2022-05-12
Arrestato Zen, paladino della chiesa libera
Il pretesto: è uno degli amministratori di un fondo che ha sostenuto i manifestanti delle proteste antigovernative del 2019. In realtà il vescovo emerito di Hong Kong è nel mirino di Pechino per le battaglie contro le persecuzioni dei cattolici non controllati dal regime.In fondo si potrebbe pensare che era solo questione di tempo. Ieri, nel primo pomeriggio, quando l’agenzia Asia news, del Pontificio istituto missioni estere, ha battuto la notizia dell’arresto del cardinale Joseph Zen, 90 anni, vescovo emerito di Hong Kong, qualcuno, appunto, ha pensato che in fondo era solo questione di tempo.Non sono bastati nemmeno i suoi 90 anni a frenare le autorità della polizia di sicurezza nazionale di Hong Kong. L’anziano porporato era sicuramente nel mirino delle autorità cinesi per le sue chiare parole in difesa della libertà religiosa e contro la politica del Partito comunista di Pechino, ma l’occasione per l’arresto è arrivata per «collusione con forze straniere». Il cardinale risulta essere uno degli amministratori del 612 Humanitarian relief fund, istituito per offrire assistenza ai manifestanti coinvolti nelle proteste antigovernative del 2019. Con lui, mercoledì, sono stati arrestati altri tre amministratori del fondo, l’ex parlamentare dell’opposizione Margaret Ng, la cantante Denise Ho, l’accademico Hui Po-keung (arrestato in realtà martedì notte in aeroporto). Poi, nel tardo pomeriggio di ieri, è arrivata la notizia del suo rilascio su cauzione dalla stazione di polizia di Wan Chai, sull'isola di Hong Kong, intorno alle 23 locali (le 17 in Italia). La «collusione con forze straniere» sarebbe motivata in violazione della legge sulla sicurezza nazionale varata da Pechino nel giugno del 2020, in cui, appunto, si puniscono anche il terrorismo e la sovversione. Una legge cinese che, secondo i critici, elude una volta per tutte anche quelle residue libertà che erano state garantite a Hong Kong secondo la regola «un Paese, due sistemi», varata una volta che gli inglesi lasciarono la città sotto il controllo di Pechino nel 1997.Il fondo, che vedeva come amministratore anche il cardinale Zen, era stato chiuso nel 2021 dopo che la polizia di sicurezza nazionale aveva chiesto di consegnare i dettagli operativi, comprese le informazioni sui suoi donatori e beneficiari. Che il cardinale Zen fosse nel mirino era chiaro anche dagli articoli comparsi in gennaio sulla stampa filogovernativa, con almeno quattro pezzi che accusavano Zen di aver incoraggiato le rivolte del 2019. Ma l’avversione al porporato da parte del regime cinese non può certe essere ridotta, diciamo così, alla questione delle proteste di Hong kong.Il cardinale ha fatto una battaglia lunga una vita contro il controllo del Partito comunista sulla religione e in particolare contro la persecuzione della chiesa cattolica cosiddetta «clandestina», in quanto non controllata dal partito e sempre in comunione con Roma. In occasione del discusso accordo siglato tra Cina e Vaticano nel 2018, accordo poi rinnovato nel 2020 e ormai prossimo a nuova scadenza, ebbe a dire: questo accordo «ucciderà la Chiesa». Il passo diplomatico che verte, lo ricordiamo, sulla nomina dei vescovi e il ruolo del governo e del Papa, fece dire fin da subito al cardinale Zen che le cose non erano per nulla chiare e si finiva per consegnare le chiavi della chiesa cattolica al governo. In questi anni di vigenza dell’accordo, bisogna riconoscere che Zen aveva certamente delle ragioni che vedevano oltre l’intento pastorale e di ostpolitik della Santa Sede. Si potrebbe citare il caso emblematico del maggio 2021 con il vescovo Shao Zhumin, sette sacerdoti e i seminaristi arrestati e poi messi ai domiciliari per una «rieducazione politica», con l’irruzione di cento poliziotti nella chiesa clandestina cinese a Shaheqiao (Hebei), nello Xinxiang. Oppure il più sistematico Sara, la sigla con cui l’amministrazione statale per gli affari religiosi del governo cinese ha dato il via a un database per fare dossieraggio sul personale religioso di stanza in Cina. È stato realizzato in attuazione dell’articolo 33 di un documento pubblicato il 9 febbraio 2021 e intitolato «Misure amministrative per il personale religioso». Gli aspetti amministrativi contemplati si spingono a definire quali sono i «diritti», ma soprattutto «gli obblighi» dei religiosi e fra gli obblighi vi è il «resistere [contrastare] alle attività religiose illegali e all’estremismo religioso e resistere alle infiltrazioni di forze straniere che usano la religione». Per i vescovi cattolici, l’iscrizione alla lista ha il sapore amaro del controllo di Stato. E si potrebbe continuare con abbattimento di chiese, luoghi di preghiera, e un processo di sinicizzazione del Vangelo dal sapore della cancel culture più che dell’inculturazione.A tutto questo, il cardinale Zen ha sempre reagito senza troppi giri di parole, chiamando alla resistenza. L’accordo tra Pechino e Vaticano, che è tutt’ora segreto nei dettagli, certamente non ha raggiunto ciò che la Santa Sede sperava, ma anzi, ha prodotto ulteriori frizioni e l’arresto del cardinale è forse il suo capolinea nei fatti. «La Santa Sede ha appreso con preoccupazione la notizia dell’arresto del cardinale Zen», ha dichiarato ieri nel tardo pomeriggio il direttore della Sala stampa vaticana Matteo Bruni. Nato a Yang King-pang, diocesi di Shanghai, il 13 gennaio 1932, il cardinale Zen resta un esempio di fede e di libertà. Chi scrive lo intervistò proprio nel dicembre del 2019 per il mensile Il Timone e di fronte alla domanda sulla situazione a Hong Kong rispose così: «È viltà indegna lasciarci ingannare, senza protestare».
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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