2018-05-26
Asili nido e case prima agli italiani? Per la Consulta non si possono dare
La Corte costituzionale respinge la legge regionale della Liguria sulle graduatorie dell'edilizia popolare: «È irragionevole e discrimina gli stranieri». Bocciata anche la norma del Veneto sull'accesso alle scuole.Un paio di giorni fa, il sempre simpatico presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, ha dichiarato con un certo sussiego: «Siamo vigili per salvaguardare per intero i diritti degli africani che sono in Italia». Ci sentiamo di rassicurarlo: può stare sereno, perché a difendere i diritti degli africani - e degli stranieri più in generale - ci pensano già le istituzioni italiane, anche quando ciò comporta danneggiare gli autoctoni. Lo dimostrano perfettamente due vicende di questi giorni. La prima riguarda la Regione Veneto. Nel 2017 ha approvato una legge che dava diritto di precedenza per l'accesso agli asili nido ai bambini figli di genitori che vivessero o lavorassero in Veneto da almeno 15 anni. È evidente che si trattava di un modo per favorire gli italiani rispetto agli stranieri. La Corte costituzionale, tuttavia, ha sentenziato che tale legge è incostituzionale: contrasterebbe con i principi dell'eguaglianza e dell'educazione. La seconda storia interessa invece la Regione Liguria guidata da Giovanni Toti. Il 30 maggio del 2017, il Consiglio regionale ligure ha approvato una norma che avrebbe dovuto consentire agli italiani di non essere costantemente scavalcati dagli immigrati nelle graduatorie per le case popolari. La legge regionale prevedeva che, per accedere all'edilizia pubblica, gli stranieri dovessero essere «regolarmente residenti da almeno dieci anni consecutivi nel territorio nazionale». Nulla di sconvolgente, dunque. Si trattava di una norma di buonsenso, studiata per porre rimedio a una situazione vergognosa che non riguarda solo la Liguria, ma la gran parte d'Italia. Basti citare qualche esempio: a Sassuolo, Comune emiliano, le case popolari sono occupate al 70% da stranieri anche se questi rappresentano appena il 15% della popolazione. A Milano il dato è poco più confortante: il 34% delle abitazioni va agli immigrati, che però sono il 20% dei residenti. A Torino la popolazione straniera è il 15% del totale, ma occupa il 40% dell'edilizia pubblica. Idem a Firenze, dove gli immigrati ottengono circa i due terzi degli appartamenti destinati ai meno abbienti. Non per nulla, qualche settimana fa, il sindaco fiorentino Dario Nardella - renziano di ferro, dunque non sospettabile di leghismo - ha proposto di privilegiare, nelle graduatorie per l'edilizia pubblica, coloro che risiedono a Firenze da più tempo. Insomma, pure il primo cittadino del Pd ha pensato a una norma simile a quella voluta dalla giunta di Toti. Forse tutto questo dovrebbe far riflettere: se persino a sinistra si rendono conto che gli italiani sono penalizzati, significa che il problema è grave. Purtroppo, come sempre accade, le nostre istituzioni da quest'orecchio non vogliono sentirci. Il governo di centrosinistra ha fatto ricorso contro la legge ligure, e a decidere è stata chiamata la Corte costituzionale. Secondo la Consulta, la norma che favorisce gli italiani nelle graduatorie va respinta. Motivo? Essa «determina un'irragionevole discriminazione»: sia nei confronti dei cittadini dell'Ue «sia nei confronti dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, i quali godono dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda anche l'accesso alla procedura per l'ottenimento di un alloggio». Complici le normative europee, insomma, i giudici costituzionali hanno rispedito al mittente la legge voluta da Toti, che sarebbe «irragionevole» e presenterebbe una «mancanza di proporzionalità (risolventesi in una forma dissimulata di discriminazione nei confronti degli extracomunitari)». Con la scusa di non discriminare gli stranieri, si finisce per approvare la discriminazione a danno degli italiani. Tra l'altro, indignarsi con la Consulta per la decisione serve a poco: i diktat dell'Unione europea non permettono ai giudici di avere le mani (e le menti) completamente libere. Piuttosto, fa riflettere la decisione del governo a trazione progressista di presentare ricorso. Giovanni Toti è giustamente furioso: «Invece di occuparsi dei veri bisogni dei cittadini», ha detto, «il passato governo di centrosinistra ha ben pensato di intervenire su una nostra legge, che dava a liguri e italiani la priorità sulle case popolari e che ora è stata bloccata: un atto grave ma che non ci ferma. Andremo avanti per aiutare i cittadini più deboli». Che la sinistra abbia un gigantesco problema con la difesa degli autoctoni è cosa nota. Se n'è accorto perfino uno dei più militanti studiosi americani, un liberal tutto d'un pezzo di nome Mark Lilla, docente di Storia alla Columbia university. Nel suo nuovo pamphlet L'identità non è di sinistra, appena pubblicato in Italia da Marsilio, il professore spiega: «Come in uno strano gioco di immedesimazione, le forze politiche progressiste sembrano ogni giorno più ossessionate da tutto ciò che è marginale. Che si tratti di minoranze o gruppi vulnerabili da difendere, questo atteggiamento ha origine in una visione politica che ha fatto dell'io e delle sue volatili definizioni un simbolo sacro». Secondo Lilla, «l'espansione dell'immigrazione clandestina offre ai democratici una nuova categoria di ultimi per cui combattere, ora che la classe operaia li ha abbandonati per affidarsi alla protezione dei movimenti populisti». Già: la protezione dei confini e dei cittadini è considerata dai progressisti un atteggiamento intollerante e violento. Eppure, sostiene Lilla, «è molto difficile concepire un futuro per la sinistra europea se non si deciderà [..] ad assumere un atteggiamento critico verso la burocrazia dell'Ue e combattere apertamente l'immigrazione illegale». Nel frattempo, però, le sciagurate decisioni dei governi progressisti continuano a pesare sulle nostre spalle. Ci auguriamo che il nascente esecutivo inverta la marcia. E che pure il M5s faccia la sua parte nel cambio di direzione. Sulla vicenda ligure, a dire il vero, i pentastellati hanno assunto la stessa posizione del Pd, definendo la legge di Toti «inutile e dannosa». Speriamo che ai piani alti abbiano idee differenti.
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