2019-07-04
Ammutoliti i becchini dell’Italia. La procedura Ue era tutta un bluff
Conclusa la trattativa sulle nomine, la Commissione uscente stoppa il provvedimento per debito. I risparmi su reddito e quota 100, oltre che l'extra gettito, ci copriranno pure per il 2020. Smentiti competenti e cassandre.È finita come è iniziata: con un bluff tutto politico. Ieri è arrivata la conferma che la minaccia di avvio di una procedura d'infrazione sui conti dell'Italia era per Bruxelles un modo per fare pressioni sul nostro esecutivo e trattare le nomine in Commissione e in Consiglio Ue da una posizione di forza. Nulla più. Né il mese scorso c'era un fondamento economico alla minaccia né ieri c'è stata una vera inversione di tendenza nelle dinamiche di politica economica gialloblù. Solo un gioco delle parti. È bastato, infatti, chiudere la partita delle nomine senza un veto italiano per tornare a vedere l'arcobaleno.«Grazie all'insieme delle misure adottate dal governo, l'Italia rispetta le regole del Patto di stabilità e crescita nel 2019». Dunque una procedura per violazione della regola del debito non è più giustificata. La Commissione ha deciso di non raccomandare all'Ecofin del 9 luglio una procedura contro il nostro Paese e ha confermato di avere avuto rassicurazioni dal governo anche per il 2020: in una lettera inviata in tarda serata, il ministro dell'Economia, Giovanni Tria e il premier, Giuseppe Conte, sottoscrivono l'impegno a lavorare per ottenere un miglioramento strutturale in linea con i requisiti del Patto di stabilità anche per l'anno prossimo. Impegni, precisa l'esecutivo Ue, che «valuteremo in maniera attenta».Per quest'anno le misure del governo sono soddisfacenti, ha chiarito Bruxelles: l'Italia rispetta «l'impegno del dicembre scorso, riportando il suo deficit al 2,04% del Pil nel 2019», ha detto il commissario Pierre Moscovici, «illustrerò queste conclusioni all'Eurogruppo e ho molta fiducia che i ministri concorderanno» con le conclusioni della Commissione, «anche se alcune voci dissidenti potrebbero farsi sentire». Le misure messe in campo dall'Italia ammontano a 7,6 miliardi di euro (0,42% del Pil) in termini nominali, fa sapere la Commissione, secondo cui «tali misure, migliorano lo stato di conformità dell'Italia con il braccio preventivo del Patto di stabilità nel 2019». Bruxelles ha ricordato che l'Italia garantisce una nuova clausola di congelamento delle spese (1,5 miliardi di euro o 0,08% del Pil) da attivare entro il 15 settembre 2019 in caso di non raggiungimento del nuovo obiettivo di bilancio. Fin qui la carrellata di numeri. In realtà, il decreto di assestamento di bilancio uscito dal Cdm di lunedì contiene semplicemente i 3 miliardi di euro di minori spese. Metà riguardano quota 100 e reddito di cittadinanza e l'altra metà è relativa ai fondi destinati ai ministeri. Gli altri 4,6 miliardi di euro si evincono da un comunicato del Mef diffuso nella tarda serata di lunedì. Non ci sono dettagli, tranne il fatto che alla cifra si arriva con maggiore gettito. Più soldi grazie alla fatturazione elettronica, l'esterometro e altri adempimenti fiscali. L'importo è preso per buono. Bruxelles non ha chiesto dettagli. A quel punto Conte e Tria hanno ricordato che quota 100 e reddito di cittadinanza dreneranno meno risorse anche nel 2020 e nel 2021. Hanno aggiunto che ci sarà impegno a tagliare un po' di spese, inefficienze e a fare qualche riforma. Tanto è bastato per ottenere il via libera anche il prossimo anno. Lo spread è sceso e la Borsa è salita. A fare da garante e a chiudere la mediazione politica è stato sempre lunedì Sergio Mattarella. A lui si deve la chiusura del cerchio, non al contenuto della lettera o agli impegni concreti o di budget presi dal governo. Attenzione, siamo contenti che a Roma non si sia deciso di cambiare le carte in tavola per davvero e seguire le linee e i parametri europei. In questo momento, per la nostra economia applicare un taglio drastico del perimetro di spesa e alzare le tasse, come chiede Bruxelles, sarebbe deleterio. Ciò che ci fa sorridere, per usare un eufemismo, è la presa in giro. Basti pensare che dentro il pacchetto di maggiori entrate sono inclusi gli 800 milioni di extra cedola che Cassa depositi e prestiti ha staccato dieci giorni fa per il Tesoro. Per avere il coraggio di definire tale somma un rientro strutturale ci vuole una gran faccia tosta, la stessa che contraddistingue gli euroburocrati. Per giustificare il ballo delle nomine e la prova di forza nei confronti di Roma i numeri e la logica si possono storpiare con grande leggerezza. Solo che il gioco delle parti sta lasciando sul campo una lunga serie di caduti. L'opposizione, il Pd, i Forza spread e il partito dei competenti - sempre pronti a giudicare la politica secondo i criteri dell'econometria - stanno andando in choc anafilattico. Hanno criticato l'impostazione gialloblù e per giorni hanno previsto la fine del mondo. Una fine che si sarebbe dovuta abbattere sull'Italia e che avrebbe provocato l'infrazione e l'arrivo delle cavallette. Ieri la sberla è stata forte: non è arrivata la multa Ue e la legge Finanziaria proseguirà per la sua strada. Non sapranno più quale pestilenza invocare sul nostro Paese. Ciò che invece noi invochiamo è l'importanza della riforma fiscale. Archiviata la messinscena delle nomine e della procedura, il governo si concentri sul taglio delle tasse e sulla riforma del cuneo fiscale. Le aziende ne hanno bisogno.