2019-05-21
Arriva il primo reality in monastero e mostra il lato buono della Chiesa
In «Ti spedisco in convento», su Real Time, le suore accolgono cinque ragazze ribelli che passavano le notti tra alcol e uomini. Niente parolacce e spazzatura: per una volta un Grande fratello che dà un buon esempio.Rebecca Cheng è entrata in convento trascinandosi appresso un bagaglio enorme. Dentro, ci ha ficcato disordinatamente quel che i suoi 19 anni le hanno suggerito: qualche trucco, i tacchi a spillo, pantaloni che non meriterebbero di essere definiti tali. «Non credo in Dio», s'è affrettata a dire una volta varcata la soglia delle Figlie della divina carità, un piccolo ordine religioso che ha casa a Swaffham, nel Norfolk. Rebecca, addosso, aveva un abitino bianco, con la vita stretta in una fusciacca nera, un giacchino verde e gli stivali in pelle, di quelli alti fin sopra il ginocchio. In viso, portava dipinta la volontà di creare scandalo, ma scandalo non ha creato. Suor Thomas More, un'ottuagenaria con i capelli bianchi appena visibili sotto il velo scuro, l'ha accolta con un gran sorriso. Non s'è presa la briga di redarguirla. L'ha guardata e le ha sorriso. E Rebecca Cheng, una ballerina della notte che i genitori, esasperati, hanno spedito in convento a imparare la disciplina, si è arresa. Ti spedisco in convento, in onda su Real Time (canale 31 del digitale terrestre) alle 21.10 della domenica, è cominciato così: con uno scontro culturale e generazionale al quale le Figlie della divina carità si sono sapientemente sottratte. Le suore, protagoniste di uno show simil-Collegio, si sono limitate ad accogliere cinque ragazze. Rebecca Cheng è stata la prima. Poi, sono venute Gabbi Ryan, Paige Wallace, Tyla Edwards e Sarah Lawrence, quattro donne intorno ai 20 anni cui i genitori hanno faticato a imporre le proprie regole. Le cinque, nel programma, sono la parte deteriore della secolarizzazione: hanno vite virtuali cui dedicano la maggior parte del proprio tempo, ciglia finte e chili di abbronzatura artificiale. Addosso, portano abiti troppo corti e pantaloni inesistenti. Fumano come turche e, ogni sera, se ne vanno al pub, ciascuna avvinghiata alla propria bottiglia di rosé mediocre. Di quel che hanno da dire (e ridire) i propri genitori, se ne infischiano. Non hanno regole, né le vogliono. Le cinque sono schiave dell'apparenza e di un'idea di divertimento falsata da input sbagliati. «Esco a bere sette sere la settimana, ma spesso ne ricordo solo tre. Mi capita di finire a letto con uomini che non rivedrò mai più». Alle parole di Rebecca Cheng, sputate alla telecamera con un sorrisetto malizioso, è seguito lo sfogo del padre, un uomo incapace di gestire le mattane di una figlia che ha detto non riconoscere più. «Un tempo», ha raccontato, «Rebecca ballava». Ballava per sport e per piacere, non per catalizzare sul proprio didietro lo sguardo bavoso di qualche ventenne con l'ormone impazzito. «Poi ha smesso», ha aggiunto mestamente, spiegando come la sua ragazza si sia progressivamente allontanata dalla vita e dai ritmi familiari. Rebecca ha preso la sua strada. Perciò, spinta dai genitori e sedotta dal fascino eterno della televisione, ha deciso di partecipare a Ti spedisco in convento. Un reality che del reality ha ben poco.Diversamente dal Collegio Rai, dove ogni cosa risulta un poco macchiettistica, Ti spedisco in convento è uno show nel quale lo spettacolo è pressoché assente. Le suore fanno le suore, le ragazze sono sé stesse: ingrugnite e spettinate quando, la mattina, il campanaccio di Suor Francis bussa alla porta, annunciando loro l'inizio della preghiera. Le cinque, con la partecipazione al programma, sottoscrivono l'impegno a prender parte alla vita del convento, lasciando fuori la modernità. Così, in un mondo senza tempo, nel quale non esiste televisione o connessione Internet, la sveglia suona all'alba e le giornate trascorrono tra beneficenza e pulizie. Le ragazze, come le suore, si recano in cappella alle 7.15 della mattina. Alle 8, fanno colazione con le sorelle. Alle 9, grattano i pavimenti e sprimacciano i cuscini. Alle 12, si ritrovano per pranzo, alle 18 per cena. Alle 21.30 sono a letto, la luce spenta e nessuna bottiglia di vino ad animare il buio. «È una noia». La lagna delle cinque scapestrate è cominciata presto, poco dopo l'ingresso in comunità. Ma nessuna predica le ha fatto seguito. Le suore, che del programma sono la scoperta più bella, non si sono addentrate in terreni dogmatici, tentando di inculcare nella testa di Rebecca e compagne una fede che non hanno, né si sono azzardate a rimproverarle. Con una calma serafica, si sono sedute accanto a loro, per ascoltare e cercare di capire. Qualcuna, tra le Figlie della divina carità, ha raccontato il proprio passato, svelando di essere stata una «party girl» infelice e «scostumata». Qualcun'altra ha risposto ai dubbi delle ventenni, spiegando come il desiderio di una famiglia ordinaria, certe notti, ancora bussi alla porta dei sogni. Qualcuna, poi, ha cercato di chiarire come l'esistenza di Dio possa essere compatibile con l'esistenza del dolore e, alla lunga, Ti spedisco in convento ha cambiato piega.Lo show cede il posto a una conversazione non religiosa, ma spirituale: una conversazione edificante, dove non c'è giudizio e la Chiesa può emergere in modo inedito.
L'infettivologa Chiara Valeriana
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