2020-05-28
Autostrade marcia verso la statalizzazione
Igor Petyx:KONTROLAB :LightRocket via Getty Images
Ieri vertice di maggioranza con Giuseppe Conte sulle concessioni ad Aspi: si fa largo l'idea di una riduzione del peso dei Benetton e del coinvolgimento di Cdp e F2i. Un compromesso che salverebbe la faccia sia a Matteo Renzi («La revoca è follia») sia ai 5 stelle.Su Autostrade avanza un'ipotesi di compromesso politico tra grillini, renziani e Pd: e l'esito, da qui al 30 giugno, potrebbe essere una specie di nazionalizzazione (malamente) mascherata, con una significativa discesa di Atlantia dall'attuale 88% sotto il 50% del capitale di Autostrade, e il subentro di F2i, Cdp e altri fondi previdenziali. Se si fosse nel regno della coerenza, sarebbe per lo meno stravagante passare dall'attacco ai Benetton alla convivenza nella medesima compagine. Ma prevale il tatticismo politico, e soprattutto una propensione molto pronunciata a un rinnovato interventismo pubblico in economia, più o meno diretto, più o meno proclamato, che non vede voci contrarie nell'attuale maggioranza giallorossa.E così ieri mattina verso le 10 è iniziato un vertice a Palazzo Chigi, con la presenza di Giuseppe Conte, dei ministri Roberto Gualtieri e Paola De Micheli, e dei capidelegazione dei partiti di maggioranza, fra cui Dario Franceschini.Fonti governative hanno definito «interlocutorio» l'incontro: nessuna decisione definitiva, il cui arrivo è però stato ribadito «in tempi rapidi». Prevedibili nuove riunioni nei prossimi giorni. Ma sul tavolo del vertice di ieri c'erano in realtà due fascicoli e tre ipotesi operative. Il primo fascicolo è il dossier predisposto (ci sono voluti mesi) dal ministero delle Infrastrutture, molto critico verso la gestione di Autostrade: a ben vedere sarebbe bastato un «copia e incolla» del rapporto che la Corte dei conti ha prodotto prima di Natale, un'autentica requisitoria contro Autostrade, che ha messo in fila la costante salita dei ricavi derivanti dai pedaggi, gli utili annuali elevatissimi, la poderosa distribuzione di dividendi, a fronte - però - di un clamoroso taglio delle spese per gli investimenti e in particolare per la manutenzione.Il secondo fascicolo - per così dire - è il ritaglio dell'intervista concessa ieri mattina, come antipasto verso il vertice, da Matteo Renzi a Repubblica, ondeggiante tra la difesa dei Benetton («La revoca è follia», testuale) e un'apertura a un avvicendamento («Un passo indietro dei Benetton e un passo in avanti dei fondi istituzionali italiani potrebbero essere la svolta»). A onor del vero, Renzi preferirebbe che il passaggio di mano avvenisse non nella controllata (Autostrade) ma direttamente nella controllante (Atlantia). Ma tutto sommato la sua posizione, pose mediatiche a parte, non è così lontana da quella di Conte. I due si detestano, Renzi tenta uno sgambetto al giorno, ma non sono alle viste scontri ideali, progettuali e di principio. E soprattutto colpisce, se la soluzione fosse quella, la sostanziale convergenza tra renziani e grillini: i primi potrebbero dire di aver evitato la revoca, i secondi potrebbero rivendicare l'avvenuta nazionalizzazione (o quasi). In ogni caso, gli embrioni di soluzione in campo sono tre. La prima - la più lineare - sembra minoritaria: via la concessione e nuova gara. Gli avversari di questa tesi usano come argomento, più ancora dei contenziosi giudiziari che si aprirebbero, i tempi lunghi per una nuova gara: ma, con questo criterio (francamente curioso), lo Stato non potrebbe mai revocare. La seconda soluzione - più gradita ai Benetton per evidenti ragioni - sarebbe una revisione dell'attuale rapporto, con un taglietto delle tariffe. La terza soluzione è quella che si evocava in apertura, e che sembra oggi preferita dai giallorossi: una specie di nazionalizzazione mascherata, con la discesa di Atlantia sotto la quota di controllo, a beneficio di Cdp e F2i, più eventualmente fondi delle casse di previdenza. Ovvio che per Cdp l'operazione sarebbe meno avventurosa rispetto al temuto coinvolgimento in Alitalia: in questo caso si tratterebbe di un'attività di sicura remunerazione. Peraltro, Cdp è già azionista (benché non controllante) di F2i. Significativamente cauto, intanto, il viceministro grillino Giancarlo Cancelleri, che nel weekend aveva reclamato la revoca con toni fiammeggianti. Ieri, ospite a Radio Rai, è stato molto più pompiere che incendiario, a testimonianza del fatto che tutte le componenti della maggioranza puntano più che altro a far durare la legislatura e a conquistarsi una posizione nella stagione neodirigista che si prepara: «Renzi ha detto che è una follia revocare la concessione ad Autostrade? Posizione legittima quanto la mia che invece dico di farlo, ma siamo in un governo fatto anche da altre forze politiche. Dobbiamo fare l'uno un passo verso l'altro». Come si vede, tra grillini e renziani, almeno ieri sera, un'intesa (su posizioni stataliste e nazionalizzatrici, però) era assai più probabile di una lite.
«It – Welcome to Derry» (Sky)
Lo scrittore elogia il prequel dei film It, in arrivo su Sky il 27 ottobre. Ambientata nel 1962, la serie dei fratelli Muschietti esplora le origini del terrore a Derry, tra paranoia, paura collettiva e l’ombra del pagliaccio Bob Gray.
Keir Starmer ed Emmanuel Macron (Getty Images)
Ecco #DimmiLaVerità del 24 ottobre 2025. Ospite Alice Buonguerrieri. L'argomento del giorno è: " I clamorosi contenuti delle ultime audizioni".
C’è anche un pezzo d’Italia — e precisamente di Quarrata, nel cuore della Toscana — dietro la storica firma dell’accordo di pace per Gaza, siglato a Sharm el-Sheikh alla presenza del presidente statunitense Donald Trump, del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, del turco Recep Tayyip Erdogan e dell’emiro del Qatar Tamim bin Hamad al-Thani. I leader mondiali, riuniti per «un’alba storica di un nuovo Medio Oriente», come l’ha definita lo stesso Trump, hanno sottoscritto l’intesa in un luogo simbolo della diplomazia internazionale: il Conference Center di Sharm, allestito interamente da Formitalia, eccellenza del Made in Italy guidata da Gianni e Lorenzo David Overi, oggi affiancati dal figlio Duccio.
L’azienda, riconosciuta da anni come uno dei marchi più prestigiosi dell’arredo italiano di alta gamma, è fornitrice ufficiale della struttura dal 2018, quando ha realizzato anche l’intero allestimento per la COP27. Oggi, gli arredi realizzati nei laboratori toscani e inviati da oltre cento container hanno fatto da cornice alla firma che ha segnato la fine di due anni di guerra e di sofferenza nella Striscia di Gaza.
«Tutto quello che si vede in quelle immagini – scrivanie, poltrone, arredi, pelle – è stato progettato e realizzato da noi», racconta Lorenzo David Overi, con l’orgoglio di chi ha portato la manifattura italiana in una delle sedi più blindate e tecnologiche del Medio Oriente. «È stato un lavoro enorme, durato oltre un anno. Abbiamo curato ogni dettaglio, dai materiali alle proporzioni delle sedute, persino pensando alle diverse stature dei leader presenti. Un lavoro sartoriale in tutto e per tutto».
Gli arredi sono partiti dalla sede di Quarrata e dai magazzini di Milano, dove il gruppo ha recentemente inaugurato un nuovo showroom di fronte a Rho Fiera. «La committenza è governativa, diretta. Aver fornito il centro che ha ospitato la COP27 e oggi anche il vertice di pace è motivo di grande orgoglio», spiega ancora Overi, «È come essere stati, nel nostro piccolo, parte di un momento storico. Quelle scrivanie e quelle poltrone hanno visto seduti i protagonisti di un accordo che il mondo attendeva da anni».
Dietro ogni linea, ogni cucitura e ogni finitura lucidata a mano, si riconosce la firma del design italiano, capace di unire eleganza, funzionalità e rappresentanza. Non solo estetica, ma identità culturale trasformata in linguaggio universale. «Il marchio Formitalia era visibile in molte sale e ripreso dalle telecamere internazionali. È stata una vetrina straordinaria», aggiunge Overi, «e anche un riconoscimento al valore del nostro lavoro, fatto di precisione e passione».
Il Conference Center di Sharm el-Sheikh, un complesso da oltre 10.000 metri quadrati, è oggi un punto di riferimento per la diplomazia mondiale. Qui, tra le luci calde del deserto e l’azzurro del Mar Rosso, l’Italia del saper fare ha dato forma e materia a un simbolo di pace.
E se il mondo ha applaudito alla firma dell’accordo, in Toscana qualcuno ha sorriso con un orgoglio diverso, consapevole che, anche questa volta, il design italiano era seduto al tavolo della storia.
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