2020-02-21
Il taglio del cuneo aumenta le tasse
Giuseppe Conte (Andrea Pirri:NurPhoto via Getty Images)
Il partito che annunciò trionfalmente di aver abolito la povertà punisce i poveri. Sì, non è uno scherzo e nemmeno un gioco di parole: è il risultato delle misure fiscali messe a punto dalla nuova maggioranza giallorossa. A segnalarlo non è Matteo Salvini o Giorgia Meloni per spirito di polemica con Palazzo Chigi. No, la rivelazione arriva dall'Ufficio parlamentare di bilancio, una sorta di authority indipendente che fa le pulci ai conti dello Stato e ai provvedimenti varati dalle Camere. Secondo l'Upb, che è un po' una specie di Corte dei conti, con la differenza che i giudizi sono preventivi e non a distanza di anni, i nuovi sgravi decisi dal Conte bis non solo premiano più certe fasce di reddito, fra i 26 e i 28.000 euro lordi l'anno, ma stangano i cosiddetti incapienti, ossia coloro (...)(...) i quali guadagnano meno di 8.150 euro. Il vantaggio dei nuovi sconti, che si sommano al vecchio bonus escogitato da Matteo Renzi per vincere le elezioni europee nel 2014, non riduce il carico fiscale per i poveri, ma addirittura crea «un effetto distorsivo molto rilevante», ossia rischia perfino di far avere meno soldi a chi ne ha già pochi. Non è tutto. Dice Giuseppe Pisauro, economista che guida l'Ufficio parlamentare di bilancio, che la manovra del governo finisce addirittura per «violare il principio di equità orizzontale», perché tratta in modo diverso chi ha redditi molto simili. Infatti lo sgravio varato dal Conte bis è riservato ai dipendenti e solo a loro, come se fossero gli unici contribuenti sulla faccia della Terra, pardon, dell'Italia. Eppure in questo nostro sciagurato Paese le tasse le pagano anche i pensionati e i lavoratori autonomi, i quali però per il governo paiono non esistere anche se a conti fatti sono più dei lavoratori assunti. Tuttavia, nonostante siano come gli altri soggetti a un'Irpef da salasso, a parità di reddito i pensionati e i lavoratori autonomi si trovano a pagare un'aliquota superiore di 10 punti nel caso dichiarino 30.000 euro.Non bastasse, l'Upb rivela poi un'altra curiosa e discriminatoria anomalia. Il taglio al cuneo fiscale tanto sbandierato da Zingaretti e compagni finisce per premiare le famiglie con due redditi, punendo quelle in cui il peso del bilancio casalingo grava sulle spalle di una sola persona. Tradotto in soldoni, significa che se si lavora in due e insieme si portano a casa 55.000 euro annui lordi si risparmiano 7.700 euro. Il capofamiglia che invece fa tutto da solo e ha lo stesso reddito è, al contrario, stangato di più. Vi domandate perché? Si tratta di uno dei tanti misteri ingloriosi di un governo che si riempie la bocca con la parola equità, ma in realtà conosce solo Equitalia. L'elenco delle sorprese predisposte dall'ufficio tributi di Palazzo Chigi non è concluso, perché i conti ufficiali riservano sempre altre novità. La prima è la seguente. Il bonus Renzi sommato al bonus del Conte bis costa complessivamente 16,5 miliardi di euro e all'appello al momento mancano ancora 1,8 miliardi. Vale a dire che questi soldi non ci sono e bisognerà trovarli con nuove tasse. E, udite udite, il prelievo sarà a carico di 6 milioni di lavoratori subordinati. Sì, perché un meccanismo perverso prosciugherà gli aumenti annunciati con enfasi, facendo pagare più tasse. L'effetto è dovuto alle cosiddette «aliquote marginali effettive». L'astruso termine indica che le tasse da pagare non sono quelle indicate secondo lo scaglione di reddito, cioè quelle nominali, ma quelle effettive, che si ottengono con l'applicazione di tutti i meccanismi di deduzione, detrazione e dei bonus fiscali.Risultato, grazie alle misure di quel simpatico signore che risponde al nome di Roberto Gualtieri, che oltre a essere tanto gradito da Bruxelles è anche il ministro dell'Economia, chi ha un reddito di 14.000 euro ha un'aliquota marginale del 27,5 per cento, contro il 23 previsto; chi raggiunge i 23.000 euro lordi annui paga il 31,5 per cento contro il 27 dichiarato; chi raggiunge i 24.000 ha un prelievo del 41,1 invece del 27, mentre gli sfortunati che incassano 25.000 euro raggiungono quota 55,5 contro il 27. In pratica un lavoratore con 25.000 euro di reddito che per effetto di un aumento, di stipendio o di lavoro, si trovasse a guadagnare 4.000 euro in più verrebbe spiumato dal fisco che, grazie a Gualtieri, si papperebbe una fetta del 55 per cento, pari a 2.300 euro su 4.000. Chiara la fregatura? Dulcis in fundo, chi tra le partite Iva aveva sperato in una riduzione delle imposte grazie alla flat tax al 15 per cento quest'anno rimarrà con un pugno di mosche. In 300.000 non potranno farvi ricorso e altri 700.000 vedranno annullati i vantaggi.Sì, insomma, non so se avete capito l'antifona: il partito nato per eliminare la povertà vuole eliminare i poveri, ma fisicamente. E già che c'è, si sta impegnando anche per far secco il ceto medio. Una decrescita infelice perfetta, con la complicità di un Pd che ha il tassametro incorporato nel Dna.
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