2021-11-07
Andiamo a scoprire le querce sorelle, orgoglio del Molise
Entrambe ultra centenarie: una cresce eroicamente tra le case mentre l'altra resiste alle intemperie isolata. E raccontano storie.Tra tutte le regioni italiane il Molise resta probabilmente quella meno nota ai turisti. La scarsa popolazione, ad oggi 300.000 persone, quanto un quinto degli abitanti di Milano, un terzo, poco meno, di quelli di Torino, di certo ha sfavorito uno scambio culturale e di costumi; oltremodo territori prevalentemente montani. La nascita stessa delle province e della regione potrebbero suggerire la tendenza all'isolamento: nel 1948 viene istituita la regione Abruzzo e Molise, dalla quale si distacca nel 1963 la provincia di Campobasso che diventa regione a sé, dalla quale, a sua volta, si rendono autonomi i comuni che definiscono, nel 1970, la provincia di Isernia. Non è nemmeno così facile incontrarne, di molisani, anche tra i propri amici è facile annoverare pugliesi, calabresi, siciliani, campani, abruzzesi, sardi, ma i molisani sono più rari.Ma abbandoniamo la storia per dirigere il nostro sguardo sulla dimensione naturalistica e paesaggistica del Molise. Un parco nazionale, il parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, un quarto del quale si sviluppa tra le province di Frosinone nel Lazio e Isernia in Molise; tre riserve statali, Collemeluccio-Montedimezzo e Pesche ed una riserva naturale regionale, Torrente Callora; oasi di Bosco Casale, Guardiaregia-Campochiaro e Le Mortine, oasi Lipu di Casalenca; cinque foreste demaniali - San Martino e Cantalupo, Pennataro, Monte Caruso e Monte Gallo, Bosco del Barone; parco dei Tratturi del Molise e parco agricolo e storico dell'ulivo a Venafro.A questo si aggiungono gli alberi monumentali riconosciuti in molti comuni e tra questi una parte riconosciuta dalla legge statale. Una zona ricca di faggi e querce monumentali è adiacente ai confini con l'Abruzzo e il Lazio e si chiama Volturno. Se andate a sbirciare nella mappa del sito Molise alberi (www.molisealberi.com/gli-alberi-monumentali-della-regione-molise/), uno dei nostri siti più attenti alla storia e alle caratteristiche dei grandi alberi di questa e delle altre regioni italiane, noterete che in quest'area ve ne sono segnalati parecchi: comuni come Rocchetta al Volturno e Scapoli ospitano diverse icone di alberi verdi. In particolar modo il comune di Rocchetta ospita almeno tre grandi querce ultrasecolari, di cui due molto celebri e amate: una si trova nel cuore dell'abitato, la roverella di via Santa Maria delle Grotte, l'altra, lungo una via al di fuori della frazione Castelnuovo, nota come quercia di Santa Lucia. La prima è più tozza e presenta una chioma vasta e colonnare; la secondo invece ha l'aspetto più vissuto, sorge a bordo strada al principio di un declivio che degrada nelle ombre del bosco. La loro età viene stimata tra i 300 e i 350 anni e basta la dimensione del tronco, in entrambi i casi ben superiore ai 6 metri di circonferenza, per testimoniare i secoli che hanno inlignito in sé stesse. Si tratta di Quercus pubescens, il che vuol dire grandi dimensioni, grosse branche, fogliame fitto, numerosa produzione di ghiande.La prima quercia cresce tra le case, sicuramente lei era lì nel suo pezzo di terra ben prima dell'arrivo di queste abitazioni, che forse sono sorte accanto a più antiche abitazioni nel frattempo cadute o semplicemente sostituite. La strada è a pochi metri, il suo tronco è circondato da una palizzata rettangolare. Dalla sua base circolare si aprono quattro-cinque grosse ramificazioni che a candelabro si sollevano fino a raggiungere i venticinque metri di altezza. 650 cm la circonferenza ufficiale del tronco. E intorno case ma anche un'altra quercia, solitaria come la prima tra i tetti delle abitazioni. La parte che più mi impressiona è quella bassa, con questo colosso di tronco che cresce dalla terra e solleva un mondo tutto suo.L'altra quercia, la Santa Lucia, in via Lucia, alla base dell'abitato di Castelnuovo e lungo la strada che porta al Monte Marrone, l'avevo già visitata anni fa. Ora però mi pare più vigorosa, anche se possibile più robusta, ma è di certo la mia impressione: questi alberi vetusti crescono molto meno quando hanno raggiunto la maturità, ovviamente. Dalla strada la si nota per il suo tronco scuro ricoperto da edera e una ramificazione scolpita dal fuoco e dal tempo. Bisogna però scendere lungo un sentiero che transita alle sue spalle, degradare nel bosco per ammirarla da basso e scoprire tutto un altro albero invisibile, inimmaginabile, dalla strada. È da questa nuova prospettiva che si può ammirarne la solidità, la sua cattedratica monumentalità, il tronco che sale e si articola, di piano in piano, fin lassù, ad una ventina di metri. La chioma non è folta come la quercia precedente, ma da fotografare, ad esempio, garantisce più soddisfazione. È come se la sua presunta maggiore età le avesse conferito maggiori argomenti, maggiore saggezza, la querciona del centro del comune appariva pressoché identica da qualsiasi punto di osservazione, questa invece cambia. Sarà il bosco che le cresce ai fianchi, chissà. Che cosa è accaduto qui in 300 anni? Come è mutato il paesaggio, come è cambiata la gente, che segni hanno lasciato due guerre mondiali? Questi alberi paiono insensibili alle nostre avventure, alle nostre storie, talora cadono perché noi ne abbiamo bisogno, magari per riscaldarci in un rigido inverno, oppure perché i proprietari dei terreni in cui nascono hanno cambiato idea; oppure si deve tracciare una nuova strada, un parcheggio, qualsiasi costruzione ad uso privato o civile. Se però la quercia di Santa Lucia oggi appare come un eremita che cresce adeguatamente in solitaria, e ci sta nel nostro paesaggio, l'eccezionalità di per sé è più manifesta nella quercia tra le case, che ha resistito curiosamente ad un'edilizia che si è nutrita voracemente di terre e spesso le ha ricoperte di asfalto e cemento. Chi la visita si chiede in effetti perché sia ancora li, al posto di un garage, di un campetto da calcio, di un magazzino. Per questo in effetti bisogna essere grati agli abitanti di Rocchetta che ci tengono alla loro grande quercia domestica.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)