2020-07-24
Arcuri e la Azzolina hanno 23 giorni per trovare 2,5 milioni di banchi
I presidi chiedono 2.009.991 tavolini monoposto e solamente 440.000 delle sedute ergonomiche caldeggiate dal ministero. Per produrli ci vorrebbero anni, invece la data di consegna agli istituti è fissata per fine agostoLa Lombardia scrive a Roma: «Abbiamo 2.000 in quarantena asintomatici da mesi». In Italia potrebbero essere fino a 3.500Lo speciale contiene due articoliI presidi la loro scelta l'hanno già fatta, vogliono 2.009.991 banchi monoposto e 440.000 sedute ergonomiche per ripartire in sicurezza a settembre. I dati della prima rilevazione su scala nazionale sono arrivati alla prof Azzolina, mancano ancora le preferenze di circa 300 istituti scolastici ma intanto una cosa è certa: i banchetti con rotelle «moderni e più dinamici, in un'ottica di innovazione costante», tanto caldeggiati dal ministro dell'Istruzione, rappresentano solo il 14% delle richieste. In una nota, datata 17 luglio, era stato chiesto ai presidi di compilare con la massima urgenza un questionario, specificando quali banchi anti Covid-19 volessero nelle loro scuole, per spedirlo tassativamente entro lo scorso 20 luglio. Tanta fretta aveva una spiegazione, il ministro Lucia Azzolina e il commissario straordinario Domenico Arcuri avevano già fatto partire la gara pubblica per l'acquisto di un massimo di 3 milioni di banchi, con scadenza per la presentazione delle offerte fissata per il 30 luglio. Banchi scolastici «ordinati» tanto al chilo, prima ancora di conoscere le esigenze dei dirigenti scolastici che infatti hanno sonoramente bocciato le «sedute scolastiche attrezzate di tipo innovativo, ad elevata flessibilità di impiego», inserite nel bando per 1,5 milioni di pezzi mentre 8.088 presidi ne hanno scelte solo 440.000. «Ci eravamo illusi di poter avere finalmente delle delucidazioni in merito all'appalto sui nuovi banchi scolastici ma il governo, in evidente difficoltà, ha nuovamente eluso la risposta alla nostra interrogazione», commentava ieri Paola Frassinetti di FdI, vicepresidente della commissione Cultura della Camera, dopo aver inutilmente atteso chiarimenti dal sottosegretario Giuseppe De Cristofaro. Concludeva: «In attesa che il ministro Azzolina faccia scendere dall'ottovolante la scuola, Fratelli d'Italia non si rassegnerà e continuerà a battersi per evitare che nelle nostre classi finiscano i pericolosi banchi “autoscontro" made in Cina». Antipatie a parte, per i girelli che piacciono a Lucia Azzolina e che De Cristoforo difende («il problema degli spostamenti della seggiola», che metterebbe in crisi il distanziamento, «può essere superato bloccando le rotelle»), nemmeno sappiamo se arriveranno tutti i banchi necessari per far ripartire la scuola. Secondo le aziende del settore, rappresentate da Assufficio di FederlegnoArredo e Assodidattica, servirebbero cinque anni di produzione per mettere insieme 3,7 milioni di pezzi (compresivi delle 700.000 sedute per banchi della tipologia standard, come indicati nel bando). Mentre il tempo a disposizione è di appena 23 giorni, ovvero dal 7 agosto in cui è prevista la firma del contratto, al 31 dello stesso mese, data indicata per la consegna nelle scuole. Arcuri non sembra preoccupato, d'altra parte mica li fabbrica lui i banchi, dal suo ufficio assicurano che «è in corso una gara pubblica europea e sarebbe opportuno evitare commenti o previsioni in attesa di conoscerne gli esiti, anche per non alterarne la dinamica». Certo, intanto mamme e papà vedono moltiplicarsi le incognite su quando riusciranno a rimandare in classe i pargoli. Oltre al rebus mascherine, al problema accessi scaglionati, alla durata delle lezioni, alla messa in sicurezza di aule e bagni e a mille altre ansietà, c'era davvero bisogno di nuovi banchi? Due giorni fa, Tuttoscuola approfondiva la questione, contestando con metro alla mano i numeri dati dal ministro Azzolina: «I banchi singoli permettono di recuperare spazio e noi al momento, sulla base delle indicazioni del Cts, dobbiamo mantenere il metro di distanza», ha dichiarato il capo del Miur. Il portale sul mondo della scuola mostrava invece che ciascun banco monoposto occupa circa 0,35 metri quadrati, una coppia di banchi ne occupa 0,60-0,70. Non c'è risparmio di spazi e se poi consideriamo che anche tra i monoposto deve essere garantita la distanza di almeno un metro, due nuovi banchi occuperanno 0,80-0,85 metri quadrati. Quindi, «25 alunni seduti ai banchi biposto occupano 15 metri quadrati, gli stessi alunni su banchi monoposto occupano almeno 20 metri quadrati». Questo però i dirigenti scolastici già lo sapevano, sanno che sono una soluzione anti Covid-19 ma che grazie ai monoposto avranno aule insufficienti per il fabbisogno di tutti gli alunni. Hanno dovuto piegarsi alle volontà del ministero, riempire il formulario e rassegnarsi ad aspettare banchi che non arriveranno in tempo per il 14 settembre. L'Azzolina precisa che «non sono la soluzione unica che abbiamo proposto per riaprire in presenza e sicurezza. I nuovi arredi sono solo uno dei tanti elementi che abbiamo messo in campo». Chiamiamoli pure arredi, ma che siano a rotelle o tradizionali in aula servono, altrimenti senza banchi il rientro in aula è una farsa. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/arcuri-e-la-azzolina-hanno-23-giorni-per-trovare-2-5-milioni-di-banchi-2646669748.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="governo-senza-piani-per-liberare-i-prigionieri-del-virus" data-post-id="2646669748" data-published-at="1595533080" data-use-pagination="False"> Governo senza piani per liberare i prigionieri del virus Sono clinicamente guariti dall'infezione del Covid-19 ma risultano ancora positivi al tampone e per questo sono costretti all'isolamento domiciliare. Un esercito di 2.000 lombardi sugli 8.947 ancora positivi al coronavirus, che la Regione Lombardia non sa come «trattare» e perciò chiede al governo di intervenire con linee guida mirate. In sostanza almeno uno su 5 tra le persone positive nella Regione ancora al primo posto per contagi, ha una carica virale molto bassa pur essendosi ammalati due mesi fa. Oggi non hanno più sintomi ma il loro tampone risulta debolmente positivo e, in base alle norme attuali, serve un doppio tampone negativo a distanza di almeno 24 ore per terminare la quarantena. Quindi essendo soggetti «debolmente positivi» devono restare. Per questo l'assessore lombardo alla Salute Giulio Gallera ha scritto al ministero, al Comitato tecnico scientifico e all'Istituto superiore di sanità. «Ho inviato una nuova nota, dopo quelle già inoltrate dalla direzione generale dell'assessorato il 10 e 22 giugno, affinché ci vengano fornite linee guida aggiornate alla situazione attuale» ha spiegato l'assessore «soprattutto alla luce degli studi scientifici che hanno dimostrato la scarsa possibilità di infettare da parte di questi soggetti». «Servono altri studi e ricerche e poi una scelta tecnico politica di opportunità» spiega il virologo Fabrizio Pregliasco che aggiunge: «Questa categoria di soggetti ci fa capire che la malattia che abbiamo conosciuto con i casi sintomatici più gravi, è la punta dell'iceberg. Ora abbiamo gli asintomatici o i pauci sintomatici e abbiamo bisogno di maggiori studi». Secondo il professore questi casi, anche pochi, dimostrano che dopo la fase epidemica della malattia, cioè quella della crescita, ora abbiamo la fase endemica, cioè la continuità della presenza. «Noi continuiamo a monitorare e limitare i focolai ma è per questo che non si deve esagerare con il libera tutti e bisogna avere un comportamento responsabile». Il nodo dei debolmente positivi è naturalmente se siano o no contagiosi. «L'Oms, con una decisione tecnico-politica nelle linee guida non indica più il doppio tampone negativo come passaggio obbligatorio forse pensando ai Paesi più in difficoltà ma creando pasticci per questi casi che comunque non sembrano contagiosi ed è probabile che lo siano poco ma non c'è contezza» sottolinea Pregliasco convinto che con i debolmente positivi le evidenze scientifiche non bastano. Infatti, come afferma il prof. Ivan Cavicchi, studioso di filosofia della medicina che ha scritto un libro sul problema delle evidenze, «il limite della medicina è quello di ragionare con la logica bivalente, positivo o negativo. La realtà patologica in generale delle malattie soprattutto grazie alla singolarità del malato è più complessa. Si può essere negativi o positivi ma anche “altro", questo altro che i matematici chiamano “indicibile". Quindi i debolmente positivi sono soggetti indicibili per i quali si deve dare altra definizione. Se tutti i caratteri della positività, quelli importanti, sono contraddetti non si può parlare di positività e neanche di debole positività». Intanto il bollettino del coronavirus di ieri, con 3 milioni di casi in Europa, segna in Italia 306 positivi e 10 decessi a fronte di ben 60.000 tamponi effettuati nelle ultime 24 ore. Sale anche il numero degli attualmente positivi, 12.404 in incremento di 82 pazienti. A guardare l'andamento nelle regioni, la Lombardia è sempre in testa col 27% dei casi, seguita da Emilia Romagna e Veneto mentre in Campania i contagi salgono più che nel resto del sud. Nel Lazio ieri si è registrato un decesso e 26 nuovi casi di cui 12 d'importazione: 4 dal Bangladesh, 4 da India, 2 casi da Romania, 1 da Lituania e 1 da Marocco. In Trentino 20 casi di cui 4 relativi ad una famiglia del Kosovo e 16 riguardanti il focolaio alla Bartolini (Brt) di Rovereto, azienda che svolge servizio di corriere espresso già colpita dalla pandemia a Bologna. In Basilicata infuria invece la polemica dopo l'arrivo di 40 bengalesi sbarcati in Sicilia di cui 38 positivi. E a proposito di numeri, un vero fallimento si è rivelata l'app Immuni: soltanto 4,3 milioni di italiani l'hanno scaricata e soltanto 43 casi sarebbero stati individuati grazie all'applicazione. Lo ha dichiarato la ministra dell'Innovazione Paola Pisano ieri durante il question time al Senato. Un numero di download molto lontano dalla soglia che rende il sistema di tracciamento efficace. Anche il commissario Domenico Arcuri il 9 luglio scorso aveva ammesso che «la app non ha raggiunto il target previsto». Secondo una valutazione avanzata da esperti dell'università di Oxford perché il sistema di rilevamento risultasse efficace sarebbe stato necessario che almeno il 60% della popolazione lo avesse scaricato sul proprio telefonino.