
Polemiche sulla decisione di garantire pure i depositi oltre i 250.000 dollari. Il gruppo che finanziava start up verdi è il simbolo dell’ideologia woke: vuole imporci un futuro ecologico ma non ha saputo vedere la realtà.Ma cos’era e cos’è, alla fine della fiera, l’ormai famigerata Silicon valley bank? La banca-woke per antonomasia, la banca della gente che piace, la banca dei supercool, la banca dei fichissimi. Prendete - in un colpo solo -le wineries e i winemakers californiani; aggiungete le mitiche start up innovative; non fatevi mancare tutta la filiera ecofondamentalista e green; completate il tutto con una spruzzata di ideologia legata alle minoranze etniche e al fondamentalismo gender: e a questo punto il gioco è fatto. Avrete il quadro per un verso dei clienti legati a quella banca, e per altro verso - simmetricamente - l’agenda economica e culturale che il management di Svb ha puntato a promuovere. Sono quelli che ti spiegano dove va il mondo; sono quelli che ti disegnano il futuro; sono quelli che ti insegnano a vivere; sono quelli che non amano la libertà (concetto troppo di destra) e preferiscono i diritti, anzi il dirittismo iper regolamentato (rigorosamente di sinistra). Peccato che - alla prova della realtà - si siano miseramente squagliati, incapaci di comprendere gli effetti del nuovo quadro finanziario e monetario globale. Per limitarci a un solo esempio: la banca sosteneva più di 1.500 aziende impegnate nello sviluppo del solare, dell’idrogeno e di altre tecnologie per la transizione ecologica. Peccato che non abbiano saputo capire un altro tipo di transizione, quello da un mondo a tassi bassi a un mondo a tassi alti. Il cuore della questione, a ben vedere, è prima culturale e poi economico finanziario: e sta tutto nella hybris, nella pretesa di superiorità intellettuale e morale della supercasta woke, che ora - non a caso - non sa darsi pace e cerca colpevoli ovunque, tranne che guardando dritto in uno specchio. Tra l’altro, com’è stato opportunamente notato da Bestinver, siamo davanti a un paradosso: Svb non era «sistemica», ma adesso rischia di diventarlo, nel momento in cui le autorità Usa hanno scelto l’approccio più largo possibile di salvataggio, con ciò proiettando i rischi anche sugli altri istituti oggi in buona salute. Scrivono gli analisti di Bestinver: «Ora tutte le banche che falliranno saranno sostenute dalle altre e i premi per il rischio degli istituti solidi aumenteranno». Questo - volendo - ci porterebbe lontano, a una considerazione politicamente scorrettissima sul ruolo (a nostro avviso assai criticabile) giocato in questi anni dalle Banche centrali, al di qua e al di là dell’Atlantico: per anni, easy money a tassi bassi, perfino negativi; ora, improvvisamente, tassi in salita verticale. Un po’ come inondare di droga i tossicodipendenti, e poi - improvvisamente - privarli sia della droga sia del metadone. Inevitabile pensare ad altri possibili choc, o comunque a nuovi rischi. E qui si arriva a un altro aspetto della questione che è suscettibile di essere letto in due maniere opposte. Come si sa, la decisione delle autorità Usa sul caso Svb è stata quella di garantire tutti i depositanti, anche oltre la soglia del 250.000 dollari, che è il tradizionale spartiacque tra i risparmiatori piccoli e medi (da proteggere) e quelli maggiori, storicamente meno tutelati. Stavolta la decisione è stata quella di aprire un grande ombrello per coprire tutti. Si può ritenere (lettura - diciamo - benevola) che le autorità americane abbiano voluto ridurre al minimo il panico, rassicurando tutti. In epoca social, basta pochissimo per innescare terrore. E oggi non occorre nemmeno l’antica corsa agli sportelli: l’effetto bank run si può istantaneamente determinare anche da un device elettronico, spostando altrove il proprio denaro. E se troppi depositanti lo fanno tutti insieme, l’effetto è ovvio. Dunque - dicono i benevoli - è stato saggio che le autorità Usa abbiano deciso di proteggere tutti i clienti. Tuttavia esiste pure una lettura alternativa più maliziosa. Stavolta, a essere a rischio, c’era un bel pezzo della «constituency» elettorale (e pure dei finanziatori) di Joe Biden e dei democratici: tutto il mondo woke che abbiamo descritto, tutto il reticolo di aziende green, di start up innovative, e così via. Insomma, erano a rischio i «buoni», nella visione progressista del mondo: e allora ecco l’intervento così largo. Ciascuno può chiedersi cosa sarebbe successo - in costanza di un’amministrazione dem - se a saltare fosse stata una istituzione ipoteticamente collaterale al mondo dei «cattivi». Tiriamo a indovinare, elencando ipotesi di pura fantasia, ma capaci di dare l’idea - culturalmente parlando - di un altro mondo: qualcosa di afferente al giro trumpiano, o magari di riconducibile alla galassia di Elon Musk, o comunque di estraneo all’ambito politicamente corretto. Scommettiamo che l’ombrello di Stato non ci sarebbe stato affatto o sarebbe stato piccino piccino? Chi scrive notoriamente non auspica mai l’abuso del denaro dei contribuenti. Ma peggio ancora dell’abuso dei soldi pubblici è la tentazione del doppio standard: nei tempi buoni, la scelta politica di chi deve vincere; nei tempi brutti, la scelta politica di chi deve essere salvato.
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






