2022-11-13
Asse Italia Malta Cipro e Grecia: «Ong illegali, adesso basta»
Altro che isolata: l’Italia firma con Grecia, Cipro e Malta un duro atto d’accusa contro i taxi del mare e le ipocrisie di Bruxelles «Navi private sono contro le regole». Con summit europei e il G20 alle porte, il governo si prepara a una serie di partite cruciali.Come tirarsi un’incudine sui piedi. La sceneggiata di Emmanuel Macron contro il governo italiano ha ottenuto un effetto inatteso: la reazione dei Paesi del Mediterraneo centrale e orientale, pronti a creare un fronte comune per costringere l’Europa a farsi carico del problema dei migranti illegali trasportati a riva dalle Ong private che «non rispettano la cornice giuridica internazionale». In vista del Consiglio europeo straordinario sul tema, Italia, Grecia, Cipro e Malta hanno firmato una dichiarazione congiunta dai toni risentiti nei confronti di Bruxelles e di quelle nazioni (Francia, Germania, Spagna, Olanda) che fanno le compassionevoli con i clandestini degli altri ma non riescono a «esercitare la giurisdizione e il controllo sulle navi battenti la propria bandiera».Il documento dei Paesi che si trovano a sostenere l’onere più gravoso della gestione dei flussi contiene quattro punti-chiave destinati a smascherare la doppia morale Ue sui ricollocamenti e sulla rotazione dei porti, cardini degli accordi di Malta del settembre 2019, ribaditi formalmente nel giugno scorso ma mai rispettati. 1 Italia, Grecia, Malta e Cipro, attraverso i loro ministri dell’Interno e della migrazione, affermano che «il meccanismo di relocation riguarda solo una frazione molto esigua del numero effettivo degli arrivi irregolari di quest’anno». Praticamente un bluff, che dà ragione a Giorgia Meloni quando dice dei 90.000 migranti sbarcati in Italia, solo 112 sono stati ricollocati in Europa (38 nella Francia macroniana in fibrillazione). 2 Il meccanismo si è rivelato «lento nel raggiungere l’obiettivo dichiarato. Tutto ciò è increscioso e deludente, soprattutto nel momento in cui i nostri Paesi devono affrontare una pressione migratoria che mette a dura prova il sistema di asilo e accoglienza».Gli altri due punti prendono di mira direttamente le navi Ong scorrazzanti a piacimento, quei taxi del mare che spesso completano il lavoro degli scafisti. 3 «Non possiamo sottoscrivere l’idea» scrivono quelli del Club Med, «che i Paesi di primo ingresso siano gli unici punti di sbarco europei possibili per gli immigrati illegali, soprattutto quando ciò avviene in modo non coordinato, sulla base di una scelta fatta da navi private che agiscono in totale autonomia rispetto alle autorità statali competenti». 4 Gli Stati firmatari chiedono che ogni Paese «eserciti la giurisdizione e il controllo sulle navi battenti la propria bandiera e si assuma le sue responsabilità in conformità con gli obblighi internazionali. La Commissione europea adotti le misure necessarie per avviare la discussione».La presa di posizione ha l’effetto di uno sparo in un campo militare addormentato e mette l’Europa di fronte al cuore peloso del problema: il rapporto fra Ong e Paesi di provenienza, il lassismo politico di chi volta le spalle alle bandiere sui pennoni per lasciare alle nazioni costiere ogni responsabilità di primo (e spesso ultimo) aiuto. Il dito nella piaga è involontariamente confermato da una dichiarazione di Sos Méditerranée, armatore francese della Ocean Viking costretta a dirigersi verso Tolone, che dopo aver visto per la prima volta un porto patrio si è sentito in dovere di aggiungere: «Una simile crisi non deve più ripetersi». Come se la preoccupazione più grande fosse lasciare tranquillo Macron.Costretta a scendere in campo dalla tensione Roma-Parigi e dall’asse dei Paesi mediterranei, ora l’Europa prova a prendere in mano la patata bollente. Il vicepresidente della Commissione, Margaritis Schinas, ha tuonato: «Non possiamo permettere che due Stati membri si scontrino in pubblico e creino un’altra mega-crisi sui migranti». Risultato: tre summit. Il primo è il Consiglio dei ministri degli Esteri previsto domani a Bruxelles; Antonio Tajani ha chiesto di mettere nell’ordine del giorno le politiche migratorie. Il secondo sarà un vertice straordinario dei ministri degli Interni entro una decina di giorni per concordare un’azione comune dopo che Germania, Olanda, Lussemburgo e Spagna hanno di fatto rigettato la proposta dell’Eliseo di isolare l’Italia. Il terzo sarà il Consiglio degli Interni ufficiale di dicembre, da tenersi nella Repubblica Ceca, presidente pro tempore dell’Unione Europea. Con un tema molto delicato: le partenze dalla costa nordafricana. Ha ribadito Schinas: «Bisogna fare meglio per quanto riguarda l’aiuto alla cooperazione con i Paesi di origine e di transito dei migranti». Torna di moda aiutarli a casa loro.Dopo il tentativo francese andato a vuoto, la posizione italiana sembra consolidata dalla solidarietà diffusa e dal documento nero su bianco degli altri Paesi di prima accoglienza. Riguardo alla crisi diplomatica il vento spira a favore di Meloni, che ripete parole di buon senso: «Chiedo che si costruisca una soluzione europea». La premier è attesa la settimana prossima a Bali per il G20; in agenda ha un faccia a faccia con il presidente americano Joe Biden destinato a darle una visibilità assoluta. Le diplomazie sono al lavoro perché a margine del summit si tenga anche un incontro con Macron per smussare gli spigoli. La presidente italiana non è intenzionata a tornare sui suoi passi: la collaborazione europea deve essere diffusa, concreta e rapida. Il fastidio francese davanti allo scacco matto è palpabile ed è sfociato nel bilioso e razzista giudizio di Jean-Luc Melenchon: «Siamo la Francia, non un paese di barbari governato da fascisti». Non andavano così fuori di testa dai tempi di Gino Bartali.
Operazioni di soccorso dopo il crollo ai Fori Imperiali (Getty Images)
Una donna in preghiera in una chiesa nei pressi di Lagos, Nigeria (Getty Images)