2018-11-07
Asia Bibi, appello del marito a Roma. Salvini: «Stiamo facendo il massimo»
Lavoro diplomatico delicatissimo, anche sul fronte Ue, per salvare la donna in prigione accusata di blasfemia. La famiglia è in pericolo: c'è il rischio che i fanatici fiutino le mosse e facciano di nuovo deflagrare la protesta.Servono un visto, una scorta e un aereo pronto a partire. Ma soprattutto serve il via libera del governo pakistano, che dia ordine alla polizia di prelevare la donna dal carcere in cui si trova e portarla al sicuro nella prima ambasciata disponibile. E altrettanto bisogna fare con la sua famiglia. È un lavoro diplomatico delicatissimo quello necessario per salvare Asia Bibi. A muoversi all'interno dei confini del Pakistan può essere solo la polizia locale, su ordini precisi del Paese sovrano, che però ha appena preso accordi con il principale partito islamista per impedire che la donna lasci il Paese nonostante l'assoluzione.«Ci stiamo lavorando con discrezione», ha dichiarato ieri il ministro dell'Interno, Matteo Salvini. E l'unica carta da giocare è la voglia del Pakistan di liberarsi di un caso giudiziario che sta diventando ingombrante, per il clamore mediatico che ha suscitato (non in Italia) e di non farlo volgere in tragedia.Il tempo, però, stringe. Asia Bibi era stata condannata a morte, nel 2010, per «avere offeso il profeta Maometto», in base ai dettami dell'integralismo musulmano. Dopo nove lunghissimi anni di carcere, mercoledì scorso è stata assolta, ma contro questa decisione dei giudici, nel Paese, è scoppiata la rivolta. Decine di migliaia di integralisti islamici sono scesi in piazza per chiederne l'impiccagione. A organizzare le manifestazioni, durate tre giorni, sono state le associazioni religiose dell'estremismo islamico, tanto che per evitare il peggio il governo di Imran Khan ha deciso di scendere a patti con il partito islamista Tlp. Per far cessare i cortei le violenze e i danneggiamenti, per cui oltre 1.000 persone sono state arrestate, il governo ha promesso di trattenere Asia Bibi in Pakistan fino al riesame della sentenza, da parte della Suprema corte.Il ricorso è già stato presentato, ma questo non ha calmato gli animi: Saif ul-Malook, avvocato della donna, ha dovuto lasciare il Paese per aver ricevuto minacce di morte e, ieri, dal luogo segreto in cui si è rifugiato insieme ai figli, è arrivato l'appello disperato del marito di Asia.«Chiedo al governo italiano e faccio un appello: aiutateci a fare uscire dal Pakistan. La nostra vita è in pericolo, abbiamo difficoltà anche a trovare da mangiare», ha spiegato con un videomessaggio Ashiq Masih, già ospite, mesi fa, a Roma per una manifestazione contro le persecuzioni religiose.«Ci stiamo lavorando, con altri Paesi occidentali, con discrezione per evitare problemi in loco alla famiglia che vuole avere un futuro. Posso assicurare che io, da ministro ma anche da leghista, ci tengo che donne e bambini a rischio della vita, possano avere un futuro» ha detto il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, intervenendo, ieri, durante una diretta radiofonica. E la discrezione, a quanto pare, è davvero necessaria. La trama diplomatica, infatti, se non ben congegnata potrebbe far deflagrare la protesta. Nella pratica bisogna convincere il governo pakistano a dare ordine alla polizia di scortare la donna fuori dal carcere fino ad una ambasciata o di metterla direttamente su un aereo diretto in Europa. Nel frattempo per lei e per i parenti devono essere pronti visti e permessi di asilo politico. L'azione deve essere coordinata: i fanatici musulmani non devono avere il tempo di intercettare i movimenti di Asia, né di sapere dove verrà accolta. E a questo si aggiunge il problema della famiglia, il marito e cinque minori, assediati e nascosti da giorni. Potrebbero rischiare di finire massacrati se venissero scoperti da qualche gruppo di fanatici.Oltre all'Italia anche altri si stanno muovendo in Europa: il Parlamento europeo ha chiesto alle autorità del Pakistan il rispetto degli impegni internazionali in materia di diritti umani, dalla Svizzera arriva la proposta di conferire alla donna la cittadinanza onoraria cantonale, mentre in Francia si moltiplicano gli appelli a Emmanuel Macron per salvare la giovane cristiana. La sua storia riporta l'attenzione sulle persecuzioni subite dai cristiani in terra musulmana, dove tra le altre cose l'accusa di blasfemia è tra le più gravi. Le pene per chi insulta Allah o Maometto includono l'ergastolo e la condanna a morte e facilmente le accuse sono usate in modo strumentale da persone senza scrupoli per colpire qualcuno. Nella grande maggioranza dei casi, infatti, dopo anni di carcere i cristiani finiti a processo vengono assolti, ma, poi, una volta fuori, rischiano di essere linciati dalla folla. «Laddove ci sono cristiani perseguitati, l'Italia deve dare il suo contributo per metterli in sicurezza», ha scritto ieri, il ministro per la Famiglia, Lorenzo Fontana, in una lettera indirizzata al collega Enzo Moavero Milanesi.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
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