
I collaboratori domestici vivono nelle nostre case e per questo spesso si finisce per trascurare l'importanza di contratti e formalità. Ma se non è tutto in regola si rischiano carcere e multe fino a 12.000 euro. La guida della Verità per districarsi nella burocrazia.Tate, colf, badanti sono tutte figure, spesso preziosissime, che però, nel bene e nel male, entrano intimamente nel tessuto familiare condizionandone le dinamiche. Se è giusto che il datore di lavoro rispetti la loro dignità, è anche vero che non sempre chi assume un collaboratore domestico è tutelato da eventuali comportamenti scorretti di quest'ultimo. Per fare chiarezza sul tema, La Verità ha stilato una lista di consigli pratici avvalendosi della consulenza del giuslavorista Paolo Sabbatucci.Essendo il tipo di rapporto di lavoro molto delicato, è bene evitare di ritenere superflui alcuni formalismi invece essenziali. Il collaboratore domestico entra a tutti gli effetti a far parte della famiglia, diventandone elemento imprescindibile, e ciò induce a ritenere, ad esempio, che se lo si porta in vacanza è in vacanza anche lui, dimenticando che invece continua a lavorare e avrà poi diritto alle sue ferie. Inoltre, se si tratta di tate, nascono rapporti affettivi con i figli del datore di lavoro, il che a volte può far tollerare problemi che finiscono per pregiudicare il rapporto, senza dimenticare che il collaboratore viene coinvolto in situazione di stress o addirittura nelle crisi familiari.Il rapporto di lavoro instaurato è disciplinato dalla legge e dal contratto collettivo nazionale di lavoro della categoria, quindi non è possibile inquadrare la colf allo stesso livello, ad esempio di una badante, a cui vengono chieste prestazioni sicuramente più sensibili e particolari. Sarà quindi opportuno avere ben chiaro all'atto dell'assunzione di quali mansioni si ha bisogno.Una volta assunto il collaboratore domestico, il datore di lavoro è sempre tenuto a comunicarlo all'Inps. Siccome i contributi da corrispondere all'Inps variano in relazione alle ore lavorate, si assiste spesso a situazioni in cui si simula un rapporto part time quando invece le prestazioni sono full time nell'illusione di risparmiare. Ciò espone il «padrone di casa» al rischio che il lavoratore faccia causa e rivendichi il tempo pieno effettivamente svolto. Si può usare Internet per reperire informazioni utili, o per rivolgersi a strutture e professionisti che forniscono il corretto supporto per l'instaurazione del rapporto di lavoro. Sono intuitive anche le indicazioni fornite dal sito dell'Inps, ma in alternativa esistono associazioni che curano gli interessi dei datori di lavoro domestici e che forniscono supporto in ogni fase del rapporto.Le irregolarità commesse dai datori di lavoro rilevano sia sotto il profilo del contrasto al lavoro sommerso e irregolare, sia sotto il profilo del contrasto all'immigrazione clandestina e allo sfruttamento. Prima dell'assunzione di un lavoratore straniero non comunitario bisogna quindi accertarsi che questi sia in possesso di un valido permesso di soggiorno per lavoro.In caso di violazioni la pena base prevista è la reclusione da sei mesi a tre anni e una multa di 5.000 euro per ciascun lavoratore irregolarmente occupato. Inoltre, si può incorrere nel reato di sfruttamento dell'immigrazione clandestina, punito con la reclusione fino a quattro anni. Possono essere assunti anche lavoratori extracomunitari, ma il processo può rilevarsi molto più complesso. Se la persona individuata è già presente in Italia, dovrà essere in possesso di un permesso di soggiorno valido ai fini dello svolgimento di attività lavorativa. Se invece non è ancora soggiornante in Italia, il futuro datore di lavoro dovrà ottenere preventivamente un apposito nullaosta dal ministero dell'Interno e dovrà, tra le altre cose, impegnarsi a pagare le spese di viaggio per il rientro dal lavoratore nel suo Paese di origine e a offrire un alloggiato «adeguato».La fattispecie del lavoratore in nero in realtà riguarda anche i lavoratori comunitari. Ciò che rileva è il «rapporto lavorativo di fatto», motivo per cui il lavoratore ha comunque diritto al rispetto degli obblighi normativi ed economici della propria categoria e quindi retributivi, contributivi e di sicurezza, il cui adempimento è dovuto indipendentemente dalle sanzioni di legge.Le sanzioni sono di due tipi: la prima scatta per l'omessa o la ritardata comunicazione dell'assunzione all'Inps. La seconda scatta per il lavoro nero in sé e per tale comportamento, che è conseguente al primo, l'ispettorato territoriale del lavoro può applicare al datore di lavoro una sanzione che va da 1.500 euro a 12.000 euro per ciascun lavoratore in nero, maggiorata di 150 euro per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L'unica difesa è formalizzare prima dell'inizio delle prestazioni il contratto di assunzione, che deve essere redatto in forma scritta, datato in ogni pagina e siglato, e deve riportare l'effettivo orario di lavoro che verrà svolto.Indispensabile è infine predisporre documenti, sottoscritti e datati da entrambe le parti, per registrare ogni evento proprio del rapporto di lavoro, come ad esempio i pagamenti dello stipendio, avendo cura di specificare il titolo per cui vengono effettuati. Lo stesso principio vale anche per le richieste di ferie, permessi e allontanamento temporaneo dal posto di lavoro.
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