2019-03-11
Napolitano e Monti guidano la banda degli assenteisti col gettone in tasca
Quasi mai presenti in Aula, figurano però sempre in missione o in congedo evitando così di perdere la preziosa diaria. Un vizio molto diffuso e trasversale: dalla forzista Brambilla (uccel di bosco nel 99% delle sedute) alla grillina Bogo Deledda (94%). Poi Cirielli, Gentiloni, Delrio, Lupi, Ghedini, Lorenzin... E tutti i senatori a vita.Sono stati nominati per i loro «altissimi meriti», ma paiono preoccupati soprattutto di portare a casa l'assegno pieno. E quando disertano i lavori, esibiscono impegni istituzionali a raffica.Lo speciale contiene due articoli.Il suo caso aveva commosso il paese. Duecentoquaratatrè giorni di malattia e forzata lontananza dal Senato, con l'implacabile diagnosi: stress lavorativo. Poi, l'improvvisa guarigione e la ricandidatura. Con quei miscredenti delle Iene che la pizzicano in Gallura, nella sua Budoni, e urlano al miracolo. Tutto bene quel che finisce bene, invece. Vittoria Bogo Deledda, senatrice sarda del Movimento 5 stelle, siede ancora trionfalmente tra i banchi di Palazzo Madama. Ha però partecipato ad appena 201 votazioni su 3.224: collezionando il 94 per cento di assenze. Il resto delle volte è stata quasi sempre in congedo. Insomma, quel tedioso stress lavorativo potrebbe aver rifatto capolino.Si consoli, però. C'è chi ha fatto peggio. La Verità ha consultato gli ultimi dati pubblicati da Camera e Senato. Scoprendo una trasversale e diffusa allergia alle aule parlamentari. A partire dai senatori a vita. Accanto a loro, però, compare un lungo elenco di baldi onorevoli. Capitanato dalla forzista Michela Vittoria Brambilla, già ministro del turismo nel governo Berlusconi e paladina della lotta per i diritti degli animali. Passione che l'assorbe in modo totalizzante. In quasi un anno ha saltato il 99 per cento delle votazioni. Però, dettagliano gli elenchi ufficiali, nell'82 per cento dei casi era «assente giustificata». Categoria di recente conio a Montecitorio, che sembra equiparare gli onorevoli a discoli scolaretti. Edmondo Cirielli, deputato di Fratelli d'Italia, è mancato nel 95 per cento dei casi: sempre in missione. Ma è uno dei questori della Camera: impegno che lo tiene lontano dai banchi. Gradino più basso del podio per la citata senatrice Bogo Deledda, membro ovviamente della commissione Lavoro: 94 per cento, integrato da assenze e congedi illimitati.A questo punto, però, occorre una premessa metodologica: dalla nostra indagine sono stati sfilati i membri del governo. Ministri e sottosegretari, insomma. Non perché siano i più ligi e simpatici dell'arco parlamentare. Ma perché, nel loro caso, le assenze hanno spesso ragioni istituzionali. E del resto anche il Senato, nel compilare il riepilogo delle presenze alle votazioni, usa lo stesso criterio. Molto meno giustificabile, invece, sembrano altre latitanze. Spesso corredate da missioni o congedi. Che, in qualche caso, non servono solo a salvare la forma, ma pure la sostanza: cioè quella parte dello stipendio, la diaria, che verrebbe decurtata per eventuali assenze. Come motteggiava Giulio Andreotti: «A pensare male si fa peccato, ma qualche volte ci si azzecca». Al netto, ovviamente, di malanni, malattie e precarie condizioni di salute.Bigiatori d'aula, dunque. Anche la rocciosa opposizione non si esime. Tra le file del Pd spicca Tommaso Cerno, ex direttore dell'Espresso ed ex condirettore di Repubblica. Eletto un anno fa senatore dei democratici, il giornalista ha saltato il 93 per cento delle chiamate. Però non ha quasi mai fatto uso di congedi o missioni. A differenza, invece, di Daniele Cardinale, figlia dell'indimenticato Salvatore, detto Totò. Un highlander della politica: vent'anni fa era ministro delle Telecomunicazioni nel governo di Massimo D'Alema, più recentemente è stato il capofila dei renziani di complemento in Sicilia. La figliola Daniela ha la stessa passione del padre: abnegazione e lavoro da spendere sul territorio. Perché a Roma, in effetti, si vede pochino: ha l'83 per cento di assenze e una marea di congedi o missioni. Come l'ex vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, che ha mancato il 70 per cento di votazioni. Cifra sputata e identica a quella di Paola De Micheli, in predicato di diventare la vice di Nicola Zingaretti, neo segretario del Pd. Il nuovo che avanza, insomma.Anche la vecchia guardia democratica non brilla però per presenzialismo. L'ex premier, Paolo Gentiloni, buca il 65 delle sedute. Il suo vecchio ministro delle Infrastrutture, Graziano Del Rio, ne salta il 61 per cento. La fu titolare della Sanità, Beatrice Lorenzin, zompa il 57 per cento delle votazioni. Lo stesso dato raggranellato dall'ex segretario del Pd, Maurizio Martina, già al vertice del dicastero dell'Agricoltura. Più morigerato Pier Carlo Padoan, il supertecnico scelto per l'Economia: ha mancato il 40 delle sessioni. E Matteo Renzi? L'ex premier, poi sostituito proprio da Gentiloni, il giorno dopo la sua elezione a Palazzo Madama aveva promesso: «Sono orgoglioso del risultato nel mio collegio. Torno indietro: faccio solo il senatore di Scandicci, Impruneta, Signa e Lastra a Signa». Lo immaginiamo dunque chino sul suo scranno, rapido come un ghepardo, pronto a scattare alla prima chiama. Invece è assente nel 31 per cento dei casi. Più che doppiato, comunque, dal suo ex ministro per le Infrastrutture, l'onorevole Maurizio Lupi, iscritto al gruppo misto: 71 per cento. Ancora tra i banchi dell'opposizione, versante Forza Italia, oltre alla pasionaria animalista Brambilla, si distinguono due deputati. Il primo è Antonio Angelucci, re delle cliniche laziali ed editore di Libero: 84 per cento. Ma quasi sempre, annota l'elenco di Montecitorio, è stato assente giustificato. Nelle file dei forzisti, lo segue a ruota Guido Della Frera, altro imprenditore prestato alla politica: 74 per cento. Mentre tra i senatori berlusconiani non brillano nemmeno Stefania Craxi, 68 per cento, e Niccolò Ghedini, 58 per cento. Nella contigua area politica di centro destra, sponda Fratelli d'Italia, campeggia invece il 71 per cento del capogruppo alla Camera, Francesco Lollobrigida: assenze rimpinguate da congedi o missioni. Fa poco meglio la leader del partito, Giorgia Meloni: 70 per cento. Che però non ha mai presentato giustificazioni. Del resto la scarsa partecipazione all'attività parlamentare, in parte giustificabile, caratterizza quasi tutti i segretari politici della storia repubblicana. Generiche attenuanti da concedere anche a due deputati della Lega. Il primo è Alessandro Morelli: buca il 92 per cento delle sedute. Ma è presidente della nevralgica commissione Trasporti di Montecitorio. Oltre che responsabile della comunicazione del «capitano» leghista, Matteo Salvini. Pure l'economista Claudio Borghi è uccel di bosco: 80 per cento di assenze. Ma per lui vale uguale ragionamento: alla Camera guida la cruciale commissione Bilancio. L'altra leghista in vetta è Vania Valbusa: 81 per cento. Anche lei impegnatissima: onorevole e assessore all'agricoltura a Valeggio sul Mincio, nel Veronese.Dal blu leghista, si passa al giallo pentastellato: l'altra anima governativa. Oltre alla senatrice colta da stress lavorativo, Bogo Deledda, ed escludendo i membri di governo, nei 5 stelle si segnala per lontananza dall'emiciclo la parlamentare umbra Tiziana Ciprini: 79 per cento. Ha lasciato invece il Movimento, passando nel gruppo misto, un altro deputato che non brilla per presenzialismo: Salvatore Caiata. Il patron del Potenza calcio ha saltato il 70 dei voti. Ha purtroppo abbandonato del tutto Montecitorio, dove comunque si era visto pochino, Andrea Mura, skipper dell'imbarcazione Vento di Sardegna, eletto tra le file dei 5 stelle. Il bubbone scoppia la scorsa estate: l'onorevole-velista, nel 96 per cento delle votazioni, a Montecitorio non s'era visto. Ma lui, lungi dalla pubblica ammenda, si giustifica liricamente: «L'attività politica non si svolge solo nelle aule, ma pure su una barca. Io l'ho detto fin dall'inizio, anche in campagna elettorale: il mio ruolo, più che quello di parlamentare, sarebbe stato quello di testimonial a difesa degli oceani». Invece diventa ingenerosamente testimonial dei politici assenteisti. Il movimento lo espelle. E Mura, travolto dalle contestazioni, è costretto a prendere il largo e timonare a tempo pieno. Il 27 settembre 2018 vengono accettate le sue dimissioni. Al suo posto, a Montecitorio entra Andrea Frailis, del Partito democratico. O, meglio, si affaccia: ha già saltato il 54 per cento delle votazioni. Ma è stato appena eletto. Avrà tempo per riscattarsi. I solerti uscieri della Camera l'aspettano a braccia aperte.Non rimane allora che consolarsi con la smagliante performance del manipolo di indefessi che, invece, non ha scansato nemmeno un voto. A Palazzo Madama sono appena 18, soprattutto leghisti e grillini, su 321: poco più del 5 per cento. Miserevole. Mentre a Montecitorio, su 630 onorevoli quelli che non hanno mancato neppure un colpo sono appena due: lo 0,3 per cento dell'emiciclo. Sconfortante. E se, alla fine, avesse davvero ragione quell'ex deputato siciliano di Scelta civica? Ovvero il ruspante imprenditore antimafia Andrea Vecchio, in carica nella scorsa legislatura. Uno senza peli sulla lingua. Che una volta, interpellato sulla sua vita da parlamentare, solennemente decretò: «Qui non si fa una minchia!». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/assenteisti-in-parlamento-meno-voti-piu-vuoti-2631235862.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="senatori-a-vita-furbetti-del-gettone-fingono-di-essere-sempre-in-missione" data-post-id="2631235862" data-published-at="1758064976" data-use-pagination="False"> Senatori a vita? Furbetti del gettone. Fingono di essere sempre in missione «Il Senato è composto da membri nominati a vita dal Re, in numero non limitato». L'articolo 33 dello Statuto Albertino, a 170 anni dalla sua nascita, è ancora vivo e vegeto. A Palazzo Madama ci sono sei senatori a vita: mai eletti, scelti per riconosciuti meriti, estranei alle meccaniche parlamentari. E, soprattutto, quasi sempre altrove. Notazione, in qualche caso, eufemistica. Come nel caso dell'ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. In poco meno di un anno non ha partecipato a nessuna votazione. Le assenze di Re Giorgio, 93 anni, sono però giustificate: il senatore a vita era in congedo, probabilmente per i postumi dell'operazione al cuore di un anno fa. Anche l'architetto genovese Renzo Piano, 81 anni, altro illustrissimo senatore a vita, a Palazzo Madama non ha mai messo piede. Del resto, appena proclamato, aveva già promesso di devolvere la sua indennità ai progetti di giovani e valorosi architetti. Non brilla neppure l'ex premier Mario Monti, 75 anni, economista e accademico di successo. Il «professore» è presidente della prestigiosissima università Bocconi di Milano, scrive acute articolesse sul Corriere della Sera e viene spesso invitato in tv come opinionista. E difatti si vede di più sul piccolo schermo che a Palazzo Madama. Dall'inizio della legislatura ha partecipato a poco più del 4 per cento dei voti: ovvero, il 96 per cento di assenze. E le sue presenze totali schizzano al 65 per cento solo grazie a congedi o missioni autorizzate dal Senato. Pure la farmacologa Elena Cattaneo, 56 anni, nominata senatrice a vita a febbraio del 2013, sulla carta ha uno score invidiabile: oltre il 94 per cento. Nel dettaglio, però, si scopre che è stata assente nell'85 delle votazioni. Pure in questo caso, la discrasia sta nell'abbondante uso di missioni e congedi: quasi l'80 del totale. Invece non mai presentato giustificazioni Liliana Segre, 88 anni, sopravvissuta all'Olocausto, scelta un anno fa dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Ha però mancato il 93 dei voti. Il più attivo di tutti, alla fine, è l'ex premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia: 84 anni ottimamente portati. Ha partecipato al 21 per cento delle votazioni. Per il resto, non si segnalano missioni o congedi. Insomma, tra senatori a vita, è l'indiscusso stakanovista d'aula. Seppure con il 79 per cento di assenze. Così, pur mantenendo smisurata gratitudine per questi illustrissimi italiani, il dubbio assale: che senso hanno oggi i senatori a vita? Se lo chiedeva qualche tempo fa sulla Voce l'economista Roberto Perotti, ex commissario per la spending review nel governo di Matteo Renzi. Giungendo alla spietata conclusione: «I senatori a vita sono una pessima idea». Perotti sintetizza: sono politicamente rischiosi, terribilmente anacronistici, lautamente retribuiti, poco competenti. E poi: «L'apporto di conoscenze di queste pur prestigiose persone semplicemente fatica a manifestarsi». Ovvero: in aula non si vedono mai. O quasi. Ah, Perotti insegna proprio alla Bocconi, di cui Monti è presidente. Chissà le pacche sulle spalle nei corridoi dell'università.