Il costituzionalista Vincenzo Baldini: «Il Quirinale ha funzioni di stimolo all’attuazione della Costituzione. O di freno verso eventuali esacerbazioni. Il capo dello Stato è molto attivo, come nella telefonata all’Eliseo. L’anomalia della sua rielezione gli conferisce eccedenza politica».
Il costituzionalista Vincenzo Baldini: «Il Quirinale ha funzioni di stimolo all’attuazione della Costituzione. O di freno verso eventuali esacerbazioni. Il capo dello Stato è molto attivo, come nella telefonata all’Eliseo. L’anomalia della sua rielezione gli conferisce eccedenza politica».Si assiste ultimamente ad un certo attivismo da parte del capo dello Stato, con esternazioni e gesti che sembrano voler orientare il governo. Abbiamo chiesto il parere di Vincenzo Baldini, professore di diritto costituzionale presso l’università di Cassino e del Lazio meridionale.È una lettura esagerata o, da costituzionalista, lei osserva qualcosa di anomalo?«Non è facile ritagliare in maniera netta la sfera di competenza del capo dello Stato secondo la nostra Costituzione: è più facile identificare un ruolo costituzionale del capo dello Stato, rispetto al quale si possono misurare certe condotte. Questo ruolo è sicuramente dinamico e non confinabile nella “apoliticità” dell’organo, anche se non deve sfociare nella partigianeria politica. Si tratta dunque di una figura istituzionale super partes, a cui la Costituzione affida compiti di rappresentanza dell’unità nazionale e di interlocuzione con tutti i poteri dello Stato: legislativo, esecutivo, giudiziario.Le dinamiche di funzionamento di questo ruolo risentono però dello stato di salute dell’ordinamento e delle istituzioni: nelle fasi di crisi si accentua la posizione “attiva” o di interlocutore dei poteri svolta capo dello Stato, mentre nei momenti di normalità istituzionale la sua posizione è più quiescente seppur non marginale. Ovviamente nessun potere impedisce al capo dello Stato di svolgere funzioni di stimolo e impulso all’attuazione della Costituzione, o di controllo e freno verso eventuali esacerbazioni o tracimazioni politiche: questo non può essere considerato un attivismo eccessivo, visto che il paradigma è l’interesse costituzionale che muove la sua azione.Come diceva Paolo Barile, autorevole costituzionalista del secolo scorso, il capo dello Stato può esercitare la funzione di indirizzo politico costituzionale distinta da quella di indirizzo politico di maggioranza, che è riservata al Parlamento e al Governo.I due indirizzi si muovono paralleli e non ci possono essere interferenze dell’azione del capo dello Stato sulla linea politica di maggioranza, se non quando siano a rischio l’unità nazionale o principi e diritti costituzionali».Su questo sfondo, come giudicare la telefonata del presidente Mattarella al suo omologo francese Macron, a quanto pare non concordata con il presidente del Consiglio? La politica estera non è di competenza di chi siede a Palazzo Chigi?«Senza scendere nel merito dei contenuti della telefonata, ciò che il capo dello Stato non può fare è interferire in un’azione politica di maggioranza, cioè discutere di temi e posizioni strettamente legati alla condotta politica della maggioranza. Verrebbe infatti meno alla sua funzione di organo neutrale e diverrebbe un organo politicamente partigiano, cosa non voluta dai costituenti. Il punto è che noi ci troviamo in una situazione anomala, seppur costituzionalmente non vietata: una rielezione del capo dello Stato. Per prassi, chi svolge un ruolo di così alto profilo di garanzia costituzionale, non dovrebbe andare oltre la durata di un mandato, che durando sette anni è già abbastanza lungo. Un secondo incarico conferisce inevitabilmente al capo dello Stato una eccedenza di potere politico che egli, anche inconsapevolmente, finisce per esercitare».L’errore sta quindi a monte?«Esatto: il capo dello Stato non andava rieletto proprio per costume costituzionale. Ci voleva una figura nuova che rivestisse questo ruolo».In questo caso vale evocare - come si è fatto spesso in questi due anni - l’eccezionalità della fase di emergenza che il Paese ha attraversato?«No. Purtroppo l’emergenza è diventata il passe-partout per spingere oltre l’intrinseca elasticità dei ruoli e degli istituti costituzionali. Ma l’emergenza non può coinvolgere l’azione di indirizzo politico costituzionale. Il capo dello Stato su questo non ha alibi: non può essere considerato il gestore della crisi. Accadeva nella Costituzione di Weimar, che in caso di crisi prevedeva la concentrazione di tutti i poteri nelle mani del capo dello Stato: sappiamo come è finita…».Tornando alla Francia, per rafforzare la cooperazione bilaterale Draghi siglò il Trattato del Quirinale, sotto la benedizione del Colle: una prassi corretta?«La Costituzione prevede che i trattati internazionali siano sottoscritti dal governo. Il capo dello Stato non può sottoscrivere trattati né incoraggiarne la conclusione, perché è una scelta che spetta alla maggioranza politica. Un trattato è un atto politico e un governo deve aver la libertà di scegliere se aderirvi o meno. La Costituzione prevede unicamente che il capo di Stato ratifichi i trattati internazionali su autorizzazione delle Camere.Il Trattato del Quirinale non può certo trasformare la posizione costituzionale del capo dello Stato in un organo di azione politica». Qualcuno coglie un atteggiamento paternalista del presidente Mattarella verso il governo. Lei lo vede?«Non credo che la premier abbia bisogno di tutori che ne garantiscano l’affidabilità. Piuttosto: ci si muove all’interno di istituzioni dinamiche e complesse dove la collaborazione ha sempre una dimensione virtuosa e le decisioni spettano comunque al governo, che può smarcarsi quando e quanto vuole dall’impulso che un capo di Stato può dare alla riflessione del presidente del Consiglio. Se invece si dovesse ravvisare un dualismo concorrenziale tra queste cariche, allora si che potremmo dirci fuori da un ordinario svolgimento delle dinamiche costituzionali.Ma al momento non vedo segnali che vadano in questa direzione».
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».
Emmanuel Macron (Ansa)
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.
Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata.







