2022-09-05
Alberto Bagnai: «Meglio fare altro debito ora o sborseremo 100 miliardi»
Alberto Bagnai (Imagoeconomica)
Il senatore leghista: «Non spendere 30 miliardi oggi ci costerà molto di più domani. I prezzi? Salgono perché si produce poco. Alzare i tassi un errore, si uccide l’economia». Senatore Alberto Bagnai quanto è difficile raggiungerla...«È la politica nella pratica. Le cose da fare sono tante e bisogna coordinarsi per farle. Ecco perché i duri e puri, senza un partito alle spalle, avranno vita impossibile. Loro sono in pochi. E soprattutto non sanno cosa fare».«Piccolo spazio pubblicità», cantava Vasco Rossi. Candidato dove?«Collegio di Chieti. Camera dei deputati. Territorio complesso e affascinante. Dal mare alla montagna in un’ora di macchina. Dentro c’è il secondo distretto dell’automotive italiano, la capitale mondiale della pasta, un settore vitivinicolo in espansione, eccellenze nei servizi e nella ricerca… È un collegio uninominale e rappresento la coalizione. Sono fiero di appartenere alla Lega, ma valorizzo sempre il contributo delle altre forze politiche di centrodestra. È un lavoro di mediazione e di sintesi». Qual è invece il paracadute del proporzionale?«Nessuno. Il mio paracadute è il Pd». In Abruzzo si candidano i vip. In un collegio accanto c’è Giorgia Meloni. «Mi sono complimentato con lei. L’ho conosciuta nove anni fa, quando ero un intellettuale di sinistra, anomalo perché ascoltavo tutti. È nato un rapporto cordiale e di rispetto».Molti suoi colleghi si preoccupano più del possibile scostamento di bilancio che non di come aiutare famiglie e imprese con le bollette. «La sintesi è che per non spendere 30 miliardi oggi rischiamo di spenderne 100 domani. In tanti guardano ai fatti economici in modo unilaterale, ma i lati sono sempre almeno due. Il bilancio pubblico è fatto di spese e di entrate. Se oggi non vogliamo spendere per salvare le aziende, domani non riscuoteremo perché le aziende fallite non verseranno imposte. In compenso avremo ulteriori spese sociali per sostenere i redditi dei disoccupati. Questo errore, quello della parsimonia fuori luogo, lo abbiamo già fatto, non mille anni fa bensì due, ed è strano che ci ricaschiamo proprio ora! Scoppiò la pandemia e la Lega chiese uno scostamento da 50 miliardi, ma l’allora ministro Gualtieri disse che ne bastavano 3,7. Risultato: ne abbiamo spesi 165. Fossimo intervenuti subito in maniera più incisiva il conto totale sarebbe stato inferiore».La Bce si prepara ad aumentare i tassi dello 0,75%. Il messaggio è chiaro. L’unica cosa che la politica monetaria può fare in questo momento è distruggere la domanda per far abbassare i prezzi, come uccidere il paziente per abbassare la febbre. Un mondo triste.«Metafora appropriata ancorché macabra. C’è un problema che tanti esperti non hanno ancora ben compreso. I prezzi delle materie prime aumentano perché si interrompono le catene di approvvigionamento e di produzione del valore. I prezzi non salgono perché c’è tanta domanda, ma perché c’è poca offerta. Oggi una stretta creditizia si abbatterebbe sugli investimenti, sul mercato immobiliare e sui consumi di beni durevoli, ma non aiuterebbe il lato dell’offerta. Siamo purtroppo avviati verso questa soluzione a causa di un deficit culturale: ci siamo dimenticati che esiste anche l’inflazione da offerta, quella che abbiamo conosciuto negli anni Settanta. Una politica monetaria restrittiva ora può solo fare danni».Spagna e Portogallo ora sono un «modello» perché regolano meglio i prezzi dell’energia. Gli addetti ai lavori hanno spiegato perché. Non sono interconnessi con il resto dell’Europa ed hanno maggiori margini di libertà. Una sua rivincita sulla retorica globalista.«Una rivincita di Pirro, direi! I fatti danno ragione a chi ha sempre messo in guardia contro gli aspetti potenzialmente critici dell’integrazione economica (non mi limiterei a quella europea), ma il risultato dell’ottusità di alcuni è una catastrofe per tutti. La lezione della pandemia è che gli Stati hanno un interesse strategico a mantenere maggiori margini di autonomia decisionale, un interesse che sovrasta le regole del profitto economico, e che spesso è contrastato dai rapporti di forza politici. Ad esempio, la Germania ha spinto per diventare l’hub energetico europeo, ma forse questo ruolo avrebbe potuto svolgerlo meglio l’Italia, che al centro del Mediterraneo è la naturale porta di ingresso dell’energia che arriva da Africa e Medio Oriente». Nel frattempo, in tanti paesi dell’eurozona l’inflazione è a doppia cifra. Quello che a detta di tante supposte teste pensanti sarebbe stato il destino dell’Italia fuori dall’euro. Altra rivincita. «Anche l’integrazione monetaria, meno diffusa al mondo di quella economica, ha pro e contro. Il dibattito è iniziato un anno prima che io nascessi con un articolo di un futuro Nobel…».Non dia per scontato che io sappia di chi sta parlando.«Mundell, morto di recente. L’articolo è del 1961. Comunque: sui mercati delle materie prime non è raro sperimentare aumenti a tre cifre, dal 100% in su. L’idea implicita in certi “ragionamenti” che aumenti simili potessero essere compensati da rivalutazioni monetarie di pari importo era assurda. Se per compensare un raddoppio del prezzo del petrolio si rivalutasse del doppio l’euro il resto del mondo dovrebbe pagare il doppio i nostri prodotti. Per fortuna non è successo! Quando ho scritto Il tramonto dell’euro quest’ultimo era a 1,32 dollari. Oggi un po’ sotto l’orizzonte della parità. La verità è che per essere sostenibile per le economie mediterranee l’euro si sarebbe comunque dovuto indebolire. Meglio per i nostri imprenditori. Non ne faccio un dramma: l’inflazione non viene da lì». Secondo Montanelli, in Europa i francesi ci entreranno da francesi. I tedeschi da tedeschi. Gli Italiani da europei. Così è stato con il Pd al potere negli ultimi 10 anni. Poi arriva la guerra. E la Germania dice addio - su ordine di Washington - ai suoi «amati» gasdotti con la Russia. L’industria tedesca è a pezzi. Si aspettava i tedeschi così «morbidi»?«Distinguerei i due aspetti del problema. Parto dalla subalternità culturale di noi italiani, che mi ricorda l’atteggiamento di De Gasperi alla conferenza di Parigi: “Sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me”. Atteggiamento irreprensibile in quelle circostanze. Ma forse oggi potremmo smettere di scusarci di essere noi stessi, di cercare la benevolenza dell’interlocutore, e dovremmo rivendicare pari dignità all’interno del progetto europeo. L’ho toccato con mano nella nostra breve esperienza di governo ai tavoli di maggioranza. A ogni richiesta di essere fermi su un certo tavolo, si obiettava che questo ci avrebbe nuociuto in un’altra trattativa. Così, di tavolo in tavolo, il Governo gialloverde arretrava inesorabilmente. Nel pensiero liberale l’ottimo collettivo si raggiunge perseguendo quello individuale. Non c’è un pianificatore che aggiusta le cose. L’operatore economico persegue il proprio interesse e così contribuisce a un fine superiore “che non è parte delle sue intenzioni”, come dice Smith. Quello che vale per il singolo, secondo me deve valere anche per il Paese: essere in Europa per fare i nostri interessi (come fanno gli altri) farebbe il bene dell’Europa».Il secondo aspetto?«Siamo di fronte a un evento geopolitico estremamente traumatico. Che prevalgano considerazioni di questa natura su quelle di politica industriale posso comprenderlo».In caso di vittoria del centrodestra dovrebbe aprirsi una commissione di inchiesta sulla pandemia in Italia. E lei ha predisposto un corposo dossier. Come dovrebbe lavorare la nuova Commissione?«Sarà un Parlamento a ranghi ridotti. Quante commissioni riusciremo a sostenere non sono in grado di prevederlo, ma a due tengo particolarmente. La prima deve riprendere il lavoro della commissione di inchiesta sulle banche, che in questa legislatura non ha affrontato la domanda fondamentale: perché in Italia sono saltate così tante banche nell’ultimo decennio? Poi naturalmente occorrerebbe una Commissione sulla gestione della pandemia, proposta sostenuta anche da Fratelli d’Italia. Abbiamo molto da imparare da questa esperienza. Diffido degli atteggiamenti esagitati di chi chiede una nuova Norimberga o scemenze simili. Vorrei ricordare ai leoni da tastiera che dopo il processo di Norimberga lo Stato tedesco si è ritrovato con una classe dirigente composta prevalentemente da ex nazisti. Più utile approfondire alcuni aspetti emersi anche dalle domande che noi della Lega abbiamo rivolto in audizione: come funziona la farmacovigilanza (se funziona)? Perché si è scelto un approccio totalmente unilaterale nell’affrontare la pandemia? C’erano protocolli di cura alternativi? Poi c’è un tema essenziale: la trasparenza della catena di comando. Chi occupa posizioni chiave nella sanità pubblica deve essere al riparo non solo dai conflitti di interesse, ma anche dal semplice sospetto che possano esservene».Riflessione fuori sacco sul conformismo del dibattito sui media. Dalla moneta ai lockdown. Dai vaccini al cambiamento climatico. La narrazione è sempre la stessa. La moneta unica è bella. I lockdown servono. I vaccini impediscono i contagi. E il clima cambia per colpa dell’uomo. E in tutti questi temi la comunità scientifica sarebbe d’accordo. Ma non è vero. «Come sono solito dire, l’informazione è un bene prezioso e soprattutto costoso. Chi può permettersi di tener su un giornale? Ovviamente questo apre la strada a una potenziale cattura del messaggio da parte di interessi economici. È un fenomeno che guardo con grande serenità, perché relativamente trasparente. Chiunque sa o può facilmente risalire a chi è il proprietario di una testata. Il problema più grande è un altro: quando devi scrivere ogni giorno qualcosa e il tuo lavoro è riempire una pagina, ci sta che ti affidi non tanto a una verifica delle fonti o a una riflessione originale, ma semplicemente ti accodi allo “spin” messo in circolo dalle corazzate dell’informazione. Questo spiega perché dibattiti apparentemente distanti come quello sull’integrazione monetaria e quello sulla pandemia abbiano sostanzialmente lo stesso copione e gli stessi caratteristi».
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)