2021-06-22
Amco e Tar litigano sui salumi italiani. Intanto salpa la barca dei Ferrarini
Disputa fra la controllata del Mef (assieme al re della bresaola, Pini) e il gruppo Intesa per il concordato preventivo del colosso alimentare emiliano. Sullo sfondo, velieri da 20 metri e società cipriote con nomi porno In attesa che la Cassazione decida quale tribunale (Bologna o Reggio Emilia) dovrà occuparsi del concordato Ferrarini, continua la battaglia tra le due cordate intorno al salvataggio dell’azienda agroalimentare dell’ex vicepresidente di Confindustria Lisa Ferrarini. La società è in crisi finanziaria, gravata da circa 360 milioni di euro di debiti. Due settimane fa Amco (che fa parte della cordata insieme con il gruppo Pini) ha presentato appello contro la sentenza del Tar che aveva stabilito come la società controllata dal Mef dovesse agire secondo le regole della pubblica amministrazione e quindi in trasparenza. Anche perché, avevano stabilito i giudici amministrativi, «dove vengono impiegate risorse pubbliche, come nel salvataggio di Ferrarini, Amco è soggetta agli obblighi in materia di accesso documentale e di accesso civico». Ma secondo i ricorrenti, «la sentenza è illegittima e merita di essere integralmente riformata», anche perché, secondo la società controllata al 100% da ministero dell’Economia, «non corrisponde al vero che Amco gestisce risorse pubbliche, visto che la stragrande maggioranza dei ricavi che ottiene la società, derivano dallo svolgimento delle sue attività imprenditoriali sul libero mercato». Quindi il Tar avrebbe confuso «la titolarità delle azioni che costituiscono il capitale sociale (nella quasi totalità in mano pubblica), con le risorse, di derivazione privatistica, che Amco gestisce quale operatore di mercato e che utilizza per perseguire i propri obiettivi». In attesa di sapere quindi cosa sarà deciso in appello, però, restano sul tappeto le scelte di una società del Mef controllata dai contribuenti per salvare un’azienda, per di più scegliendosi come partner un gruppo industriale tra i più discussi, ovvero il gruppo Pini. Come noto il re della bresaola ha ancora problemi giudiziari sia in Ungheria sia in Polonia. A Kecskemét, in terra ungherese, si sta svolgendo in questi mesi un processo per presunta frode fiscale sui contributi ai lavoratori da parte delle cooperative. L’accusa del procuratore generale della contea di Bács-Kiskun, nei confronti di Piero e del figlio Marcello, è di un danno pari 6,1 miliardi di fiorini ungheresi, circa 16,7 milioni di euro. Gli avvocati del gruppo contestano punto su punto, ma la vicenda rischia di andare per le lunghe. Il gruppo Pini, che insieme con Amco sfida l’altra cordata formata da Intesa San Paolo, Bonterre e altri, ha anche altre particolarità oltre alla bresaola, agli affari in Cina e ai problemi giudiziari in Europa dell’Est. Nella sua galassia societaria si può trovare anche la Ghinzelli, partecipata al 100% dalla Pini Italia srl che a sua volta è partecipata al 100% dalla Uschi Digard Limited. Quest’ultima è una società cipriota, dal nome molto colorito e conosciuto a un determinato tipo di addetti ai lavori. Infatti Uschi Digard è una storica attrice pornografica svedese. Ha interpretato più di 100 film ed è nota principalmente per essere apparsa in alcune pellicole di Russ Meyer, come Cherry, Harry & Raquel, Supervixens e Beneath the Valley of the Ultravixens. Nella sua carriera ha usato più di 30 pseudonimi, come quelli scelti dal gruppo Pini per le proprie società. Chissà se al gruppo Ferrarini toccherà la stessa società controllante con base a Cipro. Rispetto al gruppo agroalimentare di Reggio Emilia, vale la pena evidenziare che il gruppo ha avuto fino al 2015 bilanci con ricavi stabili e risultati in utile. Lo si legge nella relazione di Kpmg del 2019, contestata dai Ferrarini, uscita in concomitanza con domanda di ammissione del concordato. Secondo gli analisi la crisi finanziaria è iniziata negli anni 2016-2017 e va «ricondotta in via principale all’evento della revoca degli affidamenti delle banche venete». Non solo. A gravare è stata «l’operazione di scissione del 2016 ha trasferito alla nuova Ferrarini una porzione prevalente dell’indebitamento»: si tratta della separazione tra attività agricole e attività industriali. Kpmg stima un deficit patrimoniale complessivo intorno ai 220 milioni, dove è appunto la scissione ad aver pesato per 100 milioni di euro come da «insussistenze di attività derivanti da operazioni con parti correlate, negli esercizi 2016 e 2017. Mentre un’altra parte è rappresentata dalla perdita di gestione del 2017 (50 milioni) dove «le informazioni disponibili sono molto limitate e da altre insussistenze dell’attivo (20 milioni) del quale non è possibile al momento ricostruire la cronologia esatta di formazione». In concomitanza con il ricorso di Amco contro il Tar va fatto anche un cenno di cronaca estiva legata alla famiglia Ferrarini. Il 10 giugno è salpata da Vibo Valentia il Drake, la barca di famiglia, un 20 metri del valore di 33.000 euro e con 21 anni di storia alle spalle. Speriamo porti fortuna.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)