2025-07-08
Il tifo per Antigone segna la fine della politica
Giuseppe Diotti, Antigone condannata da Creonte, circa 1836-37 (Bergamo Accademia Carrara)
Le ragioni di Creonte, che nella tragedia di Sofocle incarna la legge positiva contro la morale «giuridicizzata», sono oggi dimenticate. È l’esito dell’individualismo moderno che «soggettivizza» il diritto. Così dal conflitto, sale dell’agone pubblico, si è passati ai tribunali.Pubblichiamo il testo preparato da Agostino Carrino per il dialogo con Massimo Cacciari alla Milanesiana di Elisabetta Sgarbi, non letto a causa della mancata presenza dell’autore per ragioni personali. Il titolo originale di questo nostro dialogo ci era stato segnalato come «le ragioni del diritto». A ben vedere, però, le ragioni di Antigone e le ragioni di Creonte nella tragedia di Sofocle costituiscono i due lati, opposti ma forse complementari, proprio delle ragioni del diritto. Ma fino a che punto? Fino a che punto, in altri termini, Creonte manifesta certe ragioni giuridiche di contro alle ragioni, anch’esse giuridiche, di Antigone? Personalmente, credo che dietro le ragioni di Creonte e quelle di Antigone si nascondano in realtà due fenomeni differenti: in Creonte la politica, in Antigone la morale. Il diritto di Creonte è un diritto politico, così come il diritto di Antigone è un diritto moralizzato o forse, meglio, una morale giuridicizzata. Non a caso Antigone è la figura che nella modernità ha vinto su Creonte, diventando l’eroina di molte interpretazioni. La moralizzazione del diritto è infatti lo strumento che consente, oggi, di nascondere l’origine del diritto moderno - di contro al diritto fondato sulla religione -: il diritto «neutro» dello Stato di diritto di matrice, per esempio, kelseniana, nasconde il fatto che «il regno del diritto non è altro che il regno di coloro i quali stabiliscono e applicano le norme del diritto» (Carl Schmitt). La morale del diritto o il diritto moralizzato è il regno dell’indifferenziato che però si erge a regno della verità, questo almeno dal processo di Norimberga in poi, quando parti del processo, autori delle regole e giudici degli imputati erano le stesse persone o se si vuole le stesse forze morali, quelle appunto dei vincitori. Il diritto appare così non il luogo della verità, come si vorrebbe, ma il luogo della potenza, che deve essere occupato con gli strumenti che si ritengono di volta in volta più utili: oggi la morale, soprattutto i diritti individualissimi della felicità sessuale, ma non è detto che domani lo strumento non sia più la presunta giustizia della morale universale, ma l’umanitarismo della vittoria militare, per esempio dell’Ucraina, della Polonia e dei loro alleati sul disumano Putin, il paria nemico della giustizia e della morale giuridica.A ben vedere, dietro la politica e soprattutto la morale il diritto sembra essere scomparso. Si può dire del diritto quello che Max Scheler scriveva dell’uomo: «mai, nel corso di tutta la sua storia, l’uomo è stato così tanto enigmatico a sé stesso come nell’epoca attuale».Viviamo nell’età dei diritti, per citare il titolo di un libro di Bobbio, ma il diritto? Paradossalmente, quanto più i diritti aumentano, si riproducono, invadono tutti i campi della vita, tanto più il diritto resta un enigma. Cos’è oggi il diritto? Una risposta chi in passato ha insegnato filosofia del diritto, cioè il sottoscritto, vuole azzardarla: il diritto è valore, o, meglio, il diritto è diventato valore. Nell’epoca della valorizzazione universale anche il diritto, dopo essere entrato in crisi (se ne discuteva già all’inizio degli anni Cinquanta), è diventato valore, si è cioè soggettivizzato. La valorizzazione del diritto presuppone però anche il suo rovescio: il valore si è giuridicizzato, ovvero tutto è diventato valore e diritto, che sono oramai la stessa cosa. Ma cosa è il valore giuridico o il diritto valorizzato? Temo che non sia altro che merce, cosa. Tutti gli interessi sono giuridicizzabili. Soprattutto, però, il conflitto politico o la politica tout-court sono riducibili a «giustizia», ovvero a procedura giuridica: lo notava già Tocqueville nell’Ottocento a proposito degli Stati Uniti d’America, dove la giuridicizzazione capitalistica del mondo ha raggiunto livelli mai visti prima.Ma anche in Europa tutto è ridotto al diritto come valore: la politica ha rinunciato al suo criterio fondamentale, il conflitto, per ridursi e tradursi in arringhe da aula di tribunale. Quando si vuole vincere si grida al nemico: «ti denuncio»; ovvero si confonde, oramai senza nemmeno esserne consapevoli, la politica con il diritto.Non è sempre stato così, anche se proprio il confronto tra Creonte e Antigone prova che questa tentazione di travalicare il diritto verso qualcosa di altro è insita nell’animo umano da sempre. Non a caso il teorico del positivismo giuridico, Hans Kelsen, ci conferma che il confronto tra diritto naturale e diritto positivo è un confronto eterno, che non potrà mai essere veramente superato. Perché devo obbedire ai comandi di un altro e non a ciò che io ritengo giusto o soddisfacente per me? Qual è il fondamento del tormento dell’eteronomia? In fondo, il processo cosiddetto democratico altro non è, nella modernità, che il tentativo dell’individuo di liberarsi dalle catene che da sempre impigliano i movimenti dell’uomo, catene che in realtà possono essere solo comprese, freudianamente, quale fondamento della civiltà, e che diventano sempre più opprimenti tutte le volte che l’individuo pensa di poterne fare a meno.Il fondamento pseudo-politico del diritto è nella modernità la democrazia, intesa appunto quale liberazione. Attraverso il diritto si pensa di raggiungere democrazia e pace, libertà e giustizia, tutti aspetti della vita associata che hanno invece un diverso fondamento e altri presupposti. Il Moderno ha completamente trasformato le caratteristiche del diritto, abrogando la dialettica tra polis e singolo in fondo, a ben vedere, semplicemente abrogando la polis, la città, l’obbligo, quell’obbligo che costituisce l’essenza del diritto sulla base di un preciso fondamento storico-spirituale. Questo fondamento è stato in passato l’autorità (in particolare religiosa, ma più complessa nel mondo greco), poi la filosofia, poi la storia nel secolo della storia, l’Ottocento, ma la filosofia moderna ha pensato alla natura in una maniera ben diversa da come vi pensava, per esempio, Cicerone. Il giusnaturalismo moderno è di fatto un giusrazionalismo, ma un giusrazionalismo che ha per presupposto la ragione individuale dell’illuminismo interessata fondamentalmente all’Economico. L’individualismo moderno ha di fatto, direttamente o indirettamente, distrutto tutti i fondamenti precedenti: l’autorità, la filosofia, la storia in nome dei «diritti», della tecnica e dell’economia.Non che questo potesse essere del tutto evitato, perché conservazione e mutamento sono i due poli necessari della dialettica storica del diritto, con i loro princìpi di riferimento: la certezza, da un lato, e l’adeguamento ai nuovi bisogni, dall’altro. La trasformazione sociale, che impone nuove regole, ha in passato fatto riferimento alla filosofia come giustificazione e comprensione dei mutamenti; come diceva Gustav Radbruch, ogni rivoluzione politica comincia nella filosofia del diritto. Ora, non è un caso che la scissione tra diritto e filosofia sia oramai completa. Solo raramente i legislatori fanno appello a qualche filosofia; oggi la giustificazione è data dall’avvenuta trasformazione sociale, una trasformazione che viene del tutto lasciata a sé stessa, ovvero alla macchina sistemica autoreferenziale. La giustificazione è del tutto automatica in base al valore determinante della modernità, ovvero il cosiddetto diritto individuale, da un lato, e il prodotto interno lordo, dall’altro. Consideriamo la recente sentenza della Corte costituzionale sul riconoscimento del figlio nato all’estero da parte della cosiddetta madre intenzionale nella coppia lesbica. Si è parlato di diritto della donna, di contro di diritto del bambino; nessuno ha posto il problema dell’obbligo della cosiddetta madre intenzionale a continuare a occuparsi del bambino nel caso che la madre biologica scompaia. Assistiamo a uno scontro di presunti «diritti» che devono essere «ponderati» ed equilibrati, mai a un rapporto tra obblighi e diritti. La certezza del diritto - realtà o mito che fosse - non è più un punto di riferimento e di valutazione; ciò che conta è la dichiarazione dei diritti e in fondo non è un caso che la modernità ultima cominci con la Rivoluzione francese e con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, dove il citoyen avrebbe presto lasciato campo totale all’uomo generico di Marx.Questa trasformazione si sostanzia nell’avvento del cosiddetto costituzionalismo liberale, che trasforma la ragione filosofica in norma pseudo-giuridica, un processo che, avviato con la Rivoluzione francese, si sarebbe concluso con l’avvento delle costituzioni rigide del secondo dopoguerra e di conseguenza con la centralità del giudice delle leggi, depositario della verità ultima sul modello di Antigone, di contro al quale resta ormai solo il fare appello alle ragioni di Creonte o semmai di Napoleone: «chi salva la patria non viola nessuna legge».
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.