2024-08-03
Assicurazione tedesca in crisi. Tremano più di 100.000 italiani
Fwu ha venduto polizze per 360 milioni: molte in Veneto e Lombardia. Riscatti bloccati.Ciclicamente succede. Una piccola o grande società finanziaria (banca, assicurazione, fondo) finisce in insolvenza e i suoi clienti iniziano a tremare. I casi più recenti che vengono alla mente, con diverse proporzioni e conseguenze, riguardano Credit Suisse, l’assicurazione Eurovita e il gruppo immobiliare Signa, che ha trascinato nelle sue difficoltà anche diversi istituti di credito collegati. I risparmiatori coinvolti entrano in un circolo che diventa virtuoso o vizioso a seconda dei casi e di piccoli dettagli che spesso fanno la differenza. La sensazione è che l’ultima vicenda, quella del gruppo assicurativo tedesco Fwu sia seria e che gli investitori italiani rimasti incagliati, più di 100.000 (soprattutto in Veneto e Lombardia) per circa 360 milioni di euro, farebbero bene a mettersi in contatto con le associazioni dei consumatori, con i loro avvocati e con il call center dell’Ivass (istituto di vigilanza sulle assicurazioni presieduto dal direttore generale di Bankitalia Luigi Federico Signorini) per monitorare passo dopo passo l’evolversi della crisi. La realtà è che in questo momento non possono riscattare le loro polizze e devono aspettare gli eventi. Fwu ha operato in Italia attraverso due controllate: la Fwu Life insurance Lux, con sede in Lussemburgo, e la Fwu Life insurance Austria. E a entrambe, vista la situazione di precarietà della capogruppo, è stata vietata la sottoscrizione di nuovi contratti. Soprattutto la prima avrebbe venduto a migliaia di investitori italiani prodotti prettamente finanziari, le polizze unit linked. È vero che le società coinvolte non sono in liquidazione, ma è altrettanto vero che tra pochi giorni la Corte di Lussemburgo dovrebbe esprimersi e potrebbe nominare un commissario liquidatore per la controllata del Granducato. Poi c’è un’ulteriore difficoltà. Il dossier Fwu, infatti, non è di diretta pertinenza dell’Ivass, perché l’assicurazione tedesca della famiglia Dirrheimer (andata in crisi proprio perché l’azionista ha deciso di non ricapitalizzare) opera in Italia in regime di libera prestazione di servizio. C’è una sede a Milano, ma tutti i prodotti sono stati messi sul mercato attraverso dei broker. In buona sostanza Fwu fa riferimento alle authority lussemburghese e austriaca, dalle quali sembra arrivino informazioni poco chiare. E non è finita qui. Perché, come evidenzia il quotidiano finanziario MF Milano Finanza, che è stato il primo a dare rilevanza al crac delle polizze, i clienti di Fwu non potranno fare ricorso al «Fondo di garanzia assicurativo dei rami Vita» previsto dall’ultima legge di Bilancio. Motivo? Non è ancora attivo. O meglio, da pochi giorni sarebbero stati scelti i tre membri (Gianluca Brancadoro, Vincenzo De Stasio e Pierpaolo Marano) che si apprestano a convocare l’assemblea istitutiva che poi nominerà un comitato di gestione provvisoria. Insomma, siamo ancora in una fase embrionale. Il fondo non rimborserebbe tutto, ma ogni cliente fino a 100.000 euro in caso di fallimento delle compagnie grazie al contributo degli stessi operatori del settore, pari allo 0,4% dell’importo delle riserve tecniche da raggiungere entro fine 2035. Cosa fare quindi? Fasciarsi la testa e farsi prendere dal panico sarebbe controproducente, muoversi per tempo invece è consigliabile. Innanzitutto, come detto, va monitorata da vicino l’evoluzione del dossier. Eurovita insegna che in queste situazioni, le spinte del sistema possono velocizzare e favorire l’interesse di un cavaliere bianco, di un’altra assicurazione pronta ad acquistare in blocco il portafoglio clienti di Fwu. Ma non solo. Perché vanno fatti valutare i contratti sottoscritti con i broker perché possono presentare delle particolarità. In uno dei prospetti visionati da Milano Finanza, per esempio, Fwu mette subito in chiaro che non esiste un rendimento minimo garantito. «Potresti», si legge, «perdere il tuo intero investimento o parte di esso». Viene inoltre ricordato che la polizza ha come sottostante fondi «con un basso livello di rischio» e che «l’indicatore di rischio presuppone che il prodotto sia mantenuto per 5 anni [...] Potrebbe essere necessario sostenere notevoli costi supplementari per disinvestire anticipatamente». Molti contratti sono standard, ma non è detto che siano tutti uguali e che le postille siano valide per qualsiasi tipologia di polizza. Insomma, bisogna verificare con l’ausilio di consulente. Ricordando comunque che esiste un salvagente europeo. La disciplina di Bruxelles prevede infatti tutele per i clienti rispetto alle riserve tecniche. E che in Lussemburgo è operativo un regime speciale per garantire i diritti dell’investitore nel caso si verifichi una crisi finanziaria della compagnia assicurativa.I problemi riguardano i tempi per ottenere il risarcimento. Come la storia anche recente insegna sono infatti molto lunghi e soprattutto non c’è nessuna sicurezze sugli importi che alla fine della «giostra» si riescono a recuperare.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)