
L'azienda dei trasporti di Roma fa incetta di uniformi «di origine extracomunitaria». Dopo i bus turchi (e guasti), altro esempio di «tutela del made in Italy» alla grillina.In Italia? Macché. È all'estero che saranno realizzate le divise dell'Atac. L'azienda del trasporto pubblico romano ha dato in appalto la produzione delle proprie uniformi («servizio di fornitura e consegna del vestiario uniforme al personale aziendale») a una società lombarda tramite un contratto dal valore di quasi 12 milioni di euro, seguendo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa. Secondo quanto risulta, l'Atac avrebbe ricevuto in tutto quattro offerte. E, in particolare, in Gazzetta ufficiale viene precisato che il «Paese di origine del prodotto o del servizio» è di «origine extracomunitaria: Cina, Bangladesh, Tunisia».Del resto, non è la prima volta che l'azienda romana si appoggia ad altri Paesi. Non dimentichiamo infatti che l'anno scorso sono arrivati a Roma degli autobus prodotti in Turchia. Con l'obiettivo di svecchiare la propria flotta, l'Atac aveva infatti appaltato - tramite la Consip - la fornitura di 227 mezzi all' Industria italiana autobus (Iia): un'azienda che, a seguito di forti difficoltà economiche, fu salvata nel 2018 anche grazie all'intervento del produttore turco di autoveicoli Karsan, il quale acquisì considerevoli quote azionarie. Si riscontrarono tuttavia difficoltà e lungaggini nella consegna dei mezzi. Senza poi trascurare i guasti. Il 18 agosto del 2019, il sito de Il Mattino riportò che «in poco più di due settimane di servizio - col record di tre tagli del nastro della sindaca per la stessa fornitura - si contano oltre 50 interventi per aggiustare i difetti della flotta appena acquistata. “Interventi che hanno riguardato 20 navette diverse", spiega la ditta della manutenzione. Un bus su quattro, in sostanza, ha già avuto problemi ed è dovuto finire sotto gli attrezzi degli operai». Nella fattispecie, l'articolo parlava di «sensori sballati, specchietti e braccioli montati male, fili scollegati, porte con i bulloni che si staccano, un climatizzatore che perdeva gas, un pistone dei sedili da cambiare». Insomma, i problemi si rivelarono parecchi. Tanto che dovette intervenire una squadra di «tecnici esterni, stipendiati dalla fabbrica turca che [aveva] prodotto i mezzi, col compito di aggiustare la fornitura in garanzia».È chiaro come, al di là dei problemi e degli inconvenienti di natura tecnica, faccia capolino anche una questione di carattere politico. È infatti vagamente paradossale che l'Atac tenda ad appaltare la produzione delle proprie forniture (dagli autobus alle divise) ad aziende straniere, quando il Comune di Roma è guidato - dal 2016 - da un'amministrazione grillina. Il Movimento 5 stelle ha sempre dichiarato di battersi a tutela dei lavoratori e delle imprese italiane. In particolare, un'antica battaglia grillina era quella contro la delocalizzazione della produzione industriale. Nel programma del Movimento per le elezioni europee del 2019, si parlava non a caso di «tutela del made in Italy, lotta alla contraffazione e alle delocalizzazioni». Tutto questo per l'Atac non vale?
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.