2022-08-28
«Ci davano dei pazzi ma non siamo rimasti in vigile attesa»
Andrea Mangiagalli, uno dei primi medici a usare gli antinfiammatori: «Le evidenze c’erano e ho guarito anche mia moglie. Linee guida? Sciatteria».Andrea Mangiagalli, specialista in microchirurgia e chirurgia sperimentale, medico di medicina generale a Pioltello (Milano), è stato tra i primissimi a mettere a punto uno schema terapeutico domiciliare per il trattamento precoce del Covid. Assieme ad altri colleghi non ha esitato a prescrivere a migliaia di persone gli antinfiammatori, che solo dopo due anni mezzo da inizio pandemia sono stati riconosciuti efficaci per ridurre i ricoveri del 90%, i tempi di scomparsa dei sintomi dell’80%. Dopo la pubblicazione su Lancet infectious diseases del lavoro dell’istituto Mario Negri di Milano e dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo, molti ipocritamente stanno dicendo «l’avevo detto anch’io», mentre invece erano concentrati a coprire di insulti e critiche chi si adoperava sul territorio, in assenza di un valido protocollo di cura ministeriale.Dottore, alla luce di questa metanalisi, l’impatto del Covid sulla popolazione poteva esser ridotto?«Certo, utilizzando gli antinfiammatori, farmaci che conosciamo da 40 anni, che non avrebbero creato nessun grave disturbo. In tanti dissero che erano pericolosi, adesso molti minimizzano le loro critiche durissime, gli insulti. Sui gruppi Facebook di medicina generale ci davano dei pazzi, per sostenere l’efficacia dei fans».Invece voi che cosa avevate capito?«Allora non c’erano evidenze scientifiche, ma quando a fine marzo 2020 con pochissimi altri colleghi abbiamo iniziato a trattare pazienti Covid, subito ci è stato chiaro che c’era una componente infiammatoria importante, che richiedeva l’utilizzo di antinfiammatori. Somministravamo il Celecoxib, fans citato nello studio su Lancet, che è il più gastroprotettivo, il più efficace».Fu sua moglie il suo primo paziente.«Aveva un quadro clinico impegnativo, con la saturazione scesa vicino a 90. Certo, ero preoccupato, ma la curai a casa con idrossiclorochina, eparina, con antinfiammatori e con il cortisone che allora nemmeno si usava».Tutti trattamenti esclusi dalle linee guida ministeriali. Dovette ricoverarla?«No di certo. Almeno il 95% degli oltre 800 pazienti di ogni parte d’Italia che ho seguito in due anni e mezzo, visitandoli a domicilio o dando loro terapie precoci per telefono, sono guariti senza dover varcare la soglia di un ospedale. Quelli che ci andavano, sapevamo che il più delle volte finivano molto male perché si interveniva troppo tardi. Vi rendete conto di quanti anziani rimanevano isolati a casa, privi di cure?».Un numero altissimo, e come ricordava ieri La Verità, tra la prima e la seconda circolare del ministero della Salute morirono 63.963 pazienti. Forse potevano essere salvati con trattamenti tempestivi, efficaci.«Dopo due mesi si era capito che la malattia colpiva forte, con complicazioni, dai 50 anni in su e in presenza di altre patologie. I più giovani la affrontavano male se avevano altri problemi di salute pregressi. Eppure non è stata graduata l’intensità delle cure domiciliari in base alle evidenze dalla prima ondata».Perché veniva data la tachipirina, ancora prima che uscisse con enorme ritardo la circolare ministeriale?«Il paracetamolo interferisce relativamente con altri farmaci, è un prodotto da banco acquistabile senza ricetta medica, piuttosto sicuro negli anziani, è un antipiretico. Risulta “comodo” da prescrivere al telefono. Il paziente vedeva che la febbre scendeva e si tranquillizzava. Ma se il decorso peggiorava, si accorgeva troppo tardi di altri sintomi. Quando forse c’era appena il tempo per arrivare all’ospedale e finire intubati».A fine novembre 2020 uscirono le linee guida.«Già erano fuori tempo massimo e non le chiamerei nemmeno linee guida, vista la sciatteria. Hanno messo sullo stesso piano il paracetamolo e gli antinfiammatori, affermando che l’uno vale l’altro. Quando deve essere contenuta la crescita virale, il paracetamolo può aumentare gli effetti avversi».Quanti altri suoi colleghi si sono mossi, prestando vere cure domiciliari?«Diciamo che in tutta Italia siamo circa 5.000. Un medico non rimane in vigile attesa, deve assumersi delle responsabilità. Era una malattia che non conoscevamo, però c’erano alcune evidenze. Abbiamo fatto firmare ai pazienti l’utilizzo off label dell’idrossiclorochina, quando in ospedale vengono prescritti ogni giorno farmaci analoghi senza consenso».Una sparuta minoranza, su oltre 41.000 medici di famiglia. «La mia percezione è che il ministro della Salute e i suoi tecnici già considerassero i medici di famiglia poco utili, basti vedere a cosa è arrivata la campagna di discredito nei confronti nostri e della medicina del territorio. Avranno pensato: meno gli facciamo fare, meno casini fanno». Invece eravate e siete fondamentali.«La formula vincente sarebbe stata coinvolgere i medici di famiglia, dando loro tutto il supporto necessario. Sono gli unici a conoscere la situazione del paziente, quali farmaci assume per altre patologie. Avevano tutti gli elementi per intercettare la malattia in un modo più completo e ragionato. Sapevano, chi sarebbe andato incontro a complicazioni. È stato come esautorare i medici dalle responsabilità di cura».Il vostro lavoro con i pazienti Covid ha salvato migliaia di persone, però ci voleva un mega lavoro scientifico per riconoscere che avevate ragione.«Purtroppo c’era la necessità di avere la prova provata, che oggi la scienza ottiene esclusivamente attraverso le metanalisi, ovvero raccogliendo migliaia di studi su grandi numeri di pazienti. È chiaro che aspettando due anni e mezzo, un sacco di gente è morta».Che cosa cambierà adesso, nelle cure domiciliari? «Ci sarà la questione degli antivirali. Le conclusioni del lavoro critico di Remuzzi, come si conciliano con la prescrizione precoce di questi farmaci? Faremo uno studio antivirali contro antinfiammatori? Non diamo più a nessuno il Paxlovid della Pfizer che costa 1.200 euro per cinque giorni, e utilizziamo Nimesulide o aspirina da pochi euro? Stiamo parlando di risorse che devono essere spese bene. Vediamo se il ministero farà un’altra circolare, correggendo l’utilizzo degli antivirali in attesa della prossima ondata autunnale di contagi».Dopo lo studio pubblicato su Lancet, il ministro della Salute, Roberto Speranza, toglierà il paracetamolo dalle linee guida?«Aspetterà che finisca nel dimenticatoio, o messo in quarta linea come scelta di utilizzo. Retrocedere, significherebbe essere sommersi da cause. I parenti di tutti quelli che sono morti perché curati con tachipirina non aspettano altro».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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