
Washington reagisce alle pratiche sleali di Xi Jinping nel settore marittimo. Allo studio nuove tasse portuali.Dopo l’industria dell’auto ora è la volta della cantieristica navale. La concorrenza sui mari è diventata serrata dopo che, con la guerra in Ucraina, alcuni passaggi delle merci via terra sono stati bloccati. Ma è già prima del conflitto scatenato da Mosca che la Cina ha capito l’importanza strategica dell’industria navale e, come per l’auto, il governo di Pechino non ha lesinato in aiuti economici per facilitarne lo sviluppo. La Reuters ha pubblicato l’esito di una lunga indagine condotta dall’amministrazione Biden dalla quale è emerso che la Cina utilizza politiche e «pratiche sleali» per dominare il settore della logistica e della cantieristica navale. L’indagine è partita nell’aprile 2024 su iniziativa della rappresentante del commercio degli Stati Uniti su richiesta dell’United Steelworkers e di altri quattro sindacati ai sensi del Trade act del 1974, che consente agli Stati Uniti di penalizzare i Paesi stranieri colpevoli di danneggiare il commercio americano. Secondo il report, di cui Reuters ha avuto conoscenza tramite alcune fonti, Pechino avrebbe attivato una serie di strategie per avvantaggiare la sua industria marittima, dal sostegno finanziario a una politica protezionistica per sbarrare la strada a imprese straniere, al furto di proprietà intellettuale. A questi fattori si aggiunge che sarebbe stato abbattuto il costo del lavoro nel settore per essere più competitivi. L’indagine cita anche alcuni dati che fanno capire la posta in gioco di questo scontro. L’industria globale navale ha un valore di 150 miliardi di dollari e Pechino avrebbe raggiunto nel 2023 il controllo di oltre il 50% del mercato da circa il 5% nel 2000, anche grazie agli ordini dall’estero - compresi quelli di Paesi europei - che rappresentano il 64% della sua produzione mentre la quota dei costruttori navali degli Usa è scesa al di sotto dell’1%. Secondo quanto rilevato da Clarksons research, nel 2023 la Cina da sola avrebbe prodotto più della metà delle navi commerciali costruite a livello mondiale. Dopo la Cina, a seguire vengono la Corea del Sud con il 26% e il Giappone con il 14% della produzione mondiale, mentre l’Europa si fermerebbe al 5%. Nella conquista di questa posizione di dominio, avrebbero influito soprattutto i sussidi governativi. Pechino è in competizione soprattutto con la Corea del Sud e il Giappone. Il report sarà sul tavolo dell’amministrazione Trump e potrebbe fornire l’occasione per imporre tariffe e tasse portuali alle navi made in China, come peraltro chiesto dai sindacati. Una delle sue prime conversazioni da presidente eletto è stata rivolta al presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol: i due leader hanno parlato non di auto elettriche e nemmeno di microchip, ma di shipbuilding. La cantieristica navale potrebbe diventare presto uno dei pilastri della relazione fra Washington e Seul. Peraltro Trump, nel corso del primo mandato, ha usato lo stesso Trade act per imporre dazi su centinaia di miliardi di dollari di importazioni provenienti da olte la Grande muraglia. Una decisione maturata dopo che da un’indagine era emerso che Pechino si stava appropriando dei brevetti americani e stava trasferendo la tecnologia Usa alle sue imprese. Reuters cita il parere di alcuni esperti, secondo i quali di certo non basteranno le maggiori tariffe per risollevare l’industria cantieristica e marittima degli Stati Uniti, un tempo potente; piuttosto sarà un processo che richiederà decenni e l’impiego di decine di miliardi di dollari. Donald Trump, in un intervista radiofonica a Hugh Hewitt, ha detto che gli Stati Uniti potrebbero essere costretti a rivolgersi agli alleati per la costruzione di navi necessarie alla flotta militare. Il nuovo consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, Mike Waltz, nel precedente mandato, prima di dimettersi dal Congresso, aveva affrontato la questione e aveva redatto un disegno di legge bipartisan, insieme al senatore democratico Mark Kelly, per ridare impulso all’industria cantieristica navale. Gli Usa attualmente dispongono solo di 20 cantieri a fronte degli oltre 300 attivi nei primi anni Ottanta. Anche la produzione dell’Unione europea è precipitata. Eppure Italia, Francia e Germania restano rispettivamente quinta, sesta e settima in classifica con numeri inferiori (l’Italia ha lo 0,62% del mercato), ma di fondamentale eccellenza strategica.L’avanzata cinese è un tema emergenziale per chi si occupa di sicurezza perché quasi tutte le industrie navali cinesi lavorano in stretta collaborazione con la Difesa. Colossi come la China cssc holdings, la China shipbuilding industry (che a settembre scorso hanno annunciato la fusione) e la Jiangnan shipyard sono di proprietà del governo di Pechino. Oggi la Jiangnan shipyard ha una capacità tale da raggiungere da sola la stessa produttività di tutti i cantieri americani e si sa che ci sono container con capacità missilistiche e che navi civili hanno un uso militare da parte della Cina, per esempio nel Mar cinese meridionale.
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