2022-11-01
Pure Sleepy Joe suona la sveglia: «Basta con le pretese di Zelensky»
Volodymyr Zelensky e Joe Biden (Getty Images)
In una burrascosa telefonata il presidente degli States ha accusato il collega ucraino di essere incontentabile, malgrado 1 miliardo di dollari di aiuti. È il segnale che la politica dell’appoggio a tutti i costi sta scricchiolando.Offensiva in 10 regioni, nella capitale colpite infrastrutture energetiche strategiche. Un missile precipitato in Moldavia. E la Norvegia alza il livello di allerta militare.Lo speciale contiene due articoli.La guerra continua e, allo stato attuale, non è facile capire quanto ancora durerà, né se c’è davvero l’intenzione di sedersi al tavolo della pace. Troppi interessi sono in ballo, troppi attori con disparate esigenze: c’è chi vorrebbe un conflitto a oltranza per spossare la Russia; chi invece non trova una buona idea mettere Mosca all’angolo, rischiando così una recrudescenza dei combattimenti; chi, infine, non vede l’ora che tutto finisca al più presto per lasciarsi alle spalle questa lunga scia di distruzione e morte.La situazione, insomma, è complessa. E parlare di Occidente, come fosse un fronte unico e granitico, falsa la prospettiva e offusca una giusta visione d’insieme. Quello che vuole la Francia non è quello che vuole la Germania, così come quello che spera l’Italia non è quello che auspica il Regno Unito. E, ovviamente, ciò che brama Kiev non è per forza ciò che desidera Washington.A confermare l’esistenza di queste tensioni che spaccano il variegato fronte occidentale, arrivano ora alcune notizie riservate d’Oltreoceano. Secondo quanto riferiscono quattro fonti ben informate ma coperte da anonimato, lo scorso giugno ha avuto luogo una telefonata molto concitata tra Joe Biden e Volodymyr Zelensky. Il presidente statunitense – raccontano le fonti – aveva appena annunciato un pacchetto di aiuti da 1 miliardo di dollari, ma il presidente ucraino, a quel punto, «ha iniziato a elencare la lista di altre necessità». In sostanza, prosegue la testimonianza, Biden «ha perso la pazienza». Il popolo americano «è stato piuttosto generoso e sta lavorando duro per aiutare Kiev», ha rivendicato il presidente degli Stati Uniti «alzando la voce». Zelensky - questa l’accusa di Biden - avrebbe «dovuto mostrare maggiore gratitudine». Nonostante la telefonata carica di tensione - hanno assicurato fonti dell’amministrazione all’Nbc - da allora le relazioni tra i due capi di Stato «sono costantemente migliorate».La chiosa finale, che ci parla di rapporti ora più distesi tra le due nazioni, non può certo bastare a diradare le nubi che si stagliano nel cielo del fronte occidentale. D’altra parte, non è la prima volta che tra Kiev e Washington sono volati gli stracci. E non sarà neanche l’ultima. In effetti, da quella telefonata, avvenuta a giugno, in almeno altri due casi gli statunitensi hanno mostrato insofferenza verso le fughe in avanti degli organi governativi e militari ucraini.Una decisa divergenza di vedute si è potuta apprezzare a fine agosto, quando un attentato nella periferia di Mosca ha stroncato la vita di Darya Dugina, figlia del filosofo russo Aleksander Dugin, che probabilmente era il vero obiettivo dei sicari. La mossa non è affatto piaciuta ai servizi segreti americani, che a inizio ottobre hanno espresso tutta la propria stizza attraverso una soffiata affidata alle colonne del New York Times. Gli 007 statunitensi, in sostanza, hanno accusato dell’attentato alcuni ambienti del governo di Kiev e ci hanno tenuto a rimarcare che Washington non ha fornito alcun supporto in quest’azione, né informativo né tanto meno logistico. Peggio ancora: gli agenti americani hanno riferito al New York Times di non essere stati messi a conoscenza dell’operazione; in caso fossero stati consultati, si sarebbero opposti.I motivi dell’insofferenza dell’intelligence americana sono abbastanza intuibili. Non è un caso che anche papa Francesco, a poche ore dall’assassinio di Darya Dugina, abbia condannato le crudeltà di questa guerra e la strage di innocenti che essa comporta: «Penso a quella povera ragazza volata in aria per una bomba che era sotto il sedile della macchina a Mosca», aveva detto il pontefice. Parole pronunciate non certo a cuor leggero. E infatti il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, non esitò a convocare il nunzio apostolico, monsignor Visvaldas Kulbokas, per chiedere spiegazioni. Nel mese di ottobre, inoltre, un secondo caso ha contribuito a rendere sempre più tesi i rapporti tra Kiev e Washington: l’esplosione del ponte di Kerch. Com’è noto, in un primo momento l’Ucraina aveva rivendicato l’azione, salvo poi ritrattare e accusare Mosca. Da parte sua, Putin ha puntato il dito contro Zelensky . Cosa che hanno fatto anche… gli americani. Sfruttando nuovamente il New York Times ,gli 007 statunitensi hanno fatto sapere tramite una fonte anonima che «dietro l’attacco ci sono i servizi di intelligence ucraini».Certo, non tutto ciò che trapela dai servizi segreti americani va preso come fededegno. Del resto, fra una settimana si terranno le elezioni di Midterm. Con molti repubblicani che non vedono di buon occhio il protrarsi del conflitto, queste «rivelazioni» potrebbero servire a stemperare i toni sul fronte interno e, insieme, a distendere i (difficili) rapporti con Putin.Ma qui, appunto, ci muoviamo nell’ambito delle ipotesi. A rimanere forte, però, è l’impressione che Zelensky rappresenti una variabile sempre più impazzita. Il presidente ucraino ha investito massicciamente nella sua immagine da capopopolo pronto a tutto per combattere l’Orso russo. Di qui le sue insistenti e talvolta irragionevoli pretese nei confronti degli Stati Uniti e delle nazioni europee. Insomma, la stilizzazione dell’«eroe Zelensky», a cui hanno partecipato in prima linea i media occidentali, potrebbe essere sfuggita un po’ di mano. E ancora: se addirittura Washington inizia a nutrire dei dubbi, non si capisce perché noi italiani dovremmo aderire a un atlantismo cieco e acritico. Essere più realisti del re, del resto, non è mai una buona idea. Figuriamoci in un periodo complesso e delicato come questo.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/biden-zelensky-aiuti-armi-2658578637.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="fuoco-su-kiev-saltano-acqua-e-luce" data-post-id="2658578637" data-published-at="1667301012" data-use-pagination="False"> Fuoco su Kiev, saltano acqua e luce Offensiva russa su tutto il fronte, ieri mattina. Ben dieci le regioni ucraine colpite da missili e droni di Mosca. A lanciare l’allarme è stato il premier ucraino, Denys Shmyhal, sottolineando su Telegram che, a seguito dei bombardamenti, le interruzioni di corrente elettrica sono state registrate in «centinaia di insediamenti». In particolare, sono state danneggiate infrastrutture energetiche nelle regioni di Cherkasy (centro) e Chernivtsi (sud-ovest), oltre che nella capitale. Dove, diversi quartieri, sono al buio. Una «parte di Kiev è senza elettricità e in alcune zone manca l’acqua, a causa degli attacchi russi», ha scritto il sindaco, Vitaly Klitschko, su Telegram. Almeno cinque esplosioni sono state udite dai giornalisti dell’Afp nella capitale ucraina tra le 8.00 e le 8.20 ora locale (le 7:00 e le 7:20 in Italia). Le esplosioni giungono tre giorni dopo l’attacco alla flotta russa in Crimea, che Mosca ha attribuito all’Ucraina con l’aiuto di Londra. Le forze russe hanno nuovamente attaccato anche una «infrastruttura critica» nella città di Zaporizhzhia, nell’Ucraina meridionale: ha aggiunto stavolta il sindaco ad interim, Anatolii Kurtiev, come riporta Ukrinform. Il sistema di difesa di Kiev avrebbe però consentito di limitare i danni. Sarebbero stati infatti abbattuti 44 degli oltre 50 missili fatti piovere sulla regione della capitale. E proprio un missile mandato giù dai sistemi di difesa ucraini è caduto in Moldavia, provocando danni, ma senza vittime. Il vettore è precipitato vicino al villaggio di Naslavcha, nel nord del Paese, vicino alla frontiera ucraina. A riferirlo è stato il ministero dell’Interno moldavo citato dall’agenzia russa Ria Novosti. C’è poi un piccolo giallo. Le migliaia di riservisti che la Russia ha schierato di recente in prima linea in Ucraina sarebbero spesso equipaggiati con fucili in «condizioni a malapena utilizzabili»: lo scrive l’intelligence britannica nel suo aggiornamento quotidiano sulla situazione nel Paese. «In molti casi questi riservisti sono male equipaggiati», sottolinea il rapporto pubblicato dal ministero della Difesa di Londra ricordando che il mese scorso gli ufficiali russi erano preoccupati poiché alcuni riservisti stavano arrivando in Ucraina senza armi. Secondo gli esperti dell’intelligence i fucili forniti ai riservisti sono tipicamente gli Akm, un’arma introdotta per la prima volta nel 1959. «Molti di essi sono probabilmente in condizioni a malapena utilizzabili», prosegue il rapporto. L’Akm usa munizioni da 7,62 mm, mentre le unità da combattimento regolari russe sono per lo più armate con fucili Ak-74M o Ak-12 da 5,45 mm. L’integrazione dei riservisti con i soldati a contratto e i veterani in Ucraina vorrà dire quindi che serviranno due tipi di munizioni per armi leggere al fronte: e questo probabilmente complicherà ulteriormente i sistemi logistici russi, già in tensione, conclude Londra. C’è da dire, però, che la guerra non si combatte solo on the ground, come si dice, ovvero sul terreno; ma anche sui mezzi di comunicazione. E le ricostruzioni degli 007 di Sua Maestà britannica potrebbero far parte di una più ampia strategia di disinformazione finalizzata a restituire della Russia una immagine di organizzazione e di capacità bellica inferiore a quella reale per demotivare le truppe e per creare pressione a livello internazionale su Mosca. Intanto, la Norvegia, membro della Nato che condivide un confine artico con la Russia, alzerà il suo livello di allerta militare: lo ha annunciato il premier, sottolineando però che non è stata rilevata alcuna minaccia diretta contro il Regno. «Da domani (oggi, ndr) la difesa aumenterà il suo livello di allerta in Norvegia», ha dichiarato Jonas Gahr Store durante una conferenza. «Oggi non abbiamo motivo di credere che la Russia voglia trascinare la Norvegia o qualsiasi altro Paese direttamente in guerra, ma la guerra in Ucraina rende necessario che tutti i Paesi della Nato stiano più in guardia», ha aggiunto.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)