
La donna di fede cristiana, finita in carcere per blasfemia, ha lasciato il Pakistan. Dopo l'assoluzione viveva nascosta.Asia Bibi ha lasciato il Pakistan e ha raggiunto il Canada, dove vivono da tempo i suoi cinque figli. Dopo 10 anni si può mettere davvero la parola fine sulla travagliata vicenda della donna pakistana di fede cristiana, arrestata nel 2009 sulla base delle testimonianze di alcune donne che le recriminavano di aver offeso il profeta Maometto, successivamente condannata alla pena capitale nel 2010 e tenuta nel braccio della morte fino al 31 ottobre scorso, quando la Corte suprema del Pakistan l'ha finalmente assolta dall'accusa di blasfemia. A dare l'annuncio del trasferimento di Asia Bibi nel Paese del Nord America è stato, ieri mattina, il suo avvocato, Saif Ul Malook, parlando all'americana Cnn. Secondo la stampa locale, la cinquantatreenne sarebbe volata assieme al marito in Canada per riunirsi alle figlie, che l'hanno accolta all'aeroporto a Calgary City. La notizia è stata confermata anche da una fonte del ministero degli Esteri del Pakistan, che tuttavia non ha specificato la destinazione della madre cristiana: «Asia Bibi ha lasciato il Paese, ella è una donna libera e si è messa in viaggio di sua spontanea volontà».Negli ultimi mesi Asia Bibi aveva vissuto nascosta in una località rimasta segreta per motivi di sicurezza, visto che dopo la sua assoluzione in tutto il Paese erano scoppiate violente proteste, animate dai gruppi integralisti islamici che, ancora oggi, invocano l'uccisione della donna. Ad ogni modo, Asia Bibi è stata libera di lasciare il Pakistan solo dal 29 gennaio scorso, quando la Corte suprema ha respinto anche il ricorso dei fondamentalisti contro la sua assoluzione. Il giudice Asif Saeed Khosa, presidente dei tre membri della Corte chiamati a rivedere il caso, ha stabilito che il firmatario del ricorso «non è stato in grado di individuare alcun errore nel verdetto della Corte suprema che ha assolto Asia Bibi». La possibilità del ricorso e il divieto di espatrio della donna erano stati garantiti in precedenza dal governo proprio per attenuare le proteste di piazza degli integralisti, che per tre giorni avevano messo a ferro e fuoco diverse città, mentre il partito radicale Tehreek-e-Labaik aveva minacciato di morte i giudici che avevano emesso la sentenza e chiesto ai militari di ribellarsi. Adesso Asia Bibi può riabbracciare i suoi cari, benché drammaticamente lontana dalla sua patria per poter continuare a professare la fede cristiana. La donna, nel frattempo, è infatti diventata un simbolo della persecuzione religiosa e in particolare di quella anticristiana, che colpisce migliaia di fedeli che vivono nei Paesi a maggioranza musulmana, in cui si registra un aumento del fondamentalismo di matrice islamica. Per questo motivo vale la pena ricordare i due politici pakistani che hanno pagato con il sangue il loro sostegno ad Asia Bibi: il governatore del Punjab, Salmaan Taseer (musulmano) e il ministro per le Minoranze religiose, Shahbaz Bhatti (cattolico), entrambi brutalmente assassinati dagli islamisti nel 2011. Paul Bhatti, fratello di Shabaz e fondatore del Movimento di tutte le minoranze del Pakistan, in più di un'occasione ha ricordato che sono moltissime le persone che a causa della legge sulla blasfemia sono ancora in prigione o hanno subito violenze. Di fatto la normativa viene applicata in modo arbitrario e pretestuoso. Non a caso la Corte suprema ha ricordato che, dal 1990, 62 persone sono state uccise a seguito di accuse di blasfemia anche prima del processo. L'ultimo caso riguarda l'omicidio di Mashal Khan, uno studente dell'Università di Mardan, che nell'aprile 2017 è stato ucciso nei locali dell'ateneo da una folla inferocita per il fatto di aver pubblicato contenuti blasfemi online.In realtà la parte più moderata della società civile pakistana vorrebbe riformare questa legge, ma finora ogni tentativo è fallito e spesso chi ha proposto modifiche ha messo a repentaglio la propria vita. Ma questa non è l'unica anomalia nella legislazione pakistana: le più alte cariche dello Stato, come presidente e primo ministro, non possono essere occupate da cristiani. Nei processi, la testimonianza di un uomo musulmano vale come quella di due uomini cristiani e di quattro donne cristiane, spiega in un'intervista a Tempi Shahid Mobeen, docente della Pontificia università lateranense e autore del testo Legge della blasfemia e libertà religiosa.Sul governo pakistano potrebbero fare pressioni i Paesi occidentali, visto che Islamabad è uno storico alleato regionale degli Stati Uniti. Eppure nemmeno l'Europa ha fatto una bellissima figura rispetto al caso Asia Bibi. Quando, dopo l'assoluzione, si parlava di accogliere la famiglia della donna, la Gran Bretagna disse apertamente che non avrebbe offerto asilo per paura di ritorsioni interne, considerata la consistenza della comunità pakistana nel Regno Unito. L'Italia ha avuto invece un ruolo attivo nelle trattative sotterranee per una soluzione della vicenda, un impegno che ha visto in prima linea soprattutto la diplomazia della Santa sede. Ma sono decine i Paesi del mondo in cui ogni giorno continuano a registrarsi violazioni del diritto alla libertà religiosa, con buona pace della comunità internazionale.
Volodymyr Zelensky (Getty Images)
Dopo la doccia fredda di Trump sui missili Tomahawk, il presidente ucraino chiama gli alleati Ue e cambia toni: «Dobbiamo fermarci e parlare». Il repubblicano ribadisce: «La guerra finisca ora sull’attuale linea del fronte».
E’ una di quelle ricette che risolvono tutto: la merenda dei ragazzi, l’aperitivo con gli amici, una cena improvvisata e che ha il grande vantaggio di valorizzare le erbe miste: possono essere spinaci, bietole, erbette di campo. Il resto viene da sé. Ora in cucina.