2018-12-27
Babbo Renzi sotto l’albero a recuperare i regali riciclati da Palazzo Chigi
Dopo lo scoop della «Verità», i doni ricevuti dal premier Rottamatore sono stati ritirati in fretta dalla casa del pensionato toscano in cui erano finiti.Incalzato dal nostro giornale, il portavoce dell'ex premier aveva spiegato che Matteo avrebbe messo online il suo reddito entro il 25 dicembre. Però non sono stati di parola.Lo speciale contiene due articoli Siamo certi che Charles Dickens gli avrebbe dedicato un capitolo del suo Canto di Natale. Infatti ci risulta che Tiziano Renzi, in versione Ebenezer Scrooge, il protagonista del racconto ottocentesco, il 24 dicembre, alla vigilia di Natale, abbia preteso la restituzione di alcuni regali che aveva fatto, tutti oggetti che però, in origine, non appartenevano a lui, ma che erano stati consegnati al figlio Matteo nella sua veste ufficiale di presidente del Consiglio durante incontri istituzionali in Italia e all'estero. Il 24 dicembre questo giornale ha pubblicato un articolo in prima pagina intitolato «Tiziano Renzi fa Babbo Natale con i regali di Palazzo Chigi», in cui veniva svelato che la signora Simona Sette, moglie di Carlo Ravasio, uno stretto collaboratore di Renzi senior, aveva portato otto di questi doni al suo datore di lavoro, un pensionato di un paese vicino, nella cui villetta faceva i mestieri.Ma dopo l'uscita della notizia è scoppiato il putiferio. E i Babbi Natale di Rignano hanno nascosto in fretta e furia gli abiti di scena.La prova? La solenne tirata d'orecchi che avrebbero subito i coniugi Ravasio. La mattina del 24 la moglie si trovava nell'appartamento del pensionato per svolgere il suo lavoro di collaboratrice domestica quando è stata raggiunta da una telefonata del consorte. Una chiamata che ha trasformato la vigilia di Natale in un incubo dickensiano. Ravasio, agitatissimo, ha raccontato di essere a rischio licenziamento e che la compagna doveva immediatamente recuperare tutte le suppellettili provenienti da Palazzo Chigi e che da qualche settimana abbellivano mobili, pavimenti e pareti a casa dell'ottantenne proprietario della villetta. La colf, inviperita, ha eseguito l'ordine, ha recuperato gli arredi e se ne è andata smoccolando. Per meglio comprendere l'impatto di questa vicenda occorre ricordare che il quarantanovenne Ravasio non è un personaggio qualsiasi, ma uno degli uomini di fiducia di babbo Tiziano. Già dipendente della Eventi 6 della famiglia Renzi, è stato consigliere d'amministrazione della cooperativa Marmodiv, fondata da persone di fiducia di Renzi senior, nonché braccio operativo della Eventi 6. La Procura di Firenze ha chiesto il fallimento della Marmodiv e Ravasio è stato indagato e perquisito in un procedimento per bancarotta. Insomma questa storia (poco) natalizia coinvolge la cerchia più ristretta di Tiziano. È facile immaginare che il diktat sia partito direttamente dalla famiglia Renzi e che probabilmente il primo ad arrabbiarsi sia stato l'ex premier, probabilmente all'oscuro del fatto che i regali che aveva portato via da Palazzo Chigi fossero entrati in un giro fuori controllo di omaggi. Tanto che oggetti con il nome di Matteo erano finiti a casa di persone sconosciute all'ex premier. Nell'appartamento del pensionato, come abbiamo raccontato il 24 dicembre, erano finiti uno spadino dei cadetti dell'Accademia di Modena, tre tappeti offerti dalla delegazione del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, un piatto d'argento, un fermacarte ricordo del summit sull'immigrazione della Valletta (Malta) del 2015, la riproduzione del rosone centrale della basilica Santa Maria di Collemaggio dell'Aquila, chiesa danneggiata dal sisma del 2009.Dalla casa è stata portata via anche la piccozza dorata donata a Renzi dal presidente della Regione Valle d'Aosta Augusto Rollandin come «simbolo di eccellenza manifatturiera, nonché simbolo dell'alpinismo». Sul manico della piccozza d'oro era stato intagliato il nome di Renzi. Ieri Rollandin, raggiunto dalla Verità, non ha voluto commentare la notizia.Ma Renzi poteva portare a Rignano sull'Arno i doni ricevuti durante i suoi incontri istituzionali? Il decreto del presidente del Consiglio dei ministri firmato nel 2007 da Romano Prodi è piuttosto stringente: dal primo gennaio del 2008 tutti i membri del governo e i loro famigliari sono obbligati a consegnare tutti gli oggetti ricevuti per il ruolo ricoperto e che abbiano un costo superiore ai 300 euro. Chi voglia conservarli, è tenuto a versare la differenza di valore rispetto al tetto stabilito da Prodi.Ma Renzi non risulta abbia fatto ricorso a questa opzione.Eppure sul camion partito dalla sua residenza romana pare che ci fossero anche oggetti di lusso, come ha confidato Simona Sette al pensionato. Ha parlato addirittura di una moneta d'oro con sopra inciso il nome di Matteo Renzi che suo marito avrebbe venduto in un «compro oro» fuori provincia, incassando 400 euro. Una cifra che lascia facilmente intendere che il suo valore superava il limite dei 300 euro.Arredi pregiati sarebbero finiti in casa di Matilde Renzi e di suo marito Andrea Conticini. Da parte sua, Matteo Renzi, in tre anni di governo, ha reso solo 16 oggetti e quasi tutti di valore unicamente simbolico: si va dal modellino di aereo di linea turco con il suo nome (deve essergli andato di traverso viste tutte le polemiche per il cosiddetto Air Force Renzi), la foto incorniciata di una diga etiope, un ritratto fattogli da una scuola d'arte del Congo, il ventaglio donato da Jack Ma del gruppo Alibaba, sei bicchieri placcati in argento dell'Azerbaigian, un ritratto di fanciulla proveniente dal Mozambico, un portacandele serbo, una ciotola blu cobalto dell'Afghanistan, un antico vestito e un piatto originari del Ghana, un dipinto con leoni del Kenya, borsa, quadro e sciarpa etiopi. L'oggetto più prezioso, in base alle stime, sarebbe un ingombrante scultura raffigurante un'oasi araba, con palme e cammelli placcati in oro. Un'opera che varrebbe circa 1.000 euro. inventarioQuesti oggetti sono conservati in un piccolo caveau dentro all'ex monastero di San Silvestro, in via della Mercede a Roma. Dopo il nostro articolo del 24 dicembre il governo ha dato mandato ai dirigenti di Palazzo Chigi di approfondire il caso, come abbiamo appreso dal portavoce del premier Rocco Casalino. Il capo vicario dell'ufficio del cerimoniale di Palazzo Chigi, Gerardo Capozza, ha fatto sapere che sulla questione dei regali ricevuti da Renzi «sarebbe utile sentire» la sua predecessora Ilva Sapora, «che ha gestito il tutto il periodo Renzi e quindi queste cose dovrebbe saperle». Ma il fu Rottamatore potrebbe essere perseguito? «Nel decreto Prodi non è indicato che cosa rischi chi non lo rispetta, ma sicuramente si applicano le normative vigenti in materia anticorruzione» ha concluso Capozza. Il parlamentare di Fratelli d'Italia Giovanni Donzelli ipotizza un danno per Palazzo Chigi, arrivando a sostenere che sia possibile contestare l'appropriazione indebita a Matteo Renzi, un reato che il governo Gentiloni ha reso perseguibile solo su querela di parte. Anche i gruppi parlamentari del Movimento 5 stelle sono determinati a scoprire se in questa vicenda si possano configurare illeciti. Noi abbiamo provato a recuperare nuove informazioni sul carico di doni proveniente da Palazzo Chigi di cui parla tutta Rignano. Ma il settantenne Alvaro Batucci, ex falegname e tuttofare dei Renzi, l'uomo che in paese ha raccontato di aver scaricato il camion arrivato dalla Capitale, con La Verità non è particolarmente loquace: «Io non conosco nessuno. Non rompete i coglioni». Il telefono di Simona Sette ieri suonava a vuoto. E Tiziano Renzi? Dopo l'uscita del nostro articolo ha evitato commenti su Facebook, contrariamente a quanto aveva fatto dopo i servizi sul lavoro nero e gli abusi edilizi nelle sue aziende. Un silenzio accompagnato dal rapido recupero degli oggetti incautamente regalati al pensionato. Probabilmente a Rignano hanno deciso di non lasciare prove in giro. Di fronte a questa reazione abbiamo provato a contattare babbo Tiziano per chiedere spiegazioni. E lui ha risposto proprio come avrebbe fatto Scrooge: «Non solo mi disturba, ma mi dà fastidio in modo viscerale. Vada a fare… domande a qualcun altro». Giacomo Amadori<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/babbo-renzi-sotto-lalbero-a-recuperare-i-regali-riciclati-da-palazzo-chigi-2624432037.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="vedrete-il-mio-730-a-natale-ma-il-bullo-non-presenta-nulla" data-post-id="2624432037" data-published-at="1757823662" data-use-pagination="False"> «Vedrete il mio 730 a Natale». Ma il Bullo non presenta nulla «Prima di Natale pubblicherò la mia dichiarazione patrimoniale», aveva annunciato Matteo Renzi al nostro giornale, il 17 dicembre scorso. Avrebbe però dovuto specificare l'anno, considerato che a questo giro il Bambinello è nato, i Re Magi sono in arrivo con i doni, eppure la casella dell'ex premier resta desolatamente vuota. Non che Matteo abbia avuto fretta di rendere pubblico lo stato delle sue finanze, in tutti questi mesi. Il regolamento del Senato, infatti, è assai morbido su questo tema: i senatori possono autorizzare il caricamento del documento economico-finanziario sul sito Internet di Palazzo Madama entro tre mesi dalla proclamazione; e se si rifiutano, non corrono il rischio di ricevere una multa o una sanzione. Recita, infatti, la norma: «L'obbligo per i parlamentari di dichiarare la situazione patrimoniale, i redditi e le spese di propaganda elettorale è stato introdotto dalla legge 5 luglio 1982, n. 441. Tale legge dispone che i parlamentari debbano trasmettere alla Camera di appartenenza una dichiarazione concernente lo stato patrimoniale e le spese sostenute in proprio o dal partito per la campagna elettorale. A tale dichiarazione», si legge, «si allega copia della dichiarazione dei redditi per le persone fisiche». La stessa norma «disciplina le forme di pubblicità delle dichiarazioni depositate dai parlamentari presso ciascuna Camera», mentre «l'articolo 8 stabilisce che tutti i cittadini elettori hanno diritto di conoscere le suddette dichiarazioni» e «l'articolo 9 ne prevede la pubblicazione in apposito bollettino, nel quale devono essere riportate anche le notizie risultanti dal quadro riepilogativo della dichiarazione». Dal 27 marzo, data in cui si è costituito il gruppo Pd, Renzi ha avuto a disposizione 269 giorni (193 lavorativi, escludendo i weekend) per adempiere ma, vuoi per i viaggi in giro per il mondo per fare cassa, vuoi per altre incombenze, come la scelta e la trattativa per l'acquisto della villa da 1,3 milioni di euro a Firenze, l'ex inquilino di Palazzo Chigi non è riuscito a trovare il tempo. Lo farà prossimamente? Il suo portavoce, contattato dalla Verità, era stato di poche ma rassicuranti parole: Matteo avrebbe vuotato le tasche sul tavolo trasparente del Web «entro pochi giorni», sicuramente «prima di Natale». Appunto, Natale di quale anno? La dichiarazione patrimoniale desaparecida riguarda l'anno di imposta 2017. Quello in cui Renzi ha probabilmente guadagnato di meno (in teoria) avendo ormai lasciato la guida del governo, senza il paracadute dello scranno parlamentare, e col solo incarico di segretario del Partito democratico. A cui, per statuto, non è riconosciuto uno stipendio, al più un contributo di piccola entità, con la sola eccezione di due benefit: un telefonino e la mazzetta dei giornali quotidiana. Renzi non è l'unico big del Partito democratico, comunque, ad aver omesso la pubblicazione dei redditi online. Non hanno autorizzato la visione del 730 anche gli ex ministri Maria Elena Boschi, Pier Carlo Padoan e Marco Minniti. Curiosa è la scelta, invece, di Dario Franceschini che, nei mesi scorsi, non aveva caricato la dichiarazione patrimoniale salvo poi, in questi giorni, decidere di rendere consultabili i propri documenti economico-finanziari. Sì, ma quelli di dieci anni fa: chiunque fosse interessato a sapere quanto guadagnasse l'ex ministro dei Beni culturali nel periodo compreso tra il 2008 e il 2012, avrà modo di soddisfare la sua curiosità. Ma torniamo a Matteo. Il 18 gennaio 2018, a Matrix, Renzi aveva dichiarato: «Non ho niente da nascondere. Ecco il mio conto corrente. Il 30 giugno 2014 avevo 21.895 euro e oggi ho 15.859 euro». Aveva aggiunto subito dopo: «Perché credo nella trasparenza, mi sono portato qua il conto corrente di quando ho iniziato a fare il presidente del Consiglio e il conto corrente di oggi pomeriggio se», aveva aggiunto ironicamente, «mia moglie non ha fatto spese». Per poi concludere: «Mi piacerebbe che per trasparenza tutti quelli che fanno politica presentassero i propri conti correnti. Non ho paura di niente e non ne posso più». Cinque mesi più tardi, Matteo avrebbe pagato una caparra di 400.000 euro per la nuova dimora di famiglia, nella prestigiosa via Tacca, con quattro assegni circolari da 100.000 euro ciascuno. Ad oggi, non ha ancora spiegato come ha fatto. Simone Di Meo