2024-02-11
Trans ammessi alle gare femminili: tolte le classifiche dopo le proteste
Una gara organizzata da Parkrun a Londra. Nel riquadro, il direttore esecutivo Russ Jefferys (Getty Images)
Caos a Londra: le donne non biologiche stracciano le atlete nella corsa e scoppia la polemica. L’organizzazione Parkrun, però, anziché dividere gli sportivi per sesso, cancella i record dal sito. Perdendo utenti e finanziamenti.In molti sono d’accordo nell’attribuire grande importanza allo sport, inteso anche come veicolo di profondi insegnamenti per la vita, ma in pochi potevano immaginare che a un certo punto sarebbe diventato uno strumento per svelare le menzogne di un’epoca. Parkrun, l’organizzazione che promuove eventi settimanali di corsa in tutto il mondo, ha rimosso dal suo sito web tutti i record di genere, percorso ed età, in seguito a una controversia legata agli atleti transgender. A maggio dello scorso anno, il Women’s Rights Network aveva inviato una lettera aperta al ceo e al board di Parkrun Uk, denunciando che alcuni record delle categorie femminili erano detenuti da sportivi trans, la cui forza fisica è evidentemente diversa da quella delle donne. Parallelamente, il think tank Policy Exchange, in una sua analisi, aveva scoperto ben tre percorsi il cui migliore risultato apparteneva ad atlete non biologicamente donne. In tale rapporto, veniva chiesto di interrompere i finanziamenti pubblici qualora Parkrun non si fosse mossa per tutelare lo sport femminile. I partecipanti infatti possono iscriversi alle gare a seconda del genere in cui si identificano e non sulla base del sesso biologico, scelta che ha ovviamente creato una situazione di disparità nelle gare femminili. Dopo diversi mesi di polemiche, cui hanno aderito anche campionesse olimpiche come Mara Yamauchi, la soluzione pensata da Parkrun è stata quella di rimuovere tutti i record, scatenando ulteriori ire negli sportivi. L’ex nuotatrice Sharron Davies ha accusato Parkrun di codardia, mentre molti finanziatori hanno ritirato le loro donazioni, rifiutandosi di sostenere un’organizzazione che invece di correggere le sue politiche di genere ha deciso di nascondere a tutti le sue statistiche. Dal canto suo Russ Jefferys, direttore esecutivo di Parkrun, ha risposto che la decisione di nascondere i dati generali - quelli individuali rimarranno disponibili ai singoli atleti - non è collegata alla polemica sugli atleti trans, bensì il frutto di una determinazione pregressa volta a promuovere l’inclusione. «Penso che la critica che abbiamo ricevuto dalla Women’s Rights Network e da altri sia dovuta a un totale malinteso su che cosa sia Parkrun», ha dichiarato alla Bbc. «Non è una gara. Non è un evento atletico competitivo», ma un’organizzazione benefica per la salute. Organizzazione che si è dunque rifiutata di chiedere ai corridori transgender di registrare il loro sesso alla nascita, sostenendo che le loro corse sono principalmente incentrate sull’inclusione piuttosto che sulla prestazione competitiva. E infatti nonostante i rilievi ognuno potrà continuare a partecipare alle gare a seconda di come si identifica. Sulla loro pagina X, le attiviste di Women’s Rights Network hanno facilmente smontato le tesi di Jefferys: «Non è una gara? Da 20 anni Parkrun elenca i risultati, pubblicizza gli atleti più veloci, applaude i «vincitori» per gruppi di età. Migliaia di partecipanti a Parkrun lo considerano una gara e sono profondamente delusi dal fatto che non potranno più confrontare i loro risultati. Se non è una gara, perché esistono i record mondiali?». Benvenuti nel mondo irenico dell’inclusione, quello in cui piuttosto che accettare un’evidente contraddizione si decide di eliminare per tutti la possibilità di paragonare le proprie prestazioni con atleti più bravi. Come se nello sport la competizione fosse un elemento secondario, o peggio ancora negativo. Come se non costituisse invece proprio quel fattore che ci spinge a superare i nostri limiti e a migliorarci. La questione qui poi è talmente pacifica che perfino il World Athletics, l’organo di governo internazionale dell’atletica leggera, ha impedito agli atleti trans di competere nelle gare femminili. La decisione di Parkrun non è andata giù a tutti: Mick Anglim, direttore dell’evento di Brockenhurst, ha annunciato su Facebook le sue dimissioni come reazione alla «nuova politica inclusiva della sede centrale». «Tutti quelli con cui ho parlato concordano sul fatto che la rimozione dei record per categoria d’età e per fascia di età sia un errore», ha dichiarato poi al Telegraph Sport. Il malcontento serpeggia infatti anche tra gli atleti, che dovendo fare maggiormente i conti con la realtà biologica dei loro corpi sono forse più spinti, rispetto alla gente che vive di ideologie, ad accettare le cose per come sono. Che il gender sia contro le donne, per altro, è sempre più chiaro a molti, ma ora forse lo sarà ancora di più. Tanti anni di lotte per l’emancipazione deflagrati nel più grande inflazionamento della donna nella storia: donna è che si sente tale. Non importa se poi sei un uomo, hai la forza di un uomo e pure la violenza di un uomo - una delle tre detentrici trans dei record di Parkrun è stata condannata a 18 anni di prigione per aver accoltellato il capo delle risorse umane di UK Athletics - ciò che conta è come ti senti. Poi però c’è la realtà, e quella scuola di vita che è lo sport, a rimettere le cose in ordine.
Manfred Weber e Ursula von der Leyen (Ansa)
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)
Ursula von der Leyen (Ansa)
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