Cipollone, comitato dell’Eurotower, chiede di non mollare questo modello di transizione verde per abbattere l’inflazione. L’effetto però sarà l’opposto. Obiettivo: unione dei capitali e maggiore controllo dei soldi privati.
Cipollone, comitato dell’Eurotower, chiede di non mollare questo modello di transizione verde per abbattere l’inflazione. L’effetto però sarà l’opposto. Obiettivo: unione dei capitali e maggiore controllo dei soldi privati. La Bce entra a gamba tesa nel dibattito sulla transizione ecologica. E lo fa, guarda caso, a due settimane dal voto per il rinnovo del Parlamento europeo, con un messaggio che suona come una sorta di invito-minaccia. A quanti fossero tentati da una maggioranza che promette un cambio di rotta del Green deal, la Banca centrale lancia un avvertimento: badate perché l’inflazione potrebbe rialzare la testa se si deraglia dal binario delle politiche sul clima. Un monito che suona sospetto, per il tempismo e i toni, in un momento in cui l’Europa ha toccato la curva più bassa dell’inflazione. Il surriscaldamento climatico provoca una serie di effetti a catena sul sistema economico, a cominciare dai rischi finanziari per le Banche centrali, è il warning della Bce. Il punto di caduta di questa tesi è arrivare all’unione dei capitali privati, unica soluzione per evitare l’indebitamento dei bilanci pubblici.L’allarme è stato lanciato durante il Festival dell’Economia a Trento, organizzato dal gruppo Sole 24 Ore e Trentino marketing, dal membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea, Piero Cipollone. Con poche ma perentorie parole, ha disegnato uno scenario drammatico: «Il cambiamento climatico sta accelerando e ha implicazioni importanti per le Banche centrali perché incide sull’inflazione e sull’esposizione agli shock dell’offerta, riducendo il prodotto potenziale e la crescita della produttività. Inoltre genera rischi finanziari per il bilancio delle Banche centrali». Come dire che bisogna accelerare sulla strada già segnata e che ogni esitazione sarà pagata a caro prezzo, ovvero con il rischio di recessione, di pericolo per la solidità della finanza e quindi della capacità delle banche di rispondere alla domanda di credito e di finanziamenti da parte del sistema industriale. Cipollone sottolinea che «l’urgente necessità di combattere il cambiamento climatico non può essere enfatizzata abbastanza. Avremmo dovuto agire ieri, e non possiamo certamente permetterci di aspettare domani». Cioè quello che è stato fatto dall’ex vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, come obiettivi stringenti per la decarbonizzazione, è un pannicello caldo, servirebbe di più. E aggiunge che l’Europa «è a un bivio: possiamo scegliere di non agire e ritrovarci intrappolati in un circolo vizioso di continua reazione a crisi sempre più gravi, oppure possiamo attivarci e cercare di prevenire l’emergere di nuove crisi climatiche ed energetiche tramite politiche solide e coordinate». Parole che suonano come un chiaro invito a votare chi fino a ora è stato paladino di questa strategia. La Bce, uscendo dalla sua mission istituzionale, sembra vestire i panni dello sponsor di una lista unica green.Avanti tutta quindi per consegnare l’Europa totalmente nelle mani della Cina, monopolista di quelle materie prime necessarie alla transizione ecologica che da tempo il Vecchio continente si è rifiutato di estrarre nelle sue miniere, chiuse una dopo l’altra per le proteste degli ambientalisti. Il conflitto ucraino ci ha insegnato quanto siamo ancora dipendenti dalle fonti energetiche della Russia e come basta chiudere un gasdotto per far schizzare i prezzi; altro che inflazione da clima. Piaccia o meno la realtà è che Pechino e Mosca fanno il bello e il cattivo tempo sul mercato delle materie prime e l’accelerazione degli obiettivi della decarbonizzazione anziché abbattere, getta benzina sull’inflazione. «A Roma si dice: curare la sete con il prosciutto. Vorrei ricordare che quando l’inflazione è partita sia la Bce sia la Fed l’hanno definita Greenflation cioè inflazione da costi delle tecnologie rinnovabili», commenta l’analista di energia Enrico Mariutti, «Le istituzioni europee non vogliono accettare il fatto che per far funzionare la transizione energetica, più che gli incentivi fanno effetto i paletti che mettiamo allo sviluppo dell’industria fossile e alla mobilità tradizionale. La Ue ha deciso che i combustibili fossili e le auto devono diventare obsolete ma la transizione non si fa a tavolino. Anche due media sostenitori di politiche green, come il Guardian e la Cnn, ammettono che la transizione pone problemi». Quanto al rischio sulla produttività, ventilato da Cipollone, l’esperto risponde che «mettere paletti all’industria fossile significa soffocare l’economia globale che è prevalentemente alimentata dal fossile. Inoltre, siccome queste fonti energetiche sono considerate inquinanti, le banche applicano alti tassi per finanziare gli investimenti nel settore. Con il risultato di essere sempre più dipendenti da quei Paesi che non hanno lacci ecologisti». Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity, società di consulenza sulle materie prime, sostiene che «in un contesto di crescente tensione con a Russia parlare di transizione climatica è fuori dal mondo. Oggi la priorità dovrebbe essere l’aumento delle spese della difesa, non di quelle della politica energetica. La ricetta della Bce va invece nella direzione di incrementare la dipendenza nei confronti della Cina e aumentare i prezzi dell’energia». Per Torlizzi la mission della Banca centrale «dovrebbe essere di sostenere gli investimenti poiché, tra Difesa e transizione energetica, i conti pubblici sono sottoposti a un forte stress. Invece di fare la maestrina che mette i voti, la Bce dovrebbe seguire la strategia della Federal reserve, cioè ragionare su una politica monetaria ibrida che da un lato gestisca l’inflazione, agendo sui tassi d’interesse a breve, e dall’altro lavori sui tassi a lungo termine controllandone i rialzi per consentire gli investimenti».
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