2020-10-16
Barrett icona della donna moderna che sa coniugare famiglia e carriera
Amy Coney Barrett (Getty images)
Il giudice che Donald Trump vuole alla Corte suprema rappresenta il nuovo femminismo. Che riporta al movimento delle origini, quando la maternità era funzione sociale da tutelare e l'aborto una «grossolana perversione».Si consuma in questi giorni, negli Usa, un grande scontro che molti, forse, non comprendono appieno: quello tra Kamala Harris, potenziale vicepresidente del Paese, e il giudice Amy Vivian Coney Barrett, candidata alla Corte suprema. La prima viene definita, sui media di tutto il mondo, «femminista», mentre la seconda è dipinta come una donna davvero bizzarra, che con la sua idea di fede, la sua devozione alla famiglia (è sposata ed ha sette figli) e la sua contrarietà all'aborto, rinnega, incredibilmente, tutte le «conquiste» del femminismo.In verità la questione è più complicata, come dimostrano per esempio le dichiarazioni di Erika Baciochi, nota esponente di quello che potremmo definire «femminismo cristiano»: «La Barrett racconta che, per entrambi i genitori, i bisogni dei figli vengono per primi, le carriere per seconde, eppure prosperano sia i figli che le carriere. I Barrett riconoscono che sia le madri sia i padri sono investiti dalle responsabilità verso i figli che dipendono da loro. Questo è il nuovo femminismo».Per comprendere perché la Baciochi affermi anche che la Barrett «incarna un nuovo tipo di femminismo», bisogna momentaneamente dimenticare cosa è stato il femminismo che ha trionfato a partire dagli anni Settanta del Novecento e riandare a quello originario. Nell'Inghilterra di fine Ottocento, i movimenti femministi hanno come modelli personaggi devoti e caritatevoli come le infermiere Elizabeth Fry (1780-1845) e Florence Nightingale (1820-1910); come Louise Twining (1820-1912), Angela Georgina Burdett-Coutts (1814-1906) - «la più ricca erede d'Inghilterra», dedita alla costruzione di chiese e case per prostitute, ex detenute ed operaie -, Ellen Raynard (1810-1879), e Josephine Butler (1828-1906), anglicana devotissima, impegnata nella lotta per il suffragio femminile e accanita avversaria della prostituzione, soprattutto minorile.Oltre a una notevole partecipazione alla vita sociale e al desiderio di partecipare anche alla vita politica, nelle prime rivendicazioni «femministe» si afferma l'idea che «il lavoro e la maternità non potevano e non dovevano cumularsi, almeno nelle prime fasi della maternità».In questo femminismo, definito anche «femminismo materno» o «maternalismo femminista», la maternità, esaltata, viene per lo più vista non come «una questione isolata, bensì come la condizione unificante del sesso femminile». Tra il 1890 e il 1920 circa, la maggior parte delle femministe, di qualsiasi colore politico, ritiene il lavoro domestico e la cura dei figli un compito primariamente femminile, rivendicando però il riconoscimento di maggior dignità al lavoro di madre e di casalinga: le madri che allevano i figli svolgono una funzione sociale importantissima, che deve essere riconosciuta anche economicamente. Il lavoro domestico non è una questione privata, ma pubblica; non è degradante, ma essenziale per la famiglia e la società.Per la femminista tedesca Kate Schirmacher (1865-1930), «le donne non hanno bisogno, per l'emancipazione, di aggiungere un'altra forma di sfruttamento, cioè quella del lavoro malretribuito», ma che la società conceda il «riconoscimento sociale, politico ed economico del lavoro domestico». Secondo la francese Nelly Roussel (1878-1922), le madri hanno diritto al «giusto salario per il nobile lavoro materno», mentre un'importante femminista norvegese, nel 1918, chiede di rendere «il lavoro femminile più pagato» proprio quello delle madri. Per l'inglese Alys Russell (1867-1951), moglie di Bertrand Russell, i socialisti sbagliano a «considerare le donne più come lavoratrici industriali che come madri».Questa difesa della maternità, che comprende quasi sempre la condanna dell'aborto, appartiene anche alle femministe più laiche e progressiste, come la milanese Ersilia Majno (1859-1933), vicina al partito socialista: per lei «la maternità è la prima e più forte connotazione dell'identità femminile, per questo va protetta e tutelata». Allo stesso tempo, come quasi tutte le sue compagne di fede, era schierata contro l'aborto, sostenendo facesse parte dello sfruttamento sessuale e del degrado delle donne.Proprio riguardo all'aborto, che per Kamala Harris è il primo dei diritti e per la Barrett un'evidente sconfitta per ogni donna, pochi ricordano che le pioniere del femminismo in America non lo consideravano affatto come una conquista necessaria all'emancipazione. Elizabeth Cady Stanton si riferiva all'«assassinio di bambini, prima o dopo la nascita» come un «male, sempre»; Elizabeth Blackwell (1821-1910), la prima donna medico degli Stati Uniti, si è sempre schierata contro l'aborto, una «grossolana perversione»; Susan B. Anthony (1820-1906) scriveva che l'aborto era un sistema per deresponsabilizzare gli uomini e la società rispetto al problema della gravidanza indesiderata: «Sarà un peso sulla coscienza della donna per tutta la vita: quando invece è tre volte più colpevole lui, che l'ha spinta alla disperazione, che l'ha spinta al crimine!». Ma torniamo alla Barrett. Spopola, in rete, una sua foto con tutta la sua famiglia: una foto in cui ci sono un uomo e una donna, alleati e non avversari, non in competizione tra loro, ma in reciproco sostegno. Per i pro life di tutto il mondo quella foto è più di un manifesto: in essa c'è una vera donna di diritto (il diritto è quello del più debole); c'è una donna di fede: è evidente la fiducia nella vita anche dietro il velo della malattia (un figlio è down, e non è stato scartato); c'è una donna di carità: l'amore è anzitutto verso il prossimo, colui che ci è vicino. Chi respinge il vicino, il figlio, amerà davvero i lontani? Chi dice di amare i lontani e disprezza il prossimo non è credibile. Chi si riempie la bocca dei poveri, e poi elogia l'aborto, misconosce il più piccolo e il più povero tra gli uomini, il cucciolo d'uomo. Invece chi ama il prossimo (cosa non sempre facile), si apre anche agli altri (la Barrett ha due figli neri adottati).Quella foto dice, più di mille parole, che aprirsi agli altri non ci toglie nulla, perché è donando che si riceve; che aprirsi alla nascita, anche quando può generare paura, è rinnovare se stessi; che sacrificarsi, donarsi ai figli, non impedisce neppure la carriera, perché quando si vive non solo per se stessi, ma anche per gli altri, solo allora si vive pienamente.
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello (Imagoeconomica)
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello: «Dopo il 2022 il settore si è rilanciato con più iscritti e rendimenti elevati, ma pesano precariato, scarsa educazione finanziaria e milioni di posizioni ferme o con montanti troppo bassi».