2024-03-06
Su Aspides il M5s rientra nei ranghi. E calma la base: «Missione difensiva»
Via libera da Camera e Senato al presidio nel Mar Rosso. Sulla risoluzione di maggioranza converge anche Giuseppe Conte, ma non Avs che punta al voto pacifista. Il Pd a mani vuote protesta per i fondi tolti alle Ong.Rapporto choc dell'Onu: «Gli abusi del 7 ottobre potrebbero essere ancora in corso». I jihadisti respingono le accuse. Joe Biden: «Israele non blocchi gli aiuti». Sale la tensione in Libano.Lo speciale contiene due articoli.Via libera bipartisan (o quasi) dal Parlamento alle missioni militari che vedono impegnate le nostre forze armate per il 2024 in scenari di crisi. L’attenzione, in particolare, era puntata sulla missione Aspides nel Mar Rosso, nella quale il compito della nostra Marina sarà quello di scortare e difendere dall’attacco dei ribelli Huthi dello Yemen le navi mercantili che transitano nell’area. Una missione europea, reclamata a gran voce dal nostro governo, condotta in collaborazione con Stati Uniti e Regno Unito. Lunedì, in commissione a Montecitorio, la scena era stata occupata dal leader del M5s, Giuseppe Conte, il quale aveva soddisfatto la necessità del suo movimento di smarcarsi dal Pd di fronte all’elettorato ultrapacifista e filopalestinese astenendosi sul testo del governo, chiedendo maggiori garanzie sul fatto che la missione fosse di natura difensiva. Un principio enunciato chiaramente nel documento dell’esecutivo, ma la presenza dell’avverbio «eminentemente» aveva fornito a Conte l’assist per rivendicare una vittoria politica, chiedendo al ministro degli Esteri e vicepremier, Antonio Tajani, di riformulare il testo per l’aula. Cosa poi avvenuta, con reciproca soddisfazione, un po’ meno per il Pd che ha tentato di recuperare chiedendo - invano - di ripristinare i fondi per le Ong filopalestinesi e per l’Agenzia Onu per il soccorso e il lavoro ai profughi palestinesi, su cui recentemente si sono addensati molti sospetti di fiancheggiamento ad Hamas. Quanto al voto su Aspides, la risoluzione di maggioranza è stata dunque votata da tutte le forze parlamentari tranne Avs, che ha votato contro. La votazione di tutti i documenti presentati per parti separate ha consentito un largo consenso bipartisan, poiché la quasi unanimità dei presenti ha potuto limitarsi a dare il via libera al dispositivo delle risoluzioni, senza dover approvare le premesse, talvolta divergenti tra maggioranza e opposizioni. Su Aspides la risoluzione del centrodestra ha quindi ottenuto 271 sì e sei no (quelli di Avs) e con numeri simili sono state approvate le mozioni di Pd (salvo la parte sulle Ong), M5s, Iv e Azione, mentre è stata bocciata quella dei rossoverdi. Qualche ora dopo il voto si è ripetuto al Senato, dove il quadro si è replicato con numeri ovviamente diversi: 153 a favore e due contrari.Ok anche alle altre due missioni, su cui c’erano meno dubbi, e cioè la missione Levante, consistente nella protezione militare per gli aiuti alla popolazione civile della Striscia di Gaza, e la missione civile per l’Ucraina. Interpellato sulla «conversione» notturna del M5s, Conte ha spiegato di essersi «premurato che fosse ribadito e puntualizzato il carattere assolutamente e integralmente difensivo di questa missione» e ha sostenuto di «aver portato il governo a votare la nostra risoluzione». In casa Pd soddisfatti per i voti, anche se il capogruppo in commissione Difesa, Stefano Graziano, ha protestato per «il no del governo a potenziare i fondi alle Ong e all’Unrwa». Decisamente contrari a tutte le risoluzioni i rossoverdi, che lunedì non erano presenti al voto in commissione: «l’escalation bellica nel Mar Rosso», ha affermato la deputata Luana Zanella, «non è una possibilità teorica ma un orizzonte concreto, per questo noi diciamo no alla missione Aspides». Comprensibilmente soddisfatti, nelle file del governo, i due ministri competenti, Antonio Tajani e Guido Crosetto: il ministro degli Esteri aveva sottolineato, in sede di replica, che la missione Aspides «non è diretta contro nessuno, ma a difesa di un principio: la libertà e la sicurezza della navigazione. Solo facendo rispettare questo principio è possibile assicurare sicurezza e benessere alla regione». «Le risposte», aveva aggiunto, «saranno condotte nel pieno rispetto del diritto internazionale, quello consuetudinario e il diritto all’autodifesa in caso di attacco imminente o in corso, su navi proprie o di terzi». Al Senato (dove c’è stato anche un battibecco con Iv, per un persistente brusio di fondo durante il suo intervento) Tajani non ha mancato di estendere il discorso al quadro globale di crisi, che dimostra «la crescente necessità di agire con urgenza, occorre trovare una soluzione strutturale», ha proseguito, «e dotarci di uno strumento che consenta una risposta adeguata, rapida ed efficace alla repentina evoluzione del quadro internazionale, per questo abbiamo trasmesso al Senato una proposta di riforma». «L’obiettivo», ha concluso, «è snellire le procedure di autorizzazione delle missioni per rispondere meglio alle rapide evoluzioni del contesto internazionale, preservando prerogative e ruolo centrale del Parlamento». Da parte sua, il ministro della Difesa, Crosetto, in missione ad Ankara, ha espresso soddisfazione per l’ok ad Aspides e Levante: «Le missioni militari», ha dichiarato, «devono fornire sicurezza ma soprattutto aprire una finestra di opportunità per la diplomazia e per la pace».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/aspides-m5s-rientra-missione-difensiva-2667438327.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lonu-si-sveglia-sugli-stupri-di-hamas" data-post-id="2667438327" data-published-at="1709710037" data-use-pagination="False"> L’Onu si sveglia sugli stupri di Hamas Nemmeno il tempo di registrare il fatto che Israele ha richiamato in patria per consultazioni il suo ambasciatore all’Onu, Gilad Erdan, in seguito «al silenzio» sulle violenze sessuali commesse da Hamas, che un team speciale delle Nazioni Unite guidato da Pramila Patten, ha dichiarato che «ci sono prove convincenti che gli ostaggi israeliani trattenuti a Gaza sono stati vittime di violenza sessuale perpetrata da membri di Hamas, incluso lo stupro di gruppo durante gli attacchi del 7 ottobre 2023». Ma c’è di più secondo l’Onu: «Ci sono ragioni per sospettare che tali abusi possano ancora essere in corso». Il ministero degli Esteri israeliano ha accolto con favore «il riconoscimento ufficiale del fatto che Hamas abbia commesso crimini sessuali». Hamas ha respinto le accuse mosse nei confronti dei suoi membri riguardanti episodi di violenza sessuale il 7 ottobre, come riportato nel rapporto delle Nazioni Unite. In una dichiarazione ripresa da al-Jazeera, Hamas ha sostenuto che il rapporto di Patten «è stato pubblicato in seguito a falliti tentativi sionisti di provare questa falsa accusa del tutto infondata». Secondo il gruppo jihadista questo rapporto «non offre testimonianze dirette dalle presunte vittime, ma si basa su informazioni fornite da istituzioni, soldati e testimoni israeliani selezionati dall’autorità occupante e questo rapporto mira a demonizzare la resistenza palestinese». In effetti è vero che ci sono poche testimonianze delle vittime ma solo perché dopo averle stuprate decine di volte (una donna 67 volte) e dopo aver conficcato bastoni e chiodi nei loro organi sessuali sono state trucidate. Come vi abbiamo raccontato ieri, i colloqui per un cessate il fuoco sono a un punto morto, tanto che ieri si sono conclusi al Cairo senza alcun risultato e tra pochi giorni inizia il Ramadan. Bassem Naim, funzionario di Hamas, ha dichiarato che il gruppo palestinese ha presentato la propria proposta per un accordo di cessate il fuoco ai mediatori durante i due giorni di colloqui e ora attende una risposta da parte degli israeliani che non hanno partecipato a questo round di negoziati. Ma è la solita commedia che va in scena da più di quattro mesi, con Hamas che si rifiuta di dare il numero degli ostaggi vivi arrivando persino ad affermare: «Gli ostaggi si trovano in zone diverse, nelle mani di gruppi diversi: abbiamo chiesto una tregua anche per raccogliere informazioni», oppure che è «impossibile sapere esattamente chi è ancora vivo, chi è morto per i raid israeliani o per fame». In realtà l’organizzazione terroristica ha scelto di continuare la guerra sperando che le vittime civili palestinesi aumentino in modo che questo provochi le proteste della comunità internazionale. Ieri il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, incontrando il premier del Qatar ha chiesto ad Hamas «di accettare il cessate il fuoco immediato con Israele». Mentre Joe Biden ha detto ai giornalisti presenti a Camp David : «Sarà molto pericoloso se non ci sarà la tregua a Gaza entro il Ramadan. E Israele non ha scuse per bloccare gli aiuti». Intanto la guerra continua e l’Idf continua le operazioni nel complesso residenziale di Hamad Town a Khan Yunis, nel Sud della Striscia di Gaza, dove anche ieri sono stati individuati numerosi miliziani e dove è stato distrutto il tunnel più grande di Hamas scoperto sinora nella Striscia di Gaza. Come scrive The Times of Israel, una brigata Idf ha condotto incursioni nei siti di Hamas nel quartiere, confiscando una grande quantità di armi. Le truppe israeliane hanno facilitato l’evacuazione dei civili dalla zona e, durante l’operazione, sono stati arrestati diversi miliziani di Hamas e della Jihad islamica che stavano cercando di fuggire insieme ai civili usati come sempre come scudi umani. Alta tensione anche nel Mar Rosso con gli Huthi che hanno attaccato la nave portacontainer Msc Sky II, che batte bandiera liberiana ed è di proprietà svizzera, mentre si dirigeva verso Gibuti. A bordo è scoppiato un incendio (subito domato). Non ci sono feriti. Timori anche per quanto accade in Libano. Il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha detto agli Usa che i continui attacchi di Hezbollah contro Israele stanno «avvicinando un’azione militare in Libano».
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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