2022-03-01
Arsenali e mercenari. Se va male a Kiev, si rischia un nuovo collasso come in Siria
Una parte degli aiuti militari sarà presa in carico da «civili». Mosca: «I Paesi Ue non si rendono conto, la risposta sarà dura».Nell’ultimo anno e mezzo gli americani hanno inviato aiuti militari al governo di Kiev per una cifra vicina al miliardo di dollari. Negli ultimi due giorni l’Unione europea, Italia compresa, ne stanzia circa mezzo miliardo. Un evento che stravolge venti anni di politica e di approccio alla Nato da parte di Bruxelles. L’obiettivo della sterzata è quello di rifornire di armi e mezzi l’esercito ucraino che a dispetto di molti analisti non si è sfaldato davanti all’avanzata dei carri russi. Oggi, venendo a noi, il governo italiano si presenterà davanti al Parlamento per chiedere l’ok all’invio di blindati leggeri, mitragliatrici, munizioni, armi anticarro e forse pure un centinaio di missili Stinger, leggeri ma letali quanto basta per abbattere un elicottero. Al tempo stesso gli altri Paesi Ue si stanno organizzando per inviare altri sistemi di difesa compresa una decina di velivoli militari. Al momento dovrebbe toccare alla Polonia il compito di raccogliere e poi veicolare in Ucraina gli aiuti militari. Ed è nelle attività di cessione che si rischia di toccare i fili dell’alta tensione. Immaginare che militari europei, dunque Nato, varchino il confine ucraino significherebbe mettere in conto uno scontro diretto con le forze armate russe. Con tutto ciò che ne può conseguire. Escluso che i jet possano atterrare direttamente sul suolo di Kiev, è facile immaginare che piloti ucraini vengano accolti in Polonia e poi lasciati liberi di tornare in Patria. In questo caso il rischio di scontro sarebbe limitato al passaggio da uno spazio aereo Nato a quello ucraino. Ecco che secondo quanto risulta alla Verità una buona fetta del materiale militare potrebbe essere preso in carico da «civili», che altro non sarebbero che mercenari. Nemmeno i primi a varcare i confini dell’ex Paese sovietico. Ieri Parigi ha smentito il fatto che legionari di origini ucraina si starebbero dimettendo per tornare a casa a combattere. In realtà la Brigata d’Azov è piena di ex legionari e altre fonti giornalistiche americane parlano di veterani della forze speciali inglesi e Usa già pronti in Polonia nell’attesa di varcare la frontiera. Senza contare l’invito del governo ucraino diretto a ex militari stranieri di unirsi al loro esercito e la scelta estremamente pericolosa di fornire Ak-47 alla popolazione civile. Insomma, la strategia Ue è quella di partecipare alla guerra senza farlo direttamente sostenendo un governo legittimo che però domani potrebbe diventare un governo di minoranza nel caso in cui l’esercito di Vladimir Putin prendesse Kiev. Il tema è infatti questo. Una volta riempita per bene l’Ucraina di armi che mai potrebbe succedere? Immaginiamo che il Paese passi di mano e l’attuale premier, Volodymyr Zelensky, venga sostituito da un filo russo, bisogna aspettarsi un futuro di destabilizzazione sul modello siriano o ceceno. Questo sarebbe il vero dramma. Avverrebbe alle porte dell’Europa, aprendo uno scenario tragico potenzialmente di lunghissima durata. Bruxelles su spinta americana è convinta di dover intervenire direttamente per evitare che in caso di vittoria militare di Putin, quest’ultimo punti sulla Moldova o addirittura su altre nazioni. È in ogni caso una scelta iper azzardata per giunta decisa in una notte. Basti ricordare che nel 2019, quando attaccato da Khalifa Haftar il governo di Fayer al Serraj chiese aiuto al governo italiano, dalle parti di Palazzo Chigi e della Farnesina invocarono l’articolo 11 della Costituzione. Lo stesso che ieri Sabino Cassese ha voluto interpretare all’opposto. È chiaro che i testi ormai si interpretano in base alle scelte politiche, ma è altrettanto chiaro che nel 2019 avrebbe avuto un senso per il nostro Paese. Avrebbe significato evitare che turchi e russi si prendessero la Libia e le materie prime che stanno sotto il deserto. Oggi invece ci uniamo a una guerra che sappiamo quali benefici ci porti, con il rischio di essere trascinati verso una destabilizzazione economica che ci trascineremmo per anni. Anche se mascherati da aiuti gli interventi in Ucraina non si potranno nascondere a lungo. Immaginiamo un nostro missile Stinger colpisca un elicottero russo che succederebbe? «I cittadini e le entità dell’Ue coinvolti nella consegna di armi letali saranno ritenuti responsabili per qualsiasi conseguenza di queste azioni», ha risposto ieri il ministero degli Esteri di Mosca senza tanti giri di parole. Ecco oggi il Parlamento dovrebbe autorizzare l’invio multiplo di armi all’Ucraina. Ma forse sarebbe il caso di aprire un tavolo con gli alleati atlantici e tornare a porre la questione Libia. Dovremmo chiedere almeno in cambio la possibilità di riaprire quel fronte per ottenere un accesso preferenziale al gas di Tripoli. Altrimenti ci accolliamo solo i rischi con scarsi benefici economici. Non dobbiamo certo ripetere i due elementi chiave. Rompere con Mosca significa perdere una fetta di Pil considerevole e soprattutto non avere nel breve termine una alternativa al gas proveniente da Est. Anche in questo caso parliamo del 40% del nostro fabbisogno. Certo, siamo pronti ad andare in guerra magari al fianco dei francesi? E farlo apertamente? Vedremo se Washington lo prenderà in considerazione.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)