2023-10-31
Israele libera una soldatessa. Bibi: «È il tempo del conflitto. Non mi fermo, via alla fase 3»
Un’operazione di terra dell’Idf riporta a casa Uri Magidish. Il premier Benjamin Netanyahu: «L’esercito avanza in maniera potente». Eliminati altri quattro capi della formazione islamista.Scatta la fase tre. Questa è la parola d’ordine, la risposta decisa del premier israeliano, Benjamin Netanyahu, a chi chiede di interrompere l’operazione contro le forze di Hamas nascoste all’interno della Striscia di Gaza. «C’è un tempo per la pace e un tempo per la guerra. Ora è tempo di guerra. Ogni Paese civile dovrebbe stare dalla parte di Israele e richiedere il rilascio degli ostaggi da parte di Hamas senza condizioni, Israele non cesserà il fuoco».La strategia è sempre più chiara: «La prima fase era stata quella del contenimento, la seconda un martellamento dal cielo che continua ancora e ora, invece, l’estensione della penetrazione via terra nella Striscia. L’esercito che avanza in maniera misurata, ma molto potente». Dopo le polemiche dei giorni scorsi, inoltre, Netanyahu ha voluto chiarire di avere «piena fiducia» nell’esercito israeliano, rimarcando che la nazione è «unita come non lo è mai stata».Ieri l’Idf ha condotto un’incursione all’interno di Gaza city. Secondo alcuni testimoni sarebbe durata circa un’ora. I carri armati si sono affacciati alle porte della città probabilmente con l’intenzione di tagliare l’asse stradale principale che collega il Nord e il Sud della Striscia. «Decine» di carri armati si sarebbero spinti fino al quartiere di Al Zeitoun. Lì normalmente risiedono oltre 130.000 abitanti, si tratta del quartiere più grande della città. I carri armati, ma anche l’aviazione, avrebbero bombardato l’arteria stradale Salahedine per circa un chilometro, lasciando «ampi crateri» e dopo poco più di un’ora si sarebbero ritirati. La manovra di terra insomma, va avanti. Netanyahu ha chiarito che l’operazione crea possibilità in più per liberare gli ostaggi. Infatti proprio ieri, Uri Magidish, una soldatessa colonnello israeliana rapita lo scorso 7 ottobre è stata liberata dall’esercito israeliano con un’operazione terrestre. Non solo terra, quella di Israele è un’operazione combinata terra-mare-aria. «Nelle ultime ore», ha aggiornato il portavoce militare, «i soldati in combattimenti contro Hamas dentro Gaza hanno sventato tentativi di attacchi da parte di numerose cellule terroristiche che cercavano di colpire le truppe». Inoltre, «sono stati eliminati quattro alti esponenti militari dell’organizzazione terroristica».Intanto continuano i colpi di mortaio provenienti dal Libano. The Times of Israel racconta che i missili puntavano le postazioni militari israeliane, ma al momento non ci sarebbero notizie di feriti. L’Idf ha risposto bombardando con l’artiglieria le zone del Sud del Libano da cui sono stati lanciati gli attacchi. «Voi farete l’errore della vostra vita se deciderete di entrare in pieno nel conflitto. Voi subirete un colpo che non vi potete nemmeno immaginare». Così Netanyahu rivolgendosi ad Hezbollah. I razzi continuano a partire anche da Gaza. Le sirene risuonano nel centro di Israele e anche a Gerusalemme, dove un agente di polizia israeliano è stato ferito in modo grave con un’arma bianca. L’aggressore è stato ucciso sul posto. Secondo una prima ricostruzione, l’attacco è avvenuto nelle vicinanze del rione arabo di Sheikh Jarrah (Gerusalemme Est). L’assalitore dopo aver colpito la guardia di frontiera si è dato alla fuga. Secondo i media è stato inseguito dalla polizia per centinaia di metri finché è stato «neutralizzato» dai colpi degli agenti. La morte dell’uomo non ancora identificato, è stata confermata sul posto. Nel corso del ventiquattresimo giorno di guerra, l’Idf ha condotto un massiccio raid nella città di Jenin, in Cisgiordania. Secondo l’agenzia di stampa palestinese Wafa, l’Idf ha effettuato un’incursione nella città da diverse direzioni, con oltre 100 veicoli militari e due bulldozer, dispiegando cecchini sui tetti degli edifici. Ne sono nati violenti scontri con gruppi di palestinesi armati, durante i quali un uomo è stato ucciso a colpi di arma da fuoco, mentre un altro è deceduto poco dopo a causa delle ferite riportate. Gli altri due, invece, sono morti all’ospedale Ibn Sina di Jenin, il cui muro esterno, secondo fonti locali, sarebbe stato parzialmente danneggiato da un bulldozer delle Idf. Lì gli esperti riferiscono che «la popolarità di Hamas è cresciuta in Giudea, Samaria e in Cisgiordania, anche se non governa quella zona». A esser colpita non è stata solo Israele ma anche le basi americane presenti in Medio Oriente. I funzionari della Difesa americani ne hanno contati 23 solo tra il 17 e il 30 ottobre: 14 in Iraq e nove in Siria. A Gaza la situazione umanitaria continua a peggiorare. Solo ieri nella Striscia sono entrati, passando per il valico di Rafah (che l’Egitto continua a tenere chiuso per i palestinesi che intendono fuggire), 33 camion con rifornimenti d’acqua, cibo e medicinali. Ste'phane Dujarric, portavoce del segretario generale dell’Onu, nel corso del briefing quotidiano con i media ha spiegato: «Questo è il più grosso convoglio di aiuti umanitari dal 21 ottobre, quando venne consegnata una limitata fornitura di aiuti».
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Il Comune di Merano rappresentato dal sindaco Katharina Zeller ha reso omaggio ai particolari meriti letterari e culturali della poetessa, saggista e traduttrice Mary de Rachewiltz, conferendole la cittadinanza onoraria di Merano. La cerimonia si e' svolta al Pavillon des Fleurs alla presenza della centenaria, figlia di Ezra Pound.