2018-10-15
Banca etica punta milioni sull’esodo biblico
Non solo la Mediterranea, la nave taxi dei Vip: l'istituto presta fondi a molte iniziative per gli stranieri. E giudica «gravissimo e miope» l'intento del governo di smantellare il sistema Sprar, «un'occasione di crescita collettiva» che «porta ricavi alle piccole imprese locali». La crisi dell'ultimo decennio ha lasciato in eredità un interrogativo drammatico: è possibile una finanza sostenibile? Nel 2016 è stato introdotto in Italia un quadro normativo che definisce gli operatori di finanza etica. Tra di essi vi è Banca popolare etica. Nata nel 1999, oggi conta 42.000 soci, 54.000 clienti, una raccolta pari a 1,45 miliardi di euro e impieghi per circa 900 milioni. L'utile netto al 2017 è stato pari a 2,27 milioni di euro, i finanziamenti accordati pari a 1.115 milioni, e le operazioni di microcredito stipulate 290 per un totale di 4,4 milioni. Numeri ancora molto contenuti rispetto alle «giganti» del credito, ma c'è chi considera Banca etica un faro nella nebbia. Tra di essi vi è don Francesco Soddu, direttore della Caritas italiana, che negli ultimi tempi ha aumentato la partecipazione nell'istituto, motivando la scelta con «l'evidente coerenza di vedute e di valori che mettono al primo posto i diritti delle persone e la tutela del creato e l'impegno a costruire un sistema economico che non sacrifichi le persone e l'ambiente in nome dei profitti di pochi». C'è un altro fattore, però, che accomuna Caritas e Banca etica. Giova ricordare che don Soddu è lo stesso prelato che ha difeso i cinquanta extracomunitari della Diciotti spariti da Rocca di Papa definendo la loro fuga un semplice «allontanamento volontario». È sufficiente fare un giro sul sito della banca per rendersi conto che molte delle iniziative e organizzazioni finanziate ruotano intorno alla galassia migranti. L'ultima in ordine di tempo, e forse anche la più importante, riguarda la nave battente bandiera italiana Mediterranea, la quale (testuali parole) opera «nell'assenza di soccorsi generata dalle recenti politiche italiane ed europee». Banca etica ha concesso un sostanzioso prestito, pari a 460.000 euro, servito per avviare la missione e acquistare la nave. Del comitato promotore fanno parte l'Arci, l'associazione Ya basta Bologna, l'Ong Sea watch e il magazine I Diavoli, del finanziere Guido Mario Brera, marito di Caterina Balivo. Risultano coinvolti nel progetto anche Nichi Vendola e Nicola Fratoianni, Erasmo Palazzotto e Rosella Muroni, parlamentari di Leu. L'istituto promuove inoltre il crowdfunding (cioè la raccolta fondi pubblica), che ha un target di 700.000 euro (per adesso sono stati raccolti poco meno di 130.000 euro).«Un'operazione in linea con quei valori che ci hanno portato in questi anni a finanziare, per circa 70 milioni di euro complessivi, centinaia di realtà che operano per un'accoglienza degna nel nostro Paese», ha dichiarato il presidente Ugo Biggeri nel corso di una recente intervista. Rispondendo sul sito a un commento di un utente che lamenta il supporto dell'istituto a realtà potenzialmente coinvolte nella tratta di esseri umani, un amministratore risponde che «da molto tempo Banca etica ha preso esplicitamente posizione a favore delle Ong che si occupano di salvataggio di migranti; da sempre finanziamo i progetti di accoglienza e integrazione (come gli Sprar) che ci sembrano più efficaci nel coniugare l'integrazione dei rifugiati e le esigenze delle comunità che li accolgono». In un altro post, la banca dichiara di aver «finanziato 117 organizzazioni in questo settore, per un totale di oltre 73 milioni di euro che hanno permesso l'accoglienza e l'inserimento di circa 15.000 rifugiati». Più avanti si legge che «Banca etica giudica gravissimo e miope l'orientamento del governo italiano che vorrebbe smantellare il sistema degli Sprar». Segue poi una sviolinata nei confronti del sindaco di Riace, Mimmo Lucano. Gli illeciti vanno contrastati con fermezza ma, precisano gli autori, «è altrettanto fondamentale che tale eventualità non metta in discussione l'importanza delle migliori pratiche ed esperienze di accoglienza, come quella - riconosciuta a livello internazionale - di Riace».Nell'elenco delle realtà finanziate troviamo, tra le altre, l'impresa sociale Less di Napoli, che fornisce accoglienza a 250 migranti, e che Banca etica sostiene con 250.000 euro (tra anticipo fatture e anticipo contratti), o l'Arab center for agricultural development, che eroga microcredito in Palestina, e in favore del quale l'istituto ha appena deliberato un finanziamento di 500.000 euro. Ci sono poi l'associazione La kasbah di Cosenza che si occupa dell'accoglienza in Calabria, la cooperativa sociale Pathos di Caulonia (Reggio Calabria), alla quale Banca etica anticipa l'80% del budget annuale necessario, la cooperativa Il melograno di Benevento, che beneficia di fidi e anticipi bancari. Tutte realtà attivissime nel settore degli Sprar, definito «un'occasione di crescita collettiva» che «porta denaro alle piccole imprese locali».Un business che fa leva su una squadra di amministratori particolarmente esperta in questo campo. Il presidente Biggeri arriva da Mani tese, Ong che opera in Africa, Asia e America latina, così come il membro del cda Sabina Siniscalchi, che è anche consigliera dell'Ong Oxfam. Nicoletta Dentico, altro membro del consiglio, ha militato per lungo tempo in Medici senza frontiere, della quale è stata direttrice dal 1999 al 2003.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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