
Se questa è l’alternativa a Giorgia Meloni, tanto decantata da Elly Schlein all’indomani della vittoria alle Regionali in Campania, povera sinistra. Sarebbe questo il campo largo che dovrebbe battere il centrodestra? Praticamente divisi su tutto, senza una leadership, senza una visione, senza capo né coda. Quel «testardamente uniti», evocato da Schlein nell’ultima assemblea Pd, assomiglia più a un testardamente ottusi.
E ieri questo enorme divario si è fatto sentire ancor più forte in Aula. Il campo largo, ormai pieno di buche e pozzanghere, si è sfasciato anche sulla politica estera. In vista del Consiglio europeo il presidente del Consiglio ha tenuto le sue comunicazioni. La maggioranza si è presentata compatta con una risoluzione unica. Le opposizioni avevano cinque testi. Più che un campo largo, un campo sparso.
Divisi su tutti i dossier internazionali. Le distanze tra M5s e Pd sono abissali. Il dato politico è lampante: Avs, Più Europa, Azione, Italia viva, Pd, M5s sono sempre più come l’armata Brancaleone. Ognun per sé, nessun per tutti.
In tema di Ucraina, Pd e M5s sono spaccati sugli aiuti a Kiev. La Schlein vuole che continuino, mentre Conte ne chiede la sospensione. E poi ancora il Pd (area riformista) spinge per l’utilizzo degli asset russi congelati (210 miliardi) in aiuto a Kiev, il M5s dice no e anzi chiede di sospendere le sanzioni contro Putin. Schlein e Conte litigano anche su Trump. Il M5s spinge per il «piano Trump» per la pace in Ucraina. La risposta di Schlein? «La pace per Kiev non sia delegata a una telefonata Trump-Putin».
Ma risultano divisi anche Avs, Italia viva e Azione. Il partito di Calenda è il più filo ucraino e chiede che Ue e Italia restino al fianco del popolo ucraino per una pace giusta. Avs si accoda al M5s e propone lo stop agli aiuti militari per Zelensky. Ogni sostegno economico, politico e militare all’Ucraina, anche con l’utilizzo degli asset russi, è invece la posizione di Più Europa, condivisa con Italia viva e Azione.
Poi il Medio Oriente. Nella risoluzione Pd c’è la richiesta di riconoscere lo Stato di Palestina e sospendere il memorandum tra Italia e Israele. M5s e Avs accusano di genocidio il governo israeliano ignorando l’antisemitismo dilagante.
Terzo tema, il piano di riarmo europeo. Il Pd dice no al potenziamento degli eserciti nazionali e sì al piano della difesa comune europea. Avs e M5s bocciano la difesa comune europea. Italia viva e Azione appoggiano la linea europea sul riarmo.
Infine, che il campo largo sia solo un’illusione lo dimostra anche il caso di Alessandra Moretti finita nell’inchiesta Qatargate. Il Parlamento europeo vota a favore della revoca dell’immunità all’europarlamentare del Pd. Grazie al M5s che dà in pasto la compagna dem al temutissimo sistema giudiziario belga.
L’alleanza tra Pd e M5s è un vero bluff e l’intervento di Giuseppe Conte ad Atreju lo ha sottoscritto. «Non siamo alleati con nessuno». Tradotto: capotavola è dove mi siedo io. Altro che campo largo, abbiamo capito che lui giocherà da solo. E lo stesso farà la Schlein. Ad Atreju, come anche ieri in aula, Conte si è ripreso la scena. Ha lanciato la sfida al Pd ormai malconcio, privo di una direzione politica e incapace di imporsi come baricentro dell’opposizione.
Ieri abbiamo definitivamente capito che il campo largo non esiste. Conte non ci sta ad essere comandato da una segretaria del Pd ancora politicamente acerba, comunicativamente incapace e schiacciata dalle correnti del suo stesso partito. I sondaggi dicono che perfino molti elettori del Pd lo preferirebbero come candidato premier e lui ci crede. Il campo largo per lui è una gabbia dalla quale uscire.
Anche se in maniera piuttosto discutibile, è comunque stato per due volte premier. E tanto gli basta per sentirsi ancora il leader. In politica estera parte molto avvantaggiato rispetto alla Schlein che non conosce nessuno. Ha già un rapporto privilegiato con l’amministrazione Trump e con le cancellerie europee, che la Schlein isolazionista non sa neppure dove si trovino.
La realtà racconta di un centrodestra compatto e di una sinistra che si logora giorno dopo giorno in una guerra intestina per la leadership dell’opposizione. Una sinistra che si interroga su chi comandi, con «alleati» che si smentiscono continuamente. Nel centrodestra è tutto chiaro, da sempre: se si vince, il leader del partito che prende più voti fa il premier. Nel centrosinistra, invece, è un caos, come al solito.
Tutti balleranno da soli, come stanno già facendo, un valzer che ricorda l’ultimo ballo sul Titanic.






