2020-11-20
Arcuri faccia chiarezza oppure si dimetta
Ci sono solo due possibilità: o il super commissario Domenico Arcuri spiega la faccenda della fornitura di mascherine, che in pochi giorni ha fatto guadagnare 72 milioni a due intermediari, oppure si dimette. Già, una terza soluzione non c'è.Perché scoprire che un ex giornalista e un esperto di sistemi di difesa militare, grazie a dei buoni agganci, durante la pandemia hanno incassato commissioni milionarie, e uno di loro si è pure comprato uno yacht, è cosa difficile da mandar giù senza ottenere una spiegazione. Come sia possibile che lo Stato abbia comprato 10 milioni di mascherine a un prezzo unitario di 55 centesimi, quando poche settimane dopo lo stesso commissario impose ai farmacisti la vendita dei medesimi dispositivi a 50 centesimi, è infatti un'operazione incomprensibile per chiunque conosca le regole di mercato. Anche un salumerie - e lo dico con il dovuto rispetto per i salumieri - sa che un conto è acquistare da un fornitore una forma di grana padano e un altro è comprarne 10 milioni. Il prezzo unitario si abbassa più sale il volume dell'acquisto. Quando Walmart, ovvero la più grande catena di supermercati degli Usa (524 miliardi di fatturato, 2,2 milioni di dipendenti) compra qualche cosa per i suoi store pensate che lo paghi quanto il negozietto all'angolo? Ovvio che no. E allora Arcuri dovrebbe farci capire come mai lo Stato è riuscito a spendere per le mascherine chirurgiche più di quello che secondo lui dovevano spendere gli italiani in farmacia. Non solo: il super commissario dovrebbe avere anche la gentilezza di illustrarci le ragioni per cui il suo ufficio si è affidato a due signori che non paiono avere esperienze significative nel settore dei dispositivi medici. Uno faceva il giornalista alla corte di Romano Prodi, un altro guidava un'azienda specializzata in tutt'altro che le mascherine. Insieme i due movimentavano alcune centinaia di migliaia di euro, forse un milione, ma certo non operazioni da un miliardo e 200 milioni come si ritrovano fra le mani in piena pandemia. «Merito delle nostre buone relazioni in Cina», pare si siano giustificati con i dirigenti bancari che, vedendo passare sui conti correnti una montagna di milioni, hanno chiesto spiegazioni. Sta di fatto che la vicenda è stata segnalata all'antiriciclaggio, in quanto la fornitura da 1,25 miliardi (sì, questo è l'ammontare della partita) ha generato, per i due intermediari che si sono presi la briga di importare le mascherine, una plusvalenza di 72 milioni, pari al 5,75 per cento dell'intera operazione. Mica male come guadagno. Arcuri forse dirà che nel momento dell'emergenza il prezzo da 55 centesimi è l'unico che sia riuscito a spuntare. Peccato che ad aprile, un po' di settimane dopo l'inizio dell'emergenza, lo Stato abbia comprato dagli stessi soggetti 450 milioni di mascherine a 0,49 euro, 1 centesimo in meno del prezzo di vendita imposto ai farmacisti. Ma di operazioni poco brillanti a dire il vero il super commissario ne ha all'attivo un certo numero. Ricordate quando quest'estate, quando il mitico «Mimmo faccio tutto io» assicurava che per l'apertura delle scuole ci sarebbero stati i nuovi banchi a garantire il distanziamento sociale fra studenti? Beh, all'epoca scoprimmo che tra gli assegnatari dell'appalto c'era un'azienda con un solo dipendente, il quale per altro era pure in cassa integrazione e dunque certo non in grado di produrre per tempo i 450.000 tavoli a rotelle promessi. Arcuri si giustificò dicendo che i controlli erano stati fatti a posteriori e così dopo qualche giorno un altro fornitore fantasma fu eliminato. Risultato, al suono della campanella gli alunni sono stati costretti a entrare in aule sprovviste di qualsiasi base d'appoggio su cui appoggiare libri e quaderni, al punto che in una scuola della Liguria qualcuno ha scattato la foto di ragazzi in ginocchio ricurvi su una sedia trasformata in banco. Non è andata meglio con i reagenti e i tamponi, ossia una fornitura base per poter tracciare la diffusione del virus. Nonostante le promesse anche quelli garantiti non sono stati forniti agli ospedali e alle aziende sanitarie, con il risultato che Arcuri per difendersi ha dato la colpa alla Regione, come se lui non fosse il plenipotenziario anticoronavirus. Il gioco dello scaricabarile «Mimmo faccio tutto io» lo ha riprovato anche quando si è parlato dei letti di terapia intensiva, dicendo che i respiratori erano stati acquistati, ma toccava alle Regioni metterli in funzione. Poi, però, mentre i reparti erano intasati di degenti, Arcuri ha rassicurato tutti dicendo che il Paese disponeva di 11.000 posti letto. Peccato che il presidente dei medici rianimatori lo abbia smentito in diretta, precisando che la cifra doveva essere corretta al ribasso, riducendo la disponibilità a 7.500.Sì, il nostro passa da disastro in disastro senza spiegare mai e senza, soprattutto, prendersi la responsabilità. Come dicevamo ora però Arcuri è a un bivio: o chiarisce o lascia. Aggiungiamo poi che insieme a lui c'è qualcun altro che dovrebbe illuminarci ed è Giuseppe Conte, il quale nonostante l'evidente incapacità del suo prescelto tace. Anzi, per premiarlo gli vuole affidare pure la distribuzione dei vaccini e la gestione dell'Ilva. Spera forse che una colata d'acciaio nasconda le imbarazzanti performance del super commissario?