno di Mameli in cui mancano riferimenti alle donne. Ne ha anche per la Bibbia, colpevole di aver proposto il «modello Eva». Improvvisandosi teologa, la Boldrini si lancia addirittura in una dissertazione sulle scritture ebraiche che presentano la figura di Lilith, cioè la vera «prima donna». Lilith, spiega Laura, «esigeva di essere trattata alla pari, non voleva giacere con Adamo a comando, si rifiutava di servirlo e obbedirgli»: per questo Lilith fu punita e trasformata in un demone notturno. Anche qui, un minimo di approfondimento teorico sarebbe stato opportuno, prima di lanciarsi in una sorta di elogio della «Luna nera», presenza demoniaca che nulla c'entra col sessismo.Così come avrebbe giovato documentarsi un filo di più su alcune figure che la Boldrini porta a modello. Tra queste Sibilla Aleramo, presentata come l'autrice di uno dei primi «libri femministi» editi in Italia. Verissimo. Ma va ricordato che la Aleramo era la stessa che inviava accorate lettere a Benito Mussolini per chiedergli denaro: «Duce, ricorro a Voi in un'ora di estremo abbattimento, più grande di quella in cui vi scrissi la prima volta», scriveva. E pregava: «Duce, soccorretemi ancora». Con ciò vogliamo semplicemente suggerire che l'idea di raccontare la Storia come una marcia trionfale del patriarcato sia, per lo meno, estremamente limitante.Purtroppo, anche quando si concentra sull'attualità, la Boldrini non riesce ad andare oltre la retorica mainstream. In nome dei diritti delle donne, ad esempio, chiede a gran voce l'approvazione del ddl Zan, che pure incontra la contrarietà di una larga fetta di femministe. Queste ultime contestano soprattutto il concetto di autodeterminazione di genere contenuto nel disegno di legge, che offre la possibilità ai trans di dichiararsi donne a tutti gli effetti. Consentire a un uomo di occupare gli «spazi sicuri» femminili non è un gesto patriarcale? Evidentemente no. Oppure, di fronte alla disciplina di partito e all'ideologia, anche i diritti delle donne passano in secondo piano.Proprio come quando la Boldrini spiega che «non è normale avere un'ottima legge sull'interruzione volontaria di gravidanza e non poterne usufruire a causa dell'obiezione di coscienza». Posto che in Italia non ci sono problemi ad abortire, tocca ricordare che la legge in questione - la 194 - prende le mosse proprio dalla difesa della vita. Difendere le donne non ancora nate e sostenere quelle che vorrebbero diventare madri ma pensano di non poterlo fare per via del disagio economico significa essere dei perfidi sessisti? Nel mondo boldriniano probabilmente sì.È un mondo, quello immaginato dall'ex presidente della Camera, pieno di commissioni anti odio, leggi bavaglio, riscritture di libri. E per questo risulta leggermente inquietante. «Io sono femminista. E parlo femminista», dichiara Laura, orgogliosa. Siamo felici per lei: parli pure e come vuole. Ma ci faccia un favore: la smetta di provare a tappare la bocca a chi non la pensa come lei.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)