2024-06-25
Il guardiano del faro sul Colle offusca l’autonomia
Sergio Mattarella (Getty Images)
C’è un guardiano del faro sul Colle di Roma. Sì, anche se la Costituzione non ne parla, al Quirinale c’è un signore che maneggia lanterne e pretende di orientare la rotta del governo. E se nella Carta su cui si fonda la nostra Repubblica non è citata la funzione di fanalista, ecco che a inquadrare il ruolo dell’uomo che deve indicare la direzione di navigazione a esecutivo e Parlamento ci pensano i quotidiani a testate unificate. Sì, faceva un certo effetto ieri, leggere i commenti degli autorevoli quirinalisti i quali, dalle pagine del Corriere e della Stampa, ma anche di Repubblica, scrivevano di un faro puntato dal Colle sull’autonomia differenziata, legge recentemente votata dalle Camere.Sergio Mattarella non ci sta a farsi tirare per la giacchetta, hanno spiegato all’unisono i corazzieri dei quotidiani amici, quelli che non si perdono neppure un sospiro del presidente della Repubblica. Qualcuno potrebbe pensare che il capo dello Stato sia infastidito dagli appelli di chi vorrebbe che non apponesse la firma alle nuove norme. Invece Mattarella è scocciato perché, se lo sollecitano a respingere l’autonomia regionale, poi, se davvero la rimandasse in Parlamento, il suo ruolo di supplenza dell’opposizione risulterebbe ancor più evidente di quanto già non sia e addio alla finzione super partes. Infatti, agli occhi degli italiani, apparirebbe chiaro che, invece di essere un arbitro, il capo dello Stato è un giocatore della partita. E dunque ecco che l’ufficio stampa del Quirinale si è dato da fare per chiarire che in questo momento Mattarella non vuole essere tirato per la giacchetta, impegnato com’è a fare da sé.«Autonomia, il faro del Quirinale» ha titolato La Stampa. «Il faro del Colle sulla riforma. Tempi lunghi per l’esame», gli ha fatto eco il Corriere. «I dubbi del Colle sull’autonomia», ha rincarato Repubblica. Insomma, il guardiano del faro è al lavoro e non vuole essere disturbato, né vuole che gli appiccichino l’etichetta di nemico numero uno del governo e dell’autonomia, come invece vorrebbero i grillini e anche un pezzo del Pd.Tuttavia, per non spegnere gli entusiasmi di chi si augura che Mattarella si metta di traverso alla riforma, gli uffici del presidente della Repubblica si sono incaricati di far filtrare la notizia di un capo dello Stato pronto a un’attenta lettura della legge, ovvero dell’intenzione di non fare alcuno sconto alla maggioranza di governo. «La legge approvata alla Camera ha una struttura complessa», ha spiegato la velina fatta circolare dal Quirinale, «e definisce in 11 articoli il quadro normativo delle intese tra lo Stato centrale e le Regioni, (…) con importanti ricaschi per le finanze pubbliche». Dunque? Il Colle «si riserva di prendere il giusto tempo» per valutare e decidere prima di promulgare la legge. Ma questo approfondimento è «appena cominciato». Perciò pretendere verdetti fulminei, in quattro e quattr’otto, è sbagliato, oltreché inopportuno. In altre parole, lasciate lavorare il guardiano del faro che, puntando il fanale del Quirinale, andrà a caccia delle criticità che possano invalidare la legge ed evitarne la promulgazione.Certo, il lavoro di Mattarella non sarà semplice ed è per questo che mette le mani avanti e chiede alle opposizioni che lo invocano di aver pazienza. Del resto, per capire che trovare i motivi per rinviare al Parlamento la riforma non sarà facile, basta rileggere quanto ha dichiarato di recente l’ex ministro Cesare Salvi, il quale 25 anni fa affiancò Massimo D’Alema nei lavori della commissione Bicamerale, quella incaricata di cambiare la Costituzione. Pur dichiarando che l’autonomia differenziata non gli piace, Salvi - che è del Pd - ha spiegato che i maggiori poteri alle Regioni sono l’applicazione della riforma varata dal centrosinistra nel 2001. «Il testo di Calderoli è esattamente la conseguenza di quella nostra modifica costituzionale: è semplicemente la cornice che ne consente l’attuazione». Peraltro, l’ex ministro ammette che in seguito ci fu una proposta di Francesco Boccia, lo stesso che ora insieme a Elly Schlein ciancia di «spacca Italia», che «andava nella medesima direzione» e anche un’intesa sulla devoluzione con Regioni come l’Emilia-Romagna. Insomma, Salvi mette il dito nella piaga. L’autonomia regionale del centrodestra è la conclusione della riforma del titolo V varata 23 anni fa dal centrosinistra, con buona pace di chi parla di incostituzionalità e di rottura del patto nazionale. E se così stanno le cose, il compito di Mattarella si fa arduo: anche perché chi fa il guardiano del faro vive in uno splendido isolamento, su una torre senza contatti con il resto del mondo. Non proprio la cosa più adatta per riuscire a interpretare l’unità della nazione e di un popolo.
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