2023-08-08
Ma quali evasori. L’Austria vuole il cash nella Costituzione
Qui la libertà di pagare in contanti viene demonizzata. A Vienna, invece, il cancelliere Karl Nehammer è pronto a renderla un diritto.Il Cancelliere austriaco Karl Nehammer ha dichiarato l’intenzione di rendere un diritto costituzionale la facoltà di pagare in contanti. Questo non esclude, ovviamente, il pagamento con tutte le altre forme di moneta, ma ribadisce un principio di libertà che dovrebbe valere per tutti e che viene da un Paese dove, come in Germania, il contante si può usare senza limiti e che registrano, comunque, un tasso di evasione stimato neanche paragonabile al nostro. La proposta non arriva dall’ultimo buzzurro qualsiasi, ma dal Cancelliere di un Paese certamente evoluto da vari punti di vista. Pensate che solo in Austria ogni anno vengono prelevati 46 miliardi di euro dagli sportelli automatici (bancomat) e in media ogni austriaco porta con sé 102 euro in contanti. Ha affermato il Cancelliere che «il contante gioca un ruolo importante nella nostra vita quotidiana. Ed è per questo che io, in qualità di Cancelliere di questa Repubblica, mi impegno a garantire che il contante sia protetto costituzionalmente come mezzo di pagamento». Da noi la questione dell’utilizzo del contante, e i limiti da porre all’utilizzo stesso, occupa la discussione politica a fasi alterne. Ci sono governi che lo hanno diminuito fino a 1.000 euro, governi che lo hanno riportato a 3.000 euro e, attualmente, il limite all’utilizzo del contante si attesta a quota 5.000 euro. La discussione si è sempre sviluppata intorno all’ipotesi che l’utilizzo del contante favorisca l’evasione fiscale. Ora è noto a tutti - basta leggere i rapporti dell’Agenzia delle Entrate e della Banca d’Italia, soprattutto per quanto riguarda chi paga l’Irpef e l’Iva - per rendersi conto che costoro non hanno nessuna possibilità di evadere in quanto pagano le tasse come si dice «alla fonte», nel senso che lo Stato le preleva prima ancora che lo stipendio arrivi nelle tasche del lavoratore. Il 67% dell’Irpef in Italia è pagato dai lavoratori che guadagnano dai 15.000 euro lordi ai 60.000 euro lordi, quindi i due terzi delle tasse più importante in Italia vengono pagate da lavoratori cui è preclusa ogni possibilità di evasione o elusione fiscale. Certamente nell’ambito dei professionisti o dei cosiddetti lavoratori autonomi ci sono ancora zone d’ombra che non sono state illuminate come avrebbero dovuto dai cosiddetti Studi di settore. Uno strumento pensato sulle medie nazionali d’incasso delle diverse categorie. Niente di più anticostituzionale, in quanto non conta assolutamente niente la media nazionale degli incassi dei liberi professionisti o delle piccolissime aziende, tipo artigianali, perché l’imposizione delle tasse, per esplicito dettato costituzionale, non deve essere fatta con un accertamento statistico, ma tramite un accertamento individuale, perché lo stesso artigiano che guadagna X uguale a un altro artigiano che guadagna lo stesso X non ci dice nulla sulla situazione effettiva dei due contribuenti. Come si fa a fare i calcoli sulle medie nazionali? Queste ci ricordano la famosa media di Trilussa: uno mangia un pollo, un altro non lo ha mangiato per niente, la media è che ne hanno mangiato metà per uno. Qualcosa di simile avviene in Italia a riguardo del fisco. Con le medie nazionali e con gli studi di settore si torna all’apologo di Trilussa. L’unica strada da seguire sarebbe quella dell’accertamento individuale dei singoli contribuenti: del loro reddito, delle spese obbligatorie come i casi di invalidi a carico, delle proprietà o meno di immobili, del numero dei figli a carico, della situazione magari di divorziato che deve corrispondere un assegno mensile per il mantenimento dei figli, eccetera. Da quello che abbiamo detto a proposito dell’Irpef risulta chiaro che l’evasione maggiore avviene tra italiani che vanno da un minimo di 100.000 euro a un massimo indefinito e indefinibile. Certamente lì è complicato intervenire, perché gli intrallazzi finanziari non sono così semplici da scoprire anche perché essi avvengono parzialmente in Italia, dove questi soggetti dovrebbero pagare le tasse, ma maggiormente all’estero dove i paesi che diventano sedi di questi quattrini sono ben contenti di aumentare la loro posizione finanziaria. Quindi è ovvio, banale, scontato ed elementare che la soluzione di un limite al contante per diminuire o evitare l’evasione fiscale sia una pura illusione ottica. Dico ottica perché concentra l’attenzione su chi le tasse le paga già e non su chi si vorrebbe combattere: il largo e potente battaglione degli evasori. Ce lo vedete un plurimilionario che va in giro con valigie di contante per pagare ad esempio lo yacht? Ce lo vedete un altro milionario che, sempre munito delle medesime valigie, naturalmente griffate, va presso una sede della Rolex e compra orologi per cifre astronomiche? Secondo quelli dell’Agenzia delle Entrate, o secondo i politici che discutono di questi temi l’evasione avviene attraverso i contanti o attraverso gli attuali e mai sconfitti, neanche dall’Europa, paradisi fiscali? Si chiamano così perché sfuggono ai radar tributari di tutti i Paesi e, negli anni, hanno creato percorsi alternativi del denaro al di fuori da ogni possibile controllo pubblico: è il famoso denaro senza Stati, che assomma a cifre che fanno il Pil di alcuni Paesi: non africani, europei. In conclusione, il Cancelliere dell’Austria ha detto qualcosa che non va a favore degli evasori, se non in minima parte, ma va a favore della libertà di utilizzo del denaro nelle sue varie forme. Da noi sarebbe ora di smetterla di focalizzare l’attenzione sulle fasce di reddito basse come potenziali evasori, cambiare angolo visuale a 180 gradi e andare a controllare un po’ cosa succede dai 200.000 euro di reddito in su, esclusi ovviamente i dipendenti.
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