2020-11-26
Blitz di Conte sui collegi per restare in sella
Il premier piazza una zampata tecnicamente ineccepibile: ridisegnare per decreto le circoscrizioni elettorali dopo il referendum che ha tagliato i parlamentari. Una decisione che può avere conseguenze esplosive, favorendo qui o là un partito o un candidato.Se la sera prima, lunedì, ospite di Lilli Gruber, Giuseppe Conte era parso esitante, teso, politicamente spaventato, la sera dopo, martedì, il premier ha segnato almeno un punto a suo favore in Consiglio dei ministri.Nulla di significativo per i cittadini, sia chiaro: anzi, agli occhi dell'opinione pubblica, è semmai maturata un'altra figuraccia con l'interminabile lite tra Pd e M5s sul commissario da inviare in Calabria. E però, all'interno di un ordine del giorno-zibaldone in cui c'era un po' di tutto, e a margine di un altro blitz sui vertici dei servizi, Conte ha piazzato una zampata politica, assestando un colpo ai partiti azionisti della sua maggioranza.Sì certo, si è affrontata una piccola serie di accordi di cooperazione; si sono decentrate alcune funzioni alla regione Sicilia; si sono affrontati in via preliminare alcuni provvedimenti in materia di sport. Ma poi, in modo del tutto imprevisto, al penultimo punto in discussione, è comparso questo tema: «Collegi per l'elezione della Camera e del Senato».Lasciamo la parola - nonostante la lingua di legno burocratica, dominante in diversi passaggi - al comunicato stampa di Palazzo Chigi: «Il Consiglio dei ministri, su proposta del presidente Giuseppe Conte, del ministro per i rapporti con il Parlamento Federico D'Incà e del ministro dell'Interno Luciana Lamorgese, ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo che introduce norme relative alla determinazione dei collegi uninominali e plurinominali per l'elezione della Camera e del Senato, a norma dell'art. 3 della legge n. 51 del 2019». Il comunicato prosegue così: «L'intervento ridisegna i collegi in conseguenza dell'entrata in vigore della legge costituzionale n. 1 del 2020, che ha modificato gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione, riducendo da 630 a 400 il numero dei deputati e da 315 a 200 il numero dei senatori da eleggere a partire dalla prossima legislatura. La definizione dei collegi è stata effettuata sulla base della proposta della commissione tecnica, composta da dieci esperti e presieduta dal presidente dell'Istat Gian Carlo Blangiardo».Messo in questi termini, potrebbe sembrare un atto dovuto, e esattamente così lo presentano le voci di maggioranza più vicine a Conte: poiché una legge elettorale deve essere sempre ipoteticamente utilizzabile e a disposizione, il governo era obbligato, con celerità, ad adattare dimensione ed estensione dei collegi elettorali al loro nuovo numero, drasticamente ridotto dopo il referendum costituzionale del 20 settembre scorso, che ha confermato il taglio di deputati e senatori. Morale: il governo non poteva fare diversamente, e ha provveduto con doverosa rapidità a questo adempimento.Ma nessuno nel Pd e dalle parti dei maggiorenti grillini si è bevuto questa spiegazione. Ciò che Conte ha fatto (spalleggiato dalla Lamorgese e da D'Incà, oggettivamente coinvolti nell'operazione) è un atto ad altissima intensità politica per due distinte ragioni. La prima si intuisce subito: rendere immediatamente operativa una legge elettorale non è mai un atto neutro quando si entra nella seconda parte di una legislatura. Vuol dire che la pistola è carica. Significa cioè che, se per qualunque ragione, si determina un incidente parlamentare, non è affatto detto che tutto si risolva salvando la legislatura: si può anche ricorrere (in questo caso senza nemmeno l'imbarazzo di una legge elettorale ancora da sistemare) alle urne. Si dirà che questa sarebbe la normalità: ma di questi tempi perfino la normalità non è mai scontata. Non solo: è noto che da mesi Pd e M5s insistono per una modifica più complessiva della legge elettorale, per rendere ancora più dominante il meccanismo proporzionale, con il chiaro obiettivo di disarticolare il centrodestra. E però quella proposta si è impantanata in commissione Affari costituzionali, anche con uno stop dei renziani, insoddisfatti per una soglia di sbarramento troppo alta. Questo rende a maggior ragione significativa l'accelerazione di Conte, che di fatto ha reso operativa l'attuale legge elettorale, senza aspettare quella futura auspicata dai suoi alleati. Un retroscena del Corriere della Sera lega a tutto ciò anche la volontà di Conte di mettere in campo una sua lista: può essere, ma il solo fatto di rendere subito utilizzabile la legge attuale è una pistola puntata alla tempia di Pd e M5s. La seconda ragione richiederà più tempo per essere valutata, dopo uno studio certosino da parte degli esperti dei partiti. Da che mondo è mondo, nell'Occidente avanzato, ridisegnare i collegi è solo apparentemente un esercizio di pura tecnicalità: in realtà, toccare una circoscrizione, escludere o includere un territorio da un'area elettorale, ampliare o ridurre un collegio, può avere conseguenze elettorali potenzialmente esplosive, favorendo qui o là un partito, uno schieramento, un candidato. C'è da scommettere che i partiti - di maggioranza e di opposizione - avranno molti motivi di studiare con attenzione questo decreto legislativo.