2023-05-09
Sala mette nel mirino la casa: minaccia la proprietà privata per stangare gli affitti brevi
Beppe Sala (Getty Images)
Invece di procedere contro le occupazioni, Palazzo Marino vuole estendere il modello Venezia: altra batosta sul mattone. Anna Maria Bernini gli dà spago: «Tavolo sul caro prezzi».Tende nei parchi milanesi come le sardine di Bologna. Pd e primo cittadino meneghino, Giuseppe Sala, colgono al volo la protesta (palesemente artificiale) degli studenti che dormono nel piazzale del Politecnico per alzare il tiro e scaricare sul governo e sui privati cittadini il problema del caro affitti e della difficoltà di reperire alloggi. «Il tema del caro affitti per i giovani in città dovrebbe sentirlo il governo», perché «Milano in realtà anticipa, ma questo è un problema che ci troviamo un po’ ovunque», ha detto ieri mattina Sala, a margine dell’apertura del Forum del cibo alla Fondazione Feltrinelli. «Da un lato diciamo che abbiamo pochi universitari, ma dall’altro bisogna trovare le condizioni per farli studiare. Noi il problema ce l’abbiamo però mi sembra che si stia diffondendo rapidamente», ha precisato il sindaco. Invece di mandare a Sala una raccomandata piccata, è intervenuto in serata il ministro dell’Università, Anna Maria Bernini, annunciando di aver dato il via a un gruppo di lavoro. «Ai tecnici» si legge nella nota, «è chiesto di individuare il costo medio calmierato per ogni posto letto a livello territoriale, tenendo conto dei valori di mercato di riferimento, delle tipologie degli immobili e del livello di servizi offerti. Il tutto con uno sconto del 15%». Sappiamo che lo schema non porterà a nulla e per certi versi ciò ci conforta, visto il rischio insito in una iniziativa che ricorda tanto il tetto al prezzo del gas. Purtroppo una tale posizione del governo sembra favorire un’altra follia che cova sotto gli scranni dei sindaci. «Riguardo a un intervento sulla questione degli affitti brevi, sicuramente lo faremo», ha detto sempre ieri Sala. «C’è una concorrenza che non voglio definire sleale perché l’economia funziona su domanda e offerta ma che fa danno alle città», ha aggiunto. «Bisogna intervenire anche su quello, c’è un precedente che è Venezia, quello che chiediamo che venga estesa a tutte le grandi città», ha concluso mettendo una lapide sul concetto stesso di libertà e di proprietà privata. L’idea dell’ex manager di Expo è quella in poche parole di copiare regolamenti comunali già applicati a Venezia e in fase di messa a terra a Firenze. Nel luglio del 2022 alla Camera è passato un emendamento, riferito alla città di Venezia, che ha consentito al Comune di «integrare i propri strumenti urbanistici […] per individuare […] i limiti massimi e i presupposti per la destinazione degli immobili residenziali ad attività di locazione breve». L’obiettivo dichiarato è quello di favorire l’offerta degli affitti residenziali a lungo termine (e tutelare il patrimonio storico artistico) e l’emendamento prevedeva per il Comune la possibilità di individuare i «limiti massimi e i presupposti» che consentono di destinare le case alla locazione breve. Tenendo conto della funzione di «integrazione al reddito» per chi mette in affitto una sola unità immobiliare. Inoltre, il sindaco di Venezia ha la possibilità di stabilire che l’affitto per più di 120 giorni all’anno sia subordinato al cambio di destinazione d’uso e della categoria. In pratica, si applica lo schema sperimentato durante la pandemia. Non vieto un diritto costituzionale, ma rendo al cittadino praticamente impossibile la sua stessa fruibilità nei fatti.Inutile dire che Venezia ha la scusa del turismo di massa, la pressione dei proprietari di alberghi che sono interessati a limitare la concorrenza di Airbnb e una pressione abitativa nemmeno paragonabile a quella di Milano. Numerosi deputati del Pd da ormai un anno stanno facendo quadrato per far estendere le scelte di Venezia anche a Firenze e Bologna. L’obiettivo è chiaro: far successivamente introdurre una legge che consenta l’esproprio delle case sfitte o non adeguate agli standard di sicurezza. L’uscita di Sala lascia però doppiamente basiti. Come può pensare di applicare il divieto di fatto degli affitti brevi in una grande città come Milano senza pensare che il collo di bottiglia non finisca con il far schizzare i prezzi ulteriormente all’insù? In seconda istanza: nessuno accenna minimamente a compensare la mancata disponibilità del bene con un taglio delle tasse. Per di più, nella corsa a penalizzare il privato senza realizzare alcun obiettivo che compete al pubblico (per esempio, costruire ostelli per studenti fuori Milano e collegarli con i mezzi pubblici) ci si dimentica che anche la giustizia latita. Secondo i dati più recenti ci sono circa 500.000 inquilini morosi in tutta Italia. Dovrebbero essere sfrattati. È chiaro che siamo di fronte anche a un enorme problema sociale. Vittime della pandemia e poi della crisi economica, molte famiglie adesso sono schiacciate dal rialzo dei tassi. Andrebbero aiutate, ma non spetta ai proprietari di case (peraltro non esenti dalle asperità di questa fase): spetta a Comuni, Regioni e governo. Su questo Sala tace. D’altronde il suo modello di città prevede una classe facoltosa dentro la prima cerchia e poi, adottando un termine anacronistico, una massa di proletari che abita una grande periferia fatta di mobilità ridotte e prezzi iperinflattivi. Per evitare che tale incubo si realizzi e poi contagi il resto d’Italia, bisognerebbe per prima cosa fermare la propaganda sinistra che scarica le colpe sul mercato e sui proprietari di immobili.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson