2023-01-21
Pure il «Nyt» pianta in asso Biden sul caso delle carte top secret
Il presidente sbotta e rifiuta domande. Il quotidiano lo accusa: «Danneggerà i dem».Senza vergogna. Lo scandalo dei documenti classificati continua ad aggravarsi. E, anziché chiedere scusa, Joe Biden ha parlato in modo arrogante e risentito. Interpellato sulla questione mentre si trovava in California a causa delle recenti alluvioni, ha dichiarato: «Penso che scoprirete che non c’è niente lì. Non ho rimorsi, sto seguendo quello che gli avvocati mi hanno detto che vogliono che io faccia». «Abbiamo scoperto che una manciata di documenti è stata archiviata nel posto sbagliato», ha proseguito, per poi lamentarsi della domanda ricevuta sui documenti. «Quello che, francamente, mi infastidisce è che abbiamo un problema serio qui di cui stiamo parlando. Stiamo parlando di quello che sta succedendo e il popolo americano non capisce bene perché non mi fai domande al riguardo», ha detto al reporter che gli aveva chiesto degli incartamenti classificati. Insomma, Biden non si è minimamente scusato, aggiungendo che in fin dei conti si tratterebbe solo di pochi documenti fuori posto. Ma se la situazione fosse così semplice, perché alla fine è stato nominato un procuratore speciale per indagare sulla vicenda? E soprattutto perché la notizia del primo ritrovamento, avvenuto lo scorso 2 novembre nell’ufficio di Washington, è stata tenuta segreta? Il fatto stesso che il presidente abbia detto di fare ciò che gli avvocati gli dicono è abbastanza paradossale. Così come paradossale è il fatto che si lamenti di una domanda che, secondo lui, sarebbe fuori contesto. Sono giorni che ignora le richieste di chiarimento dei giornalisti, mentre i suoi portavoce si trincerano ripetutamente dietro i «no comment». D’altronde, appena l’altro ieri la Casa Bianca si è rifiutata di dire se Biden coopererà con l’indagine recentemente avviata dalla commissione Sorveglianza della Camera. Frattanto anche la stampa un tempo amica comincia a scaricare il presidente. Ieri, il New York Times ha pubblicato un commento che mette in evidenza come lo scandalo rischi di danneggiare il Partito democratico. Tutto questo, mentre un recente sondaggio Quinnipiac ha rilevato che, secondo il 60% degli americani, Biden non si sarebbe comportato in modo appropriato: un campanello d’allarme significativo, soprattutto alla luce del fatto che il diretto interessato avrebbe intenzione di annunciare una ricandidatura il mese prossimo. Non solo: lo stesso New York Times ha riportato che, nelle settimane successive al ritrovamento dei documenti nell’ufficio di Washington, si sarebbe verificata una «cooperazione silenziosa» tra la Casa Bianca e il Dipartimento di Giustizia. Della serie: tutti sapevano ai piani alti dell’amministrazione, ma nessuno ha dato la notizia, fino allo scoop della Cbs il 9 gennaio scorso. Per quale ragione? Ma non è tutto. Il Washington Post ha riferito che gli incartamenti classificati potrebbero essere stati portati nell’ufficio di Washington dall’allora assistente di Biden, Kathy Chung, che è stata ascoltata dagli investigatori federali il 4 gennaio. Lei dice di temere di averlo fatto inavvertitamente. Va comunque ricordato che chi la raccomandò nel 2012 per il posto di assistente all’allora vicepresidente fu il di lui figlio, Hunter. E proprio sull’ufficio di Washington si sta concentrando l’attenzione dei repubblicani. Esso appartiene al Penn Biden Center: think tank che fa capo all’Università della Pennsylvania, nota per aver ricevuto circa 77 milioni di dollari dalla Cina a partire dal 2014. Ricordiamo che questa fondazione fu a lungo guidata da Michael Carpenter, storico consigliere di Biden e da lui nominato ambasciatore statunitense presso l’Osce nel 2021. Quel Carpenter che, in questi anni, ha spesso scritto e twittato, accusando la Lega di legami con la Russia. Peccato che, mentre pontificava, non si è accorto che nei locali del think tank da lui guidato ci fossero documenti classificati indebitamente trattenuti.
«Murdaugh: Morte in famiglia» (Disney+)
In Murdaugh: Morte in famiglia, Patricia Arquette guida il racconto di una saga reale di potere e tragedia. La serie Disney+ ricostruisce il crollo della famiglia che per generazioni ha dominato la giustizia nel Sud Carolina, fino all’omicidio e al processo mediatico.